LETTERATURA: Ancora sui protagonisti della cultura francese dell’Ottocento (dal Journal)25 Marzo 2020 di Bartolomeo Di Monaco Ed ecco che si comincia a parlare di Sapho; ed ecco che Daudet dichiara apertamente, davanti a tutti, che ha riscritto il racconto di Déchelette seguendo i miei consigli. Poi si parla del tatto necessario per mettere in scena avvenimenti veri e della delicata misuratezza con cui vanno offerti al pubblico. Sta per andare all’asta la biblioteca di un bibliofilo che aveva fatto rilegare i suoi libri ‘cercando di armonizzare, nei limiti del possibile, il colore del marocchino con il senso del testo’. Daudet, da parte sua, parla della sua spaventosa miseria e dei giorni in cui non mangiava, letteralmente… e trovava dolce questa miseria perché si sentiva indipendente, libero di andare dove gli piaceva, di fare ciò che voleva… perché non era più sorvegliante in un collegio. Enumera tutte le topaie dove ha abitato e racconta che quando Lépine venne a proporgli la carica di segretario di Morny all’Hôtel du Sénat, nella sua camera c’era così poco spazio per sedersi che la sua amante, una ragazza davvero di buon cuore, se ne era andata al gabinetto dove aveva trascorso tutti e tre i quarti d’ora della visita. Rodin ci mostra da vicino un particolare della sua porta: meravigliosi busti di donnine, di cui Rodin modella splendidamente la linea delle reni e il volo delle spalle. Egli possiede nel grado più alto anche la capacità di inventare le strette e gli abbracci di due corpi legati nell’amore, come sanguisughe attorcigliate insieme in un bicchiere. Un gruppo originalissimo rappresenta la sua idea dell’amore fisico, ma senza che la traduzione di questa idea sia oscena. È un maschio che stringe contro la parte alta del suo petto una faunessa rattrappita e con le gambe raccolte nell’incredibile contrazione di una rana che stia per saltare. Oggi Rollinat ci ha parlato di Rimbaud, l’amante di Verlaine, quest’uomo superbo della propria abiezione, della propria bassezza che arrivava al caffè e sdraiandosi, con la testa appoggiata al marmo di un tavolo, gridava ad alta voce: «Sono morto, finito. X mi ha inculato tutta notte… non riesco più a tenerla stretta. » Stasera Daudet ci parla di suo padre e di sua madre: «Mia madre, una lettrice di romanzi… Io ho preso da lei. Mio padre e mia madre non erano una coppia affiatata. Mio padre era di una violenza inimmaginabile… Mi ricordo la sua ultima notte. Dissi a mia madre di andarsi a coricare e io, che non avevo tenuto abbastanza compagnia a quel pover’uomo durante la sua vita, volli vegliarlo per tutta la notte. Ricordo ancora l’effetto che mi fece vedere mia madre addormentata quella notte… Oh! Mio padre non faceva per lei… Era stanca delle sue violenze. Mi ricordo una volta quando mio padre voleva farmi sposare una mia lontana cugina ricchissima. Io gli dissi che non ci si sposava con una sconosciuta e gli chiesi se lui aveva fatto così con mia madre. Allora lui mi rispose brutalmente che si era deciso perché il giorno stesso, in cui a Nîmes avevano saputo che era il marito della figlia di Antoine, il suo credito sulla piazza era raddoppiato. Mia madre gli chiese mormorando: “Puoi dire una cosa simile?†“Sì,†gridò lui,†è la pura verità !†A queste parole mia madre scoppiò in singhiozzi. Non ho più che un sogno, un unico sogno e sempre, necessariamente, un incubo: sto partendo per una meta imprecisa quando mi accorgo di aver perduto in stazione i bagagli, il denaro, i cappotti. E mentre sto in ansia per queste terribili scoperte â— e specialmente per la paura del freddo â— il treno si mette improvvisamente in moto. Oggi è venuto Stéphane Mallarmé. È fine, delicato, pieno di spirito, assolutamente privo, nella conversazione, di tutti gli enigmi della sua poesia. Ma bisogna dire che i poeti sono totalmente sprovvisti di ogni senso di osservazione. Non colgono alcuna delle metamorfosi, delle trasformazioni che si producono nelle persone con cui sono a contatto; e Mallarmé oggi parla di Catulle Mendès allo stesso modo in cui ne parlava un anno fa, e proprio come Rollinat. Stamattina trovo Daudet furioso contro Zola, di cui ha esperimentato più volte la perfidia. Mi racconta, mimandola, una scenetta che ha avuto luogo ieri da Charpentier e che è singolare per l’incontro e la stretta di mano di due uomini, traboccanti di fiele. Non mi sembra giusto che un uomo vecchio e malato, a cui restano solo due o tre anni di vita dolorosa, prenda in moglie una donna giovane, anche se lei è d’accordo, per farne l’infermiera e la suora di carità della sua vecchiaia… Ieri, dopo qualche giorno di miglioramento, Daudet ha avuto una crisi dolorosa con delle scariche nei piedi che lo hanno costretto a farsi fare un’iniezione di morfina da suo figlio, prima di aver completamente digerito. Siccome si era abbandonato alla più nera disperazione, e io gli dicevo che oggi è in grado di fare delle corse, che gli sarebbero state assolutamente impossibili due anni fa: «Sì, mi muovo meglio, ma soffro di più… E poi non sa che una certa agitazione motoria fa parte della mia malattia?… Insomma, ecco, le mie gambe quando sono seduto come adesso non le sento più e a letto non so dire dove sono. » Questa sera da Charpentier mi si avvicina un signore che al primo momento non riconosco. È Zola, ma è tanto cambiato che se lo avessi visto per strada non lo avrei sicuramente riconosciuto. Non ha più i lineamenti del ritratto di Manet, che aveva recuperato per un momento. Con i suoi pomelli scavati, la fronte grande sotto la massa dei capelli, lo squallore giallastro della sua cera, la contrazione nervosa della bocca, lo sguardo un po’ fisso, ha la testa di una specie di larva, con una cattiveria malaticcia diffusa su tutto il volto. Maupassant, di ritorno dal suo viaggio in Africa, cena dalla principessa e dichiara di godere ottima salute. In effetti è pieno di animazione, vivace, verboso e così smagrito e abbronzato mi sembra meno comune del solito. In occasione della mostra che Rodin e Monet hanno fatto insieme, ci sono state, a quanto pare, delle scene terribili, in cui il dolce Rodin, mettendo a nudo improvvisamente un volto sconosciuto ai suoi amici, si è messo a gridare: «Me ne frego di Monet. me ne frego di tutto, io non mi occupo che di me stesso! » Oggi La Narde mi ha scritto che aveva ricevuto dei libri e degli oggetti giapponesi… Vado a trovarlo e, mentre sto guardando annoiato quelle mediocri novità , La Narde mi dice: «Ha mai visto questo? » E apre con una chiave il pannello esterno di un quadro: che rappresenta la chiesa di un villaggio nella neve, sotto cui c’è un dipinto che Courbet ha eseguito per Khalil-Bey: il ventre di una donna con il monte di Venere nero e rilevato, dischiuso attorno ad una f… rosa… Davanti a questo quadro che non avevo mai visto devo fare riverente ammenda a Courbet: questo ventre ha la bellezza di una carne dipinta dal Correggio. Oggi Paul Alexis, che è venuto a trovarmi in compagnia di Oscar Méténier per sottopormi il primo atto di ‘Charles Demailly’ mi conferma che Zola ha una ‘relazioncella’. Gli avrebbe infarti confessato che sua moglie, nonostante le sue grandi qualità di donna di casa, ha molte cose ‘raffreddanti’, che lo hanno spinto a cercare altrove un po’ di ‘calore’. Paul Alexis parla anche del ritorno di giovinezza, di furore per i piaceri e di soddisfazione per le vanità mondane, di questo vecchio letterato che ultimamente ha chiesto a Céard, se dodici lezioni gli sarebbero bastate per riuscire ad andare a cavallo con perizia sufficiente a fare un giro al Bois. Ah! Uno Zola equestre non riesco proprio a vederlo! Corot va a trovare Dupré e gli fa molti complimenti sui quadri che sono appesi ai muri dello studio. Ma Dupré interrompe l’elogio con queste parole: «Devo dirle che i tre quadri che lei ha lodato maggiormente non sono miei… Sono di un giovane da cui voglio accompagnarla. » Il giovane era Rousseau. E Corot, uscendo dal suo povero studio, disse a Dupré: «Dietro questa porticina, c’è il nostro maestro. » Hugo nel regolare la sua vita ha dato prova di una incredibile metodicità . Una volta tramontato il sole, alla luce artificiale non leggeva più una riga, neppure di una lettera, ma se la metteva in tasca dicendo che l’avrebbe guardata il giorno dopo. Fuori continuano l’acquerugiola, la pioggia e il vento, il clima che caratterizza tutte le inaugurazioni a Rouen; e là in mezzo, una popolazione del tutto indifferente alla cerimonia che si sta preparando e che prende tutte le strade che non conducono al luogo dove sorge il monumento. In tutto una ventina di parigini di riguardo, letterati e giornalisti, una festa con un baldacchino per le autorità e una musica da fiera come nei comizi agricoli di ‘Madame Bovary’. Degas ha davvero la malizia di una scimmia! Ieri Réjane mi ha raccontato che il sarto Doucet aveva cominciato a fare una raccolta di impressionisti, tra cui Degas teneva il primo posto. La collezione fu poi venduta e rimpiazzata con una di pittori e disegnatori del XVIII secolo. Hennique parlava di certe fantasie di Maupassant che rivelano in lui â— anche se in fondo non è un uomo cattivo â— una radice di grande cattiveria e di sadismo. Il nome di Verlaine richiama alla memoria quello di Rimbaud e il momento in cui i letterati credettero di dover cercare la loro originalità nella pederastia. E a questo proposito Daudet ricorda il cinismo della frase che Rimbaud gridò a squarciagola, in pieno caffè, a proposito di Verlaine: «Che lui prenda piacere su di me, va bene! Ma pretende anche che io eserciti su di lui! No, no è troppo sporco e la sua pelle mi fa schifo! » Darzens ci racconta che ora Rimbaud si è stabilito ad Aden, dove fa il mercante, e che gli ha scritto delle lettere in cui parla del suo passato come di una grandiosa fumisteria. Letto 547 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||