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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: Dimmi come ti chiami, languoroso

7 Ottobre 2009

di Mauro Cristofani
(La sua galleria di quadri qui)

      Stazione del mondo, gironzolo a vuoto forse aspetto un treno ma spero che ritardi. Incontrare due occhi perforanti la folla come i miei, ansia che annienta. Gabinetti, marchettari mi guatano si toccano anziani guardinghi sgocciolanti e altra umanità sul ciglio di bàratri vari. Faccio quel che devo fare poi esco e la vedo, sguardo che mi trapassa. Avrà sedic’anni sì e no, tuffo nel vuoto. Sono in castigo, scolaretto che aspetta bacchettate.
      Viso bambino ma espressione adulta guarda l’uomo che fui, ora  un baccalà stecchito. Tu immagine tenera selvaggia io figura inerme un po’pietosa voglio solo perdermi cerca di capire, ma ho bisogno d’aiuto.
      Non toccarla mi fa male, invidio quelli senza scrupoli e chi se ne frega, si buttano e fanno bene tanto siamo tutti nei cessi di qualche stazione. Sentirmi sempre fuori posto e fuori luogo nostalgia solo del poi, unici miei doni sciagurati. E muoviti vecchiaccio quando imparerai a stare al mondo, occasioni perse a migliaia.
     Suoi passi in direzione opposta alla mia, mi disprezza e fa bene. Tenta la mossa del binario morto e deserto, lì si farebbe sotto pure un paralitico. Eppure io no, gambe pesanti e non trovo lo slancio decisivo.
      Beve alla fontanella, chinarsi è una scusa per farmi vedere il culo e un po’ di cosce. Mi muovo sono più sciolto, mi riblocco. Sta tornando indietro passa vicino quasi mi sfiora sento il suo odore cuore a mille, istante eterno infinito. Suoi occhi troppo dolorosi per essere una puttanella, con questo dubbio l’aggancio è più difficile. Di certo voleva esser seguita, non mi sbaglio.
      Sto lì a rimuginare, s’allontana. Sono un coglione imbranato che non vale niente. Ma si volta, brava grazie dammi un’altra possibilità. Richiamo grido supplica nei suoi occhi, cuore mio che fa boom.  

      Scalinata uscita stazione, noi due seduti accanto. Rito offerta sigaretta,  un classico. E’ fumatrice si vede da come aspira, ma lo fa col disprezzo di chi non vuole il vizio. Cerco una frase che non viene guardo intorno e sembra che tutti guardino me, mi sento più vecchio e lei mi sembra più bambina.
      Gli sfidanti si scrutano in silenzio, rumore di parole taciute. Alla fine s’alza se ne va, s’è rotta le palle e ha ragione. La seguo dico una frase stupida mi risponde appena, ma un lampo nuovo ha negli occhi. Se è ironìa allora è intelligente e un contatto c’è stato. Vecchio donchisciotte  non cominciare a farti un film sarà lì a smarchettare, ragazzetta scaltrita e furba che aspetta la cottura giusta per spennare meglio i bavosi che smaniano per la carne fresca.  

      Sala d’aspetto noi due seduti accanto, mie banalità sue reticenze ma se non vado al dunque non saprò mai che pesce è. Improvviso il temporale,  pioggia le sue lacrime i singhiozzi i tuoni, pianto che la sconquassa. Goccioloni che le inzuppano tutta la maglietta, un torrente in piena ha rotto gli argini, non c’ero preparato. La gente si ferma, non voglio che rubino il tuo sfogo vieni andiamo via da qui.
      Noi due in un angolo appartato. E’ una bambina impaurita, vorrei abbracciarla e forse anche lei lo vuole mentre consuma tutti i fazzoletti. Si calma, io predatore senza vocazione rientro nel mio ruolo preferito di consolatore d’afflitti.  

      Parla di sé, viene dal sud. Fuga da famiglia scellerata, padre che assaggia i figli come fossero bigné madre che fa la vita. Non vuole tornare in quella casa, è il minimo. S’è dovuta arrangiare come s’arrangia una ragazza giovane che ha solo una sottana da tirarsi su. Oggi cercava qualcuno che chiedesse subito quella cosa lì non un sentimentale e un fesso cioè io.
      E’ cambiato tutto, suo sguardo ora fiducioso e chiaro lavato dalle lacrime, mia vecchia vita che sussulta.
      “Posso stare con te?” domanda semplice e grandiosa suoni fluttuanti e paradisi che s’aprono, ma anche visioni rapide che sporcano quel po’ di generoso che c’era nello slancio.
      Sue ciglia abbassate in attesa di sentenza.
      Un abbraccio, prendo tempo. Per lei è un sì ringrazia e ride, denti trascurati per miseria e ignoranza. Si tira su un ciuffo dei capelli color polvere si bagna le labbra screpolate, ha un che di carnale lo sa e me lo sbatte in faccia. Con la vita che fa sarà vecchia a trent’anni, allora avrà voglia di piangere alle stazioni nessuno le chiederà il perché.
      Mi viene il dubbio che la sua sia stata tutta una scena, m’ha asciugato la bava alla bocca e m’ha incastrato sono il solito illuso.
      Ripongo velleità di sesso, zietto senza convinzione prendi il primo treno e torna a casa ché oggi un’emozione bene o male l’hai già avuta.
      Lei di nuovo triste, s’è accorta che il pollo sta scappando. Ma deve sentirsi un’eroina da telenovela e vuol lasciarmi un buon ricordo, dice “Sali e non voltarti più”.
 

Sferragliar di rotaie
che inghiotte
attese imprevedibili…

      Altra stazione, altri treni. Vanno e vengono, io preferisco quelli che vengono portando il nuovo e l’imprevisto. Oggi ha portato un lui che vuol essere una lei.
      Adora andare al ristorante con un cavaliere, l’accontento e si accomoda come vera signora. Malignamente godo degli sguardi invidiosi dei maschi, fa colpo con quella cascata di capelli le sopracciglia disegnate e il corpo tutto curve, come uomo è una schifezza ma come donna è uno schianto. Qualcosa fra noi, chissà. Le apparenze son salve perché è più femmina lui di tante squinzie che dicono d’esser vere.
      Casa mia, languido e voglioso ci sa fare. Ha un corpo bianco su cui ci si può scrivere tutto e forse quel cosino che ha fra le gambe non sarà troppo d’impaccio, rattrappito com’è. Proviamo, dimmi almeno come ti chiami.


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5 Comments

  1. Commento by claudio grosset — 7 Ottobre 2009 @ 09:18

    Stazione: non più soltanto luogo fisico creato, inventato dalla nostra civiltà ma luogo di ‘incontro’ simbolo, anche di un senso di appartenenza all’umanità, il perdersi nella massa (‘la folla’), il caos dove il singolo scompare, fiumana di gente che arriva e che parte, sguardi che si incrociano nella totale normale indifferenza.
    Eppure l’indifferenza, in un certo senso, non è umana, anzi, sempre in quel senso, direi un po’ ‘disumana’. Infatti siamo attratti indissolubilmente verso l’altro, il nostro simile, sia per ‘istinto’ che per generico ‘sentimento’.
    In questo contesto si muove il nostro ignavo protagonista diviso tra pulsioni ‘primarie’ e ‘secondarie’, una bella lotta! Corteggiamento, passione ‘irrazionale’ contro sensibilità, tenerezza, parti di uno ‘stesso’ sentimento dai contorni stranamente ‘razionali’, Inaudito! Non c’è pareggio ne conciliazione, uno sarà vincitore e l’altro sconfitto, cosi ci racconta questa storia. A seconda del caso, del momento, delle circostanze. Battaglie vinte e perse, una guerra lunga e… senza fine!

  2. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 7 Ottobre 2009 @ 18:29

    Emerge da tutta la storia una grande intensità di riferimenti, che si sciolgono e si amalgamano in una decisa fisicità ed in una vasta gamma di sensazioni e di sentimenti. C’è urgenza di un rapporto, per uscire da una contratta realtà personale, pur nel difficile approdo. Si avverte un’assidua continua somministrazione di tensioni e di inquiete-dolci pulsioni, testimonianza di un’introspezione progettuale e di pensiero.
    Padronanza lessicale, forza-sostanza espressiva, omogeneità di contenuti, slanci ed abbandoni, varietà di toni, conflittualità emergenti… offrono immediatezza straordinaria della comunicazione, ribadendo non solo una non indifferente carica interiore, ma anche la chiara viva esperienza del paesaggio umano. Si ha, pertanto, uno spaccato di vita dal notevole spessore riflessivo, in un luogo che diviene metafora della stessa esistenza e dell’umanità
    Gian Gabriele Benedetti
    P.S.
    Vorrei complimentarmi con Claudio Grosset per la sua analisi così precisa, profonda, dettagliata, che mette in luce non soltanto le sue indiscusse capacità di interpretazione e di indagine, ma anche un animo altamente sensibile.

  3. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 7 Ottobre 2009 @ 19:47

    Io ringrazio tutti e due per l’attenzione che mettete alle pubblicazioni della rivista. Grazie di cuore.

  4. Commento by claudio grosset — 8 Ottobre 2009 @ 16:55

    A Gian Gabriele,
    sono molto lusingato del tuo P.S. dei tuoi complimenti. Peraltro devo ‘almeno’ contraccambiarli per i tuoi più numerosi accreditati commenti, competenti, con un linguaggio erudito spesso per me nuovo (da apprendere e imparare), documentato da riferimenti di autori e letteratura italiana e straniera spesso a me sconosciuti. Grazie.

    A bartolomeo,
    io ringrazio te, la rivista (ed i suo collaboratori / narratori etc.), le tue approfondite recensioni ai libri, per le occasioni che mi da di apprendere, in tema culturale, e di misurarmi con le mie limitate capacità e conoscenze.

    claudiogrosset

  5. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 8 Ottobre 2009 @ 17:11

    Grazie di cuore, Claudio.
    Un affettuoso saluto ed a ritrovarci su questa rivista, stupenda, ricca, oltremodo interessante creatura del grande Bartolomeo
    Gian Gabriele

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