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LETTERATURA: Che sia il volto luminoso dell’anima a risvegliarci…

31 Ottobre 2014

Con questo articolo di Fabio Strafforello si chiudono le collaborazioni e quant’altro già annunciato. Non inviatemi più niente. Alle telefonate preferisco le e-mail, se proprio necessarie, che mi consentono di rispondere in poche righe.  Un sentito grazie a tutti. bdm

Che sia il volto luminoso dell’anima a risvegliarci…
L’augurio di un giorno, è ciò che rappresenta quel giorno d’augurio.

di Fabio Strafforello

L’ ignoto è definito dall’assenza dell’uomo.

E’ con timore e con un po’ di ansia che mi avvicino a voi, attenti lettori di New Magazine Imperia di Emilia Amirante Ferrari, agli ampi fruitori di rivistaparliamone di Bartolomeo Di Monaco, a tutti i dolcedesi, al cospetto degli imperiesi e agli italiani in genere, sia pur in qualunque luogo del mondo essi si trovino, nel tentativo ostinato, ma buono, di esprimervi i miei stati d’animo e nel desiderio, non troppo ipocrita e neppure inutilmente accomodante, di augurare a Voi e alle vostre famiglie BUONE FESTIVITA’ NATALIZIE e non meno per l’anno venturo. L’augurio naturalmente non è rivolto solo a chi “partecipa” il Natale, perché di orientamento cristiano, ma anche a coloro che osservano altri ordini religiosi e a chi nella vita non ne ha ancora fissato alcuno come suo punto di riferimento spirituale e che forse mai lo farà, perché desideroso di rimanere ancorato alla fede umana di credere in un futuro migliore, al di là di chi o di ciò che ci ha messo al mondo e di quello che ci fa trasformare in questa dimensione.

Ma che cosa augurarci?

Un augurio che non sappia solo di belle parole, ma neanche di affermazioni inappropriate nei confronti di individui che occupano un’Era moderna feconda di idee e di grande energia, ma non meno colma di forti tensioni. Credo, talvolta, che vi siano fatti, situazioni e condizioni che coinvolgono direttamente l’umanità, ma che crescono e vanno avanti anche senza l’uomo, praticamente credo che l’uomo occupi il solo spazio per il tempo da esse concessogli in quel determinato frangente e che null’altro possiamo fare, noi, come nostra azione diretta, che osservare l’ovvietà e l’intoccabilità di quel “modo impenetrabile di accadere i fatti”. Ritengo comunque e in ogni caso, che l’essere umano sia l’attore e il principale responsabile di tutti quegli avvenimenti e di tutte quelle scelte che vanno oltre la naturalezza di una mutazione oggettiva ed anche soggettiva, mutazione che prevede l’uomo come interlocutore fra la mondanità degli avvenimenti ed una regia più ampia, quale ordine e significato del senso originale della vita.

L’uomo, nella sua modernità, ha quindi superato la parte costante e riflessiva di se stesso, bruciando il tempo di cui disponeva nello stesso punto dove ha portato e lasciato la sua esperienza, generando così un vuoto fra ciò che nei secoli aveva imparato ad essere, rispetto a ciò che mira immaginariamente a diventare. Quello che ci comprende nell’Era della ricerca e della tecnologia, è un sentimento umano che sembra non poter uscire dal suo spazio di tempo e un tempo che lascia nello spazio un suo ricordo, ma che ancora non trova una dimensione e una collocazione verso il futuro.

La cosa migliore e più necessaria…

Augurare ad ognuno di noi di stare bene, di mantenere un buon equilibrio nell’ambito dei rapporti famigliari, delle relazioni con gli amici e perché no, anche nei confronti di quanto ci circonda, significa aver compreso nella sfera delle nostre conoscenze molte delle “variabili mobili” che fanno parte della nostra esistenza, tanto che riuscire a centrare e cogliere tale obiettivo in modo così ampio, significa aver totalizzato il massimo dei punti a nostra disposizione nell’imprevisto gioco della vita. Tuttavia, in un mondo che ha ristretto la sua grandezza, con l’ utilizzo della comunicazione, e soprattutto con l’uso della comunicazione via etere, portando, attraverso l’immagine diretta ed immediata delle eventi rappresentati una sorta di conoscenza indefinita, il cui risultato indotto è in genere incisivo nella forma dell’evento disastroso, è che ogni contenuto appare agli occhi individuali della mente umana niente più che un semplice spettacolo, o un pettegolezzo sul quale non soffermare troppo la nostra attenzione, trovandone quindi appagamento e soddisfazione nella sua stessa superficialità. Un segnale, un semplice segnale, ma inafferrabile dalla natura umana e che sa risvegliare in noi il desiderio del piacere, ponendoci al confine di un ruolo fra protagonismo attivo e passiva schiavitù, è ciò che allontana l’uomo da quella formula di comprensione che nel silenzio ritrova la giustificazione al comportamento dell’intera umanità.

Negatività e positività… il grande valore della comunicazione è dimostrato nell’offerta che essa fa di una conoscenza su larga scala; la tecnologia ha così contribuito in modo determinante ad allargare i “confini dell’ottica e della visuale umana”, consentendo all’uomo di non vivere isolato dal resto del mondo, ma dandogli la possibilità di partecipare visibilmente e in ogni momento, a tutti quegli eventi vicini e lontani al proprio stato di interesse, argomenti che fanno parte delle molteplici e ricche espressioni della vita di chi popola questo pianeta. L’informazione che questo mezzo tecnologico sa esprimere ed espandere con così tanta rapidità, fornisce la possibilità individuale di uscire dallo “stato personale di ignoranza” , di mala informazione, o di isolamento, per quanto viviamo nel nostro ristretto ambiente di vita, generando, in ordine di condizione, confronto e consiglio fra gli esseri umani, un ampio interesse e proponendosi quindi da strumento attivo, ed anche comunicativo, di grande utilità. Questo stato di conoscenza subisce però solo una parziale interiorizzazione dei suoi contenuti fra gli stati d’animo umani, interiorizzazione che lambisce la parte superficiale della coscienza, ma che non penetra nella parte “incosciente del dolore personale”, ponendo l’uomo in una sorta di attesa e di osservazione attonita, per ciò che non identifica come riferimento integrante e fondamentale della sua esperienza.

L’ignoranza della conoscenza, è nell’inesperienza vissuta.

In contemporanea a questa meritevole e straordinaria occasione di conoscenza, che coinvolge, direttamente e indirettamente tutto il mondo, si sarebbe anche reso necessario insegnare all’uomo moderno ad imparare a “comunicare da vicino”, così da ascoltare e capire in profondità tutti quegli stati d’animo che fanno parte identificativa degli esseri viventi e che la dimensione tecnologica e scientifica, in senso generale, non ci sanno fornire e che a tutt’oggi, ancora, non hanno saputo inventare. In un mondo di ricerca, che da una parte e sotto la spinta tecnologica, si vuole espandere a dismisura verso nuovi confini e dall’altra parte, sotto la spinta della desertificazione delle terre, sotto l’azione delle guerre umane e dell’oppressione in genere, o per effetto di un cambiamento del clima, si deve “spostare” per trovare nuovi luoghi di pace e di equilibrio dove continuare a sopravvivere, diventa utopistico voler mantenere qualsiasi personale stato di privilegio personale… avvicinare gli uomini con la curiosità di “sentire” e poi negargli la possibilità di “scambiare”, significa aver creato dei sentimenti d’illusione nei loro stati d’animo. Il costante aumento della popolazione mondiale “rimpicciolisce” indirettamente la Terra, riducendo gli spazi di libertà fra gli esseri viventi e creando urto fra gli individui, un urto che se non propriamente colto e ammortizzato da elementi di sopportazione e di uguaglianza, genererà violenza incontrollata e disastri sociali su larga scala; diventa così importante riuscire a capire gli altri, ancor più che adoperarsi per una conoscenza diffusa, ma senza comprensione. La forma comunicativa, così com’è stata idealizzata e costruita ai nostri giorni, non ci porterà a risolvere i problemi legati alla buona convivenza di una società multi raziale disomogenea, dove ciò che viene negato è il fattore dell’individualità e quindi, ancor più che far largo uso di essa, occorrerebbe, all’uomo, adottare un nuovo linguaggio comunicativo che sorpassi il limite delle necessità individuali, politiche, sociali e religiose di “ordine ristretto”, proiettandosi in una identità più comune agli esseri umani e viventi in senso generale… l’ignoranza di questo mezzo comunicativo è nella sua incapacità di creare una ragione che sorpassa la necessità e la banalità dell’informazione.

Il buon senso della legge, è la legge mite degli uomini forti… non occorre una legge più forte degli uomini, se ad essere deboli sono proprio gli uomini!

La doppia velocità con la quale si muove la specie umana caratterizza due elementi essenziali del percorso evolutivo, ponendo la necessità di non coinvolgere emotivamente quel tratto di “identità sensibile” che fa parte di ogni singolo individuo e che solo lentamente può mutare il suo stato percettivo e sensoriale originale. Ben venga quindi la ricerca scientifica e l’evoluzione tecnologica, ma in funzione dell’essere umano, non come elementi centrali di una scienza che si scopre nella finalità di se stessa, ponendo l’uomo ai margini delle sue necessità. Nelle varie epoche di ricerca e di conoscenza attraversate dall’uomo, egli ha caratterizzato la propria evoluzione con nuove scoperte scientifiche, tali scoperte lo hanno proiettato verso un nuovo livello di consapevolezza di un lungo e articolato percorso al quale è stato chiamato a partecipare con la sua intelligenza, ma creandone, per effetto contrario, altresì un distacco dalla base dell’essenzialità delle necessità della vita. Ne trascende, quindi, che la progressione e l’avanzamento della conoscenza sono elementi fondamentali per reggere l’intera impalcatura cosciente dell’uomo, ma altresì ne emerge che occorre far vivere l’uomo su due livelli di apprendimento. Il primo è il livello tradizionale e cioè quello che fa riferimento alla Terra, in relazione ai suoi elementi naturali e da porre a stretto legame con l’uomo, con i suoi sentimenti, i suoi ricordi, le sue abitudini e la sua cultura, il tutto per evitare di far cadere l’essere umano in uno stato di confusione dove persino il valore della vita umana viene messo in discussione dalle presenze arcaiche della forza e della definizione individuale. Il secondo livello è quello della ricerca e della scoperta, della progressione in senso generale i cui frutti devono ricadere in modo positivo sull’intera popolazione del nostro pianeta Terra, non escludendo nessun individuo e nessuna specie da tale beneficio derivante dalla conoscenza.

La condizione di esistenza del nostro pianeta fa da guida alla vita umana, nella ragione in cui è l’uomo a reggersi sul paradosso dei contrari e delle necessità e dove per ritrovare sicurezza si riferisce alle sue stesse debolezze.

E’ una relazione conflittuale, ciò che si verifica negli stati d’animo umani, fra quello che vorremmo evitare che ci accada, per paura del dolore, con ciò che abbiamo bisogno di provare nella forma personale del piacere, tutto questo perché l’uomo vive nella contradizione di due presenze che ne costituiscono “l’identità di contrapposizione”. Una identità che è il risultato di un contrasto tra forme contrapposte e che potremmo definire ossimoriche, quali ad esempio, per citarne alcune: il caldo e il freddo, il suono e il silenzio, la felicità e l’infelicità, la forza e la debolezza etc…! Su questi valori di contrasto l’uomo cresce la propria figura, talvolta scegliendo il tipo di effetto che più fa parte della sua struttura molecolare o indefinita, o per contrapposizione, in ciò che egli vuol provare ponendosi all’opposto di uno stato d’animo di normalità. In un mondo che, attraverso la comunicazione a distanza ha creato distanza fra gli esseri umani, per un contatto fra i sensi che si allontana, diventa problematico e comunque di nuova sperimentazione, ricavarne una nuova identità cosciente che possa scaturire da un legame formativo reale e dove l’esperienza non sia solo una figura immaginaria. L’effetto quindi, o almeno una parte dell’effetto derivante da questo stato di inesperienza, dove l’uomo ha perso i riferimenti di ciò che lo qualifica sul contrasto fra la realtà e fra quello che vive nei suoi desideri, è quello di aver creato una “membrana isolante”, una sorta di “bolla immaginativa” che rappresenta il suo “stato”, ma che ne evita il contatto fra la conoscenza e la verifica della stessa. Tale mancato contatto fra questi due elementi di contrasto ha effetto sul comportamento umano, a causa di una inesistente relazione fra entità che necessitano di vivere la loro dimensione, creando, di riflesso, un disorientamento nei confronti della coscienza e sino a provocarne una diversa percezione. Cambiare la percezione della coscienza, o addirittura trasformarla in una condizione di impercettibilità, significa per l’uomo dover trovare e riqualificare la dimensione della propria esistenza. Una azione diretta ed immediata, a tale allontanamento dal contrasto e dal contatto di due entità indipendenti, ma legate dall’esperienza e dalla verifica delle diversità, provoca indifferenza e oblio dai sentimenti umani, rendendo l’uomo null’altro che un’immagine trasparente per un volere che non esiste. Indifferenza che nasce dai singoli individui e che si genera come singolo individuo, poi si propaga, come un virus auto sufficiente, nella coscienza personale e di gruppo modificandone profondamente la ragione umana. Una ragione umana che motiva la morte negandone l’esistenza attraverso la sua costante azione di fuga dal cospetto della sua coscienza. Il fenomeno che si sta verificando a livello di massa si comprende meglio analizzando il singolo individuo, e cioè: qualsiasi uomo che venga sottoposto ad un bombardamento eccessivo e che va oltre le sue capacità di elaborazione della ragione, subisce un rigetto per mantenere il suo stato di equilibrio. E’ un rigetto di conoscenza, ciò che riporta l’uomo dal piano della sensazione dell’onnipotenza, al livello consolidato della sua bassezza! Per una caduta così profonda degli stati d’animo umani, si genera nell’uomo una base consolidata di ansia che poi, per la mancata risoluzione del problema di fondo, diventa una forma costante di depressione… è ciò che vive e cresce nelle generazioni postume alle scoperte “comunicative senza identità”.

Il mondo si regge su molti controsensi…

In una era di “idee industriali” che sembra vivere sui controsensi dell’uomo e cioè arricchendolo di opportunità da una parte, ma impoverendolo di risorse all’altra, un’era in cui si vuole ripulire dal fetore del male la coscienza individuale, ma di riflesso si sporca l’intero universo nei modi più disparati… in un’era in cui si cerca di smascherare l’inesistenza di Dio, ma poi lo si implora di non abbandonarci al nostro macabro destino… non c’è fine alla disperazione di una speranza amata e odiata nel suo stesso significato! In un’era in cui si trascura la morte, sminuendo di fatto il valore della vita… e ancora… in un’era in cui si vuol far passare la cultura come semplice azione, effetto e risultato dell’informazione, nascondendone la verità della sua ignoranza… e non di meno in un’era che vive col desiderio di materialità, ma che vorrebbe battezzarsi alla fonte della spiritualità per vivere una esistenza trascendentale, tutto sembra reggersi in piedi per non sapere bene e ovviamente, da quale parte sia più giusto cadere, relegando l’uomo nell’attesa di ritrovare, da solo, il suo giusto Spirito di sopravvivenza.

Nel controsenso della libertà c’è un uomo che, nel tentativo di fuggire dal suo ristretto ambito di conoscenza e di esperienza, si riferisce ad elementi di distrazione, quali, ad esempio, le comunicazioni, ma che di riflesso lo rendono facilmente reperibile e controllabile nelle sue scelte quotidiane, condizionandone l’imprevedibilità e la spontaneità e ponendolo in una sorta di costante monitoraggio delle sue azioni. Quel che si perde della propria autonomia è anche la possibilità di immaginare l’errore umano come una condizione di libertà, perché da porre fra quelle occasioni alle quali si può riparare e chiedere perdono.

Per un uomo che sogna di volare, ma che ancora non è pronto a farlo…

Nella similitudine del volo e di ciò che ha rappresentato per l’uomo staccarsi, razionalmente e irrazionalmente dalla Terra, iniziando così un nuovo percorso di conoscenza, portando idealmente con se l’intera specie umana fino a posarsi sulla Luna, o ancor più, attraverso “navicelle” costruite in modo appropriato, a calarsi o ad avvicinarsi ai pianeti più vicini, l’uomo ha dato inizio alla speranza di una nuova condizione umana. Ora in questa nuova fase di ricerca l’uomo tenta di fare un altro salto, badate bene, però, non più fuori da se stesso, ma in questo caso dentro se stesso e lo fa allontanandosi dalla sua sorgente primitiva di conoscenza e di coscienza, forse nel tentativo di scoprire una nuova fonte di vita che gli consenta di superare il muro del dolore e del limite umano. E’ un salto nel desiderio del contradittorio, quello che fa avvicinare l’uomo al vuoto della sua conoscenza e lo fa allontanare dalla forma sicura dello stato della memoria, maturato, appunto, nell’opposto che la rapida tecnologia ci allontana dallo Spirito, ma ci avvicina, per contrapposizione, alla condizione instabile dell’immaterialità, tuttavia negando se stessa nel idea originale di portare la sensazione umana alla scoperta di nuove dimensioni e allontanando l’uomo dalla sostanza e dalla verità della sua natura originale.

Nel tentativo di cercare un varco libero fra me stesso e l’attenzione che mi vorrete dedicare, leggendo fra i miei pensieri scritti al seguito quello che vi voglio comunicare e volgendo assieme uno sguardo per costruire una nuova visione del futuro che ci consenta, con sincronia di spirito di osservazione, di riprovare a sognare la vita attraverso la semplicità della sua esistenza, c’è il mio desiderio di stupirvi. Stupirvi dicendovi cose nuove o semplicemente rispolverandone di “vecchie” e di già consolidate?

Dato che la sempre maggiore conoscenza che ha investito l’uomo dell’era moderna, sino a colmarne e a limitarne le capacità riflessive, null’altro ha fatto che aver generato una indifferenza diffusa nei confronti di ciò che gli vive intorno, vi parlerò della semplicità. Una semplicità che sembra scomparsa dal commensale del nostro buon gusto quotidiano, perché cancellata da un rapido avvicendarsi di azioni che allontanano l’uomo da quelle piccole cose che servono a renderlo grande e importante, in fondo solo per averlo riportato al centro della sua dimensione. Nel vagare alla ricerca di una condizione che cambia con la costante del bisogno di provare nuove emozioni e nuove visioni dell’esistenza, l’uomo finisce però smarrito nel luogo comune di un volere che lega tutti gli uomini alla stessa maniera… Nella visione del suo mondo c’è il bisogno di comprensione.

La semplicità delle cose è un dialogo facile con tutto.

Una semplicità che riparte dal mattino… dal donare il nostro viso al volto degli altri e il nostro buon saluto alla loro attenzione, un saluto degno di una sguardo verso tutti gli altri individui e che ritrova valore dal tendere una mano, anche se talvolta fatta solo di parole, ma che sa cogliere nel centro dell’animo umano, fra quei sentimenti migliori che richiamo alla comprensione e al rispetto di chi ha più “bisogno di sentirsene dire”. Una semplicità che non sia sinonimo di arroganza sopraffina, perché scaturita dal pensiero di chi conosce bene l’uso verbale delle parole e dove ciò che ha imparato lo sa solo per averlo studiato bene sui libri, o che nella legge del più forte nasconde il suo aspetto più diabolico e meschino, mescolando le carte di un gioco perverso e utile a dimostrare, con ignoranza, che il più furbo è sia pur sempre il più intelligente, o colui che vince una mano, sia pur che egli sia solo un grande perdente. Una semplicità che è sinonimo di rispetto della natura, intesa come elemento fondamentale della vita, una semplicità che non tralascia indietro nessuno, che non sfrutta, oltre modo, le sue risorse e che non sporca l’intero universo per liberarsi facilmente dal peso, dall’odore fetido e dall’ingombro dell’egoismo umano. Una semplicità attraverso la quale “slegare” dai vincoli preconcetti tutte quelle problematiche ambientali, economiche, sociali, religiose e culturali che sono in un crescente aumento, derivando quindi in tensione fra gli esseri umani e dove le comunicazioni, invece di ammorbidire le diversità finiscono per accentuarle, creando confini e diversi livelli di percezione immaginativa dei problemi e conseguenti nuove forti tensioni fra i popoli. La diffusione della conoscenza, propagata e diffusa in questo “stato di distanza”, o ancor più di “distacco dalla realtà”, non aiuta a superare neppure gli ostacoli quotidiani della nostra esistenza, portandoci persino ad inciampare nelle problematiche di più semplice e banale soluzione. Il ritrovamento di una semplicità che ci porti fuori dal vivere nel pantano di una vita fatta di elementi irreali e che ci allontana dalla coscienza, annullando in noi il tentativo pratico di reagire alle negatività… questo è quanto fa crescere, di fatto e per azione diretta, l’indifferenza e la rassegnazione derivante da tale astratta conoscenza. Una semplicità che non sia fatta di regole personali, inventate lì per lì e che rappresentino il nostro ego, il nostro imperativo di voler imporre un vantaggio sugli altri individui e come espressione di un comando utile solo a se stessi e al proprio potere.

La bellezza delle cose semplici salverà il mondo dall’affermazione della conoscenza astratta.

Mi ritengo molto fortunato, fino ad ora almeno e cioè a poco più dei due terzi del mio “cammin di vita”, perché ho potuto godere di una libertà, economica, di pensiero, culturale, d’espressione in senso generale, che è il frutto della lotta, del sacrificio e della sofferenza di altri individui giunti su questa Terra prima di me, ma che non hanno avuto la stessa fortuna e la mia stessa facile sorte…. O almeno credo! Non dimentico mai chi mi ha fatto del bene e sia pur non dimenticando neppure chi mi ha fatto del male, tuttavia non riesco a provare odio e ad alimentarlo nei confronti di chi non ha saputo pentirsene. Badate bene, non è una sfortuna, la mia, ma una immensa fortuna che porto dentro e della quale dispongo in modo innato e quindi gratuito, ma che vorrei riuscire a trasmettere a tutti coloro che provano persino troppo odio verso gli altri, dimostrandosi quindi peggiori del loro nemico. Della nostra attuale libertà possiamo goderne a largo raggio semplicemente perché c’è chi ha dato la propria vita per essa, lottando nella speranza di vedere un futuro migliore, almeno per chi sapevano sarebbe arrivato dopo di loro, o anche solo immaginandolo col desiderio di lasciarlo agli altri in una condizione e in una speranza migliori rispetto a quanto avevano trovato dinnanzi a se stessi. Rimango eternamente grato a quelle persone che col loro sacrificio hanno dato, e tutt’ora danno, speranza e forza all’umanità per continuare con orgoglio il suo cammino verso il futuro.

Non occorre desiderare un mondo diverso, ma basta credere nella diversità del nostro mondo.

Diamo noi stessi il primo segnale di civiltà, senza aspettare che ci giunga dagli altri.

Uomini e donne, adunatevi nelle piazze, nei luoghi di ritrovo e suonate i vostri strumenti di richiamo, la loro musica ravviverà il fuoco vivo e latente dell’animo umano, nella speranza che esso riaccenda la positività di ognuno di noi, allontanandoci dal torpore dell’indifferenza nel quale siamo caduti e risvegliando quelle emozioni più profonde che giacciono nella matrice della vita. Chiamate ora tutte le specie esistenti e accompagnatele sull’Arca della speranza e della buona volontà… fatelo suonando gli strumenti della semplicità, così da poterli raggiungere e ritrovare naturalmente. Suonateli col fiato o muovendo le corde del cuore, così che le onde possano giungere e toccare nel profondo dell’animo umano, risvegliando l’uomo dal silenzio e dalla tristezza dell’abbandono, per tutte quelle coscienze umiliate e quei sentimenti distrutti dal disprezzo, dalla meschinità, dalla bassezza e dalla paura che combattere il male voglia dire solo sacrificarsi per rimanere senza nulla. Pensare ad un Natale di natività, senza la speranza del domani e la fede della certezza che donarsi e sacrificarsi non ha il solo significato del nulla, umilia e demolisce il valore della vita.

Non lasciate che la solitudine si impossessi di tutti coloro che non vogliono imparare da questa lezione, forse perché troppo sicuri di se stessi o troppo paurosi del dubbio, ma accendete in voi il lume del vostro Spirito, tanto che esso serva ad illuminare l’anima di ognuno di loro in questo difficile cammino di rinascita.

Spegnete voi stessi ogni segnale ed ogni palpito che non sia naturale o che non sentite appartenere all’animo umano, così da non poter essere individuati dai nemici della pace e della speranza. Lasciate nella miseria dell’egoismo la bassezza di chi non sa spendere il suo avere per una parte di tempo da dedicare agli altri e distribuite una ricchezza che sia frutto del vostro lavoro e del vostro sapere, allontanandovi così dalla barbarie dell’indifferenza del mondo.

Vadano a VOI i miei migliori e più sinceri auguri per un Natale che non sia solo annuncio, ma anche volontà di nascita e di rinascita alla vita, nella condivisione dei vostri affetti più profondi e vicini, per momenti di contatto umano di grande valore ed importanza…

Auguri a tutti gli uomini di buona volontà e non meno a tutti coloro che non hanno potuto esprimere il personale desiderio di vivere la propria vita nella libertà di scelta.

Auguri a tutti coloro che fanno della legge del buon senso, il modo di vivere col buon senso della legge.

Auguri a tutti coloro che con l’umiltà insegnano la speranza, per un luogo della speranza che sia la pace per tutti.

Auguri a tutti coloro che sanno distribuire la ricchezza della buona volontà, tanto che la volontà di donare diventi la forza della ricchezza di tutti.

Auguri a tutti coloro che ammettono di aver sbagliato e hanno il coraggio di ridiscutere le loro certezze.

Auguri ai giovani, perché col loro istinto di sopravvivenza possano restituire al mondo una dignità fatta non solo di desideri personali.

Auguri a tutti coloro che amano servire se stessi agli altri, nel desiderio di rimanere se stessi negli altri.

Quello che questo Natale si aspetta da noi, è un uomo degno d’essere Grande, nella speranza di rimanere sempre un po’ bambino.


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Bart