LETTERATURA: ARTE: CINEMA: I messaggi della luce nel Gesù di Zeffirelli5 Maggio 2013 di Stefano Di Monaco La luce ha sempre avuto un ruolo speciale nel trasmettere concetti e sensazioni di tipo sacro e religioso nella storia dell’arte. In questa relazione esporrò come sia possibile individuare un ruolo speciale che il regista Zeffirelli ha fatto giocare alla luce, o al contrasto luce/ombra, nel suo film su Gesù di Nazareth, facendo anche brevi collegamenti con certi aspetti pittorici individuabili nella storia dell’arte. Anzitutto i titoli che si leggono all’inizio del film, con la presentazione iconografica degli attori, sono presentati su un sottofondo di cielo azzurro e di nuvole con la luce proveniente da destra. Si indovina soltanto la direzione da cui la luce proviene, ma non si vede chiaramente la fonte di origine. Non è visibile il disco solare; questo fa sì che lo spettatore perda di vista l’origine terrena e naturale dei raggi solari, e nella sua mente trasli l’origine della luce verso qualcosa di spirituale, percepibile ed individuabile soltanto con l’intimità dei sensi. Luce, dunque, di significato divino. Lo stesso significato assume il nastro di luce che illumina la stanza dove dorme Maria, quando nel film riceve l’annuncio da parte dell’angelo (prima parte, minuto 8). Qui il carattere soprannaturale e divino della luce non è dato dall’assenza della finestra, che risulta invece pienamente evidente, ma dal fatto che Maria parla verso il fascio di luce con qualcuno che gli spettatori non vedono e non sentono. Solo lei ode e vede l’angelo, posto non si sa dove nel fascio di luce. Noi sentiamo parlare solo Maria, e questo conferisce intimità e riservatezza al dialogo tra la Madonna e l’angelo. Solo Lei, la piena di Grazia, può ricevere l’annunzio e il saluto del messaggero divino, mentre appunto la luce dello Spirito, che è grazia, attraversa la stanza e trova riposo e accettazione nel cuore di Maria, e di questa scalda il grembo e lo matura al concepimento. È il raggio divino cui anche il pittore Ludovico Carracci dà vita nel suo quadro “L’annunciazione†(1585). Qui il raggio entra nella stanza da una finestra e raggiunge Maria, con la sua essenza divina rappresentata dalla colomba che nel raggio è immersa. Un ruolo importantissimo svolto dalla luce lo riscontriamo nella scena della resurrezione della figlia di Giairo (prima parte, h 1 minuto 42). Una volta che Gesù incontra i familiari della bambina annuncia che la bambina non è morta, ma dorme. Entra quindi nella piccola stanza dove la bambina è stata posta, e già si nota come il gioco luce/ombra crei un ambiente caldo e accogliente, dove la bambina viene cullata, in un sonno che acquista un carattere di dolcezza. Ancora è la luce ad impregnare la scena della pesca miracolosa (prima parte, h 1 minuto 20) . La superficie del lago di Tiberiade, sul quale scorrono le barche che sono uscite a pescare sulla promessa di Gesù di fare una buona pesca, è costellata di riflessi argentini dovuti al sole che colpisce l’acqua in movimento. L’atmosfera è resa eterea, vaporizzata come in un dipinto impressionista, e per questo sovrannaturale, preludio e calorosa culla del miracolo imminente. Lo sguardo di Gesù attraversa le onde impregnate di luce e dà vita al miracolo, che matura in una atmosfera sfumata di barche e di pescatori che si intravedono senza che si vedano, a issare le reti. L’atmosfera surreale ricorda i quadri di Claude Monet: “La Grenouillère†(1866), “Regata ad Argenteuil†(1872) , “Impressione. Tramonto del sole†(1872), “Vedute di Venezia†(1908), ed anche un quadro di Giovanni Colacicchi: “Mare†(1977). Il carattere sovrannaturale e divino della luce raggiunge il suo culmine in tre episodi in modo particolare: l’annuncio della Resurrezione (alla fine della prima parte), al momento della Resurrezione di Lazzaro, e nell’ “Ecce Homoâ€. Ancora la luce sta dietro a Gesù quando alza le braccia per comandare a Lazzaro di uscire fuori dal sepolcro, ancora la luce senza che si veda il sole, ad indicare che ogni azione di Cristo è impregnata di volontà ed energia di origine divina (seconda parte minuto 13). Nell’ “Ecce Homoâ€, mentre è intento a scrivere, Pilato alza gli occhi (seconda parte, h 1 minuto 34). A questo punto l’immagine mostra la porta del pretorio, dalla quale entra una forte luce candida che però non abbaglia, e da questa luce viene avanti camminando la sagoma prima indistinta, poi sempre più nitida di Cristo vestito del mantello di porpora e coronato di spine. Questa luce trasuda da tutta la sagoma del Cristo perché penetra da ogni poro e da ogni spazio lasciato dal mantello di porpora, trasferendo tutto il suo candore alla stessa persona di Cristo, che appare egli stesso fatto di tale luce e parte stessa di questo candore. La sua sofferenza data dalle piaghe della flagellazione, dalla umiliazione della corona di spine e del mantello, viene vaporizzata e sublimata in questo candore, che conferisce a tutta l’immagine il carattere e il significato di una vera e propria trasfigurazione, la stessa del monte Tabor, in cui Gesù diviene come luce e le sue vesti candide come la neve. Ma immediatamente dopo l’episodio della trasfigurazione, gli evangelisti pongono l’annuncio della passione dato da Gesù ai discepoli, come a significare che tutta la gloria del Cristo non può prescindere dalla sua sofferenza, anzi deve da questa emanare ed originare. Letto 2299 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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