LETTERATURA: Al Giro d’Italia
31 Maggio 2009
di Enzo Ferrari
(E’ con molto piacere che diamo la notizia che Enzo Ferrari ha firmato il contratto con una Casa editrice per i suoi racconti sulla Resistenza, che Parliamone aveva cominciato a pubblicare. Che il successo gli arrida.)
Oggi niente scuola, c’è il Giro d’Italia. Con l’autorizzazione dei nostri genitori andiamo a vedere la corsa. Ci siamo informati su quando passa. Abbiamo acquistato un giornale sportivo con tutti i particolari sui tempi di percorrenza, sulle squadre, sulle caratteristiche del percorso e soprattutto sulle aspettative dei campioni per la tappa giornaliera.
Fortunatamente è una bella giornata di sole, propizia per i corridori. Soffia una fresca brezza, la temperatura è ottimale. Persino la fabbrica offre una tregua. Nell’aria non c’è traccia apparente di fumi, di quei fumi bianchi e grigi che solitamente ispessiscono l’aria, lasciando una coltre granulosa, ruvida, palpabile sui terrazzi, una cosa incredibilmente povera, ma estremamente tenace che impolvera la biancheria stesa ad asciugare.
Un bel po’ prima del passaggio della carovana, chiudono la strada al traffico. Sale l’eccitazione degli spettatori. Il pubblico, formato di giovani ma anche d’anziani con il bastone, di donne con le borse della spesa, cresce a mano a mano che scorre il tempo. Gente dappertutto, ai lati della strada, ai balconi, alle terrazze, sui tettucci delle auto. Spuntano bandierine, persino uno striscione augurale per la maglia rosa. Chissà se riusciremo ad individuare i nostri campioni in azione. Sui marciapiedi la gente s’affolla. Compare qualche bancarella. C’è Salvatore con le noccioline e i lupini. C’è uno che vende gelati con un carretto a tre ruote, vestito di bianco con una bustina in testa altrettanto bianca. C’è addirittura Franco, il formaggiaio, che ha preparato diversi panini. Panini al salame, al formaggio, con la mortadella. Per gli assetati ci pensa Mario, il barista, con le bibite e le bottigliette di birra. Nell’attesa si chiacchiera, si beve, si raccontano episodi di tappe precedenti, si confrontano i corridori di oggi con Coppi e Bartali.
La carovana che precede i ciclisti è un vero e proprio circo, uno spettacolo colorato e rumoroso. Uno spettacolo che non concede repliche. E’ un fiume in piena. Ci sono le automobili scoperte delle squadre, della stampa, della giuria, i carrozzoni radio trasmittenti, le motociclette, i camioncini con megafoni che reclamizzano tanti prodotti. Una carovana con tanto di sirene e di polizia al seguito. Dalle macchine della pubblicità ci lanciano caramelle, saponette, lamette da barba, cappellini di stoffa. Sembrano coriandoli gettati dai carri mascherati come a carnevale. Gran parte della produzione italiana e il meglio della fantasia pubblicitaria, sono rappresentate. Passano auto a forma di tubetto di dentifricio, auto che ricordano le lavatrici o le bottiglie dei liquori. Chi sostiene una squadra, chi un’altra. Dispensano consigli d’acquisto, volantini e imprecazioni. Felicità che durano lo spazio di pochi minuti. Tra un panino, una bibita e un sacchetto di noccioline, noi ragazzi la facciamo da padroni. Ci lanciamo nel recupero di tubetti, scatole e confezioni.
Poi a seguire gli atleti, con i numeri sulle magliette. La brezza contribuisce a portare in giro brevi frasi di gioia e d’incitamento.
C’è un solo uomo al comando, pare con un vantaggio di parecchi minuti sul gruppone degli inseguitori. Pedala chino, chiuso, mettendo tutta la forza che ha in corpo sulle pedivelle. La sua fatica è il rosso del volto che sfreccia davanti ai nostri occhi strabiliati. Il sole sulla schiena e il cielo azzurro sopra la testa. Calcola l’esatta pedalata, fila senza alcuna esitazione, lungo una traiettoria che sembra pensata a tavolino. Nessuno l’ha riconosciuto. Deve essere un gregario. Leggiamo solo un numero dietro una maglia a strisce bianche e blu. Erompe un grido unico d’incitamento. Si sprecano i forza e gli evviva. Il ciclista s’alza sui pedali per uno scatto improvviso, quasi in risposta ai nostri applausi. Rapporto fisso, buona andatura. La catena è al massimo della tensione. Si volta a guardare gli inesistenti inseguitori.
Dopo poco tempo ecco arrivare il gruppo pressoché compatto. Pedalano come forsennati. Alè. Anche per loro uno scrosciar d’applausi. Devono recuperare lo svantaggio sul fuggitivo. Le loro ruote ronzano senza sbandamenti. Il gruppo pesta sulla strada, tira fuori tutto il fiato per recuperare. Un’accoglienza commovente, calorosa come il sole. Tra tutte quelle schiene colorate, in quella confusione è difficile individuare il numero o la maglia giusti. Tra di loro ci sono le stelle e i gregari, gli operai del ciclismo. Lo sfrigolio dei tubolari sull’asfalto. Riusciamo a scorgere la maglia rosa, Gimondi e il solito grandissimo Merckx. Procedono con grande stile, con estrema disinvoltura, certi di recuperare sul gregario che ha osato fuggire.
Un anziano vestito di nero sventola stancamente un fazzoletto viola. Un ciclista, passando vicino glielo strappa di mano. La corsa scivola via in un tunnel umano che ha per volta il cielo, in una tavolozza di colori che ricordano certi quadri: celeste chiaro, verde oliva, viola, rosso, giallo oro. Con una tappa pianeggiante come questa, senza pioggia, vento, polvere e salite da affrontare, i corridori si divertono a spingere sui pedali. Non accusano apparente fatica. Dalle auto scoperte delle diverse squadre, gli allenatori incitano i loro atleti urlando, sbracciandosi. Uno, tutto fuori dalla vettura, grida come un forsennato, ridendo come sanno fare i bambini nei momenti di gioia.
Un signore ha un cane al guinzaglio. Gli scappa di mano, cominciando ad inseguire gli ultimi ciclisti, provocando trambusto e tante risate. Il cagnolino abbaia festante, il signore si arrabbia, ma il cane corre più forte. Un vigile interviene riuscendo a prendere il guinzaglio svolazzante e a fermare l’intruso. Sono gli ultimi scampoli della corsa. Alcune moto della polizia e una macchina con la scritta “fine corsa” chiudono la festa.
Così com’era nato, così finisce lo spettacolo. La musica iniziata in sordina, è passata con impeto e allegria, per poi gradualmente in un bel diminuendo andar via. Lentamente si ritorna alle case, ai negozi, ai giochi. Per terra sono rimaste delle cartacce e molti volantini pubblicitari. Franco sorride contento: è riuscito a vendere tutti i panini. Salvatore ha esaurito le noccioline. Mario non ha neppure più una bottiglietta d’aranciata. Di tutti i regali gettati in pasto al pubblico mi sono rimasti un berrettino e una scatola di caramelle. Vado verso casa per seguire alla radio le fasi finali della tappa, per capire se il gregario oserà fino in fondo sfidare i campioni, vincendo la sua prima tappa al giro d’Italia.
I ragazzi della via tirano fuori le bici per un piccolo giro. Mettono un pezzo di plastica o di cartoncino fissato con una molletta nella forcella per far rumore contro i raggi della ruota. Manubri abbassati, vernici scrostate, le ginocchia incerottate.
Al Giro d’Italia, noi ragazzi tifiamo per gli ultimi, secondo lo spirito evangelico. Ci affascina la gara a parte della maglia nera, indossata da quel ciclista che si piazza buon ultimo in classifica, battendosi con astuzia ed impegno per riuscirci.
Reinhold Messner, alpinista altoatesino, è arrivato in cima all’Everest senza l’ausilio delle bombole d’ossigeno. E’ il primo ad essere riuscito nell’impresa.
E’ il contrario della maglia nera.
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Commento by Gian Gabriele Benedetti — 31 Maggio 2009 @ 21:15
Pagina intensa di immagini e colori, di emozioni e ricordi, di partecipazione e di entusiasmi. Di una festa, di una grande festa, quella del ciclismo, quella del Giro d’Italia, capace di aggregare a frotte gente comune ed intenditori, che sa creare momenti di varia umanità, che sa divertire ed interessare… È l’esaltazione di uno sport che ha il sapore della fatica immane e dei sacrifici, e parla di grandi campioni ed umili gregari, di eccezionali, talvolta eroiche imprese…
Che il ciclismo, uno degli sport più belli ed affascinanti, rimanga “pulito”!
Gian Gabriele Benedetti