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LETTERATURA: I MAESTRI: Cronache anticipate: Il narratore elettronico

31 Dicembre 2011

di Ercole Patti
[dal “Corriere della Sera”, lunedì 2 giugno 1969]

Fra i tanti tipi di cervelli elettronici destinati a sostitui ­re con vantaggio il cervello umano uno di quelli che riu ­scì con maggiore facilità e buona resa fu quello costrui ­to per scrivere racconti ro ­manzi e articoli critici. I pri ­mi esperimenti eseguiti nel 1976 dettero risultati ancora un po’ schematici; la macchi ­na concepiva serie di periodi brevi nei quali si poteva ri ­conoscere qualche modesta immagine ancora allo stato grezzo; certi paragoni di og ­getti e persone ad altre cose apparivano un poco stirac ­chiati e spesso del tutto arbi ­trari.

Perfezionando i congegni e arricchendoli dopo qualche an ­no la macchina fu in grado di stendere raccontini e brevi elzeviri che però non arriva ­vano a superare la colonnina di giornale ma che tuttavia contenevano un accenno di intreccio. A dire il vero anzi questi tentativi di intreccio risultavano alquanto meccani ­ci e scipiti e ciò si doveva alla eccessiva preoccupazione dei costruttori di predisporre i meccanismi in modo che gli scritti letterari dei robot aves ­sero una trama. La macchina mostrava scarsa fantasia e spesso monotonamente ripete ­va concetti e immagini simili fra di loro. Si pensò di ar ­ricchire certe cellule e metter ­ne di nuove rendendo il meccanismo capace di captare sensazioni più varie e sottili; si registrò infatti un netto mi ­glioramento nella qualità dei pezzi soprattutto negli scritti di critica letteraria.

*

Già nel marzo del 1980 la macchina ricevendo nell’appo ­sito alloggiamento un volumet ­to era in grado di leggerlo in pochi secondi e quindi di rias ­sumerne il contenuto espri ­mendo anche un succinto giu ­dizio critico. Sulle prime que ­sti giudizi critici erano debolucci ma bastò potenziare il congegno caricandolo di nomi e titoli perché il cervello elet ­tronico riuscisse a recensire li ­bri azzardando anche raffron ­ti e paralleli con altri scrittori.

Le possibilità critiche del cervello elettronico furono le prime a venir fuori perché la macchina mostrò subito molta disposizione a quel genere letterario.
Risultati più discutibili det ­te il tentativo di produrre poe ­sie e brani lirici. Le poesie osservavano scrupolosamente le rime; gli endecasillabi i nove ­nari i martelliani erano di perfetta fattura con gli accen ­ti al posto esatto ma il conte ­nuto lasciava a desiderare seb ­bene non fosse inferiore a quello di poeti in carne ed ossa vincitori di premi di poe ­sia in zone turistiche e loca ­lità balneari.

Una delle difficoltà che die ­de molto da pensare ai tec ­nici fu quella di far comporre al cervello elettronico articoli di terza pagina; per un anno di seguito non si riuscì a pro ­durre articoli di lunghezza de ­cente, gli scritti poi nella loro seconda parte si ripetevano fastidiosamente. Regolata male la macchina in cerca di una lunghezza maggiore si otten ­nero articoli di sette od otto colonne del tutto inutilizza ­bili. Fu necessario un lungo lavoro per produrre articoli di una colonna e mezzo, ma alla fine ci si riuscì.
Su iniziativa di alcuni auto ­revoli collaboratori di terza pa ­gina di grandi quotidiani che seguivano con estremo interes ­se i lavori, venne fatto un esperimento per mettere alla prova le effettive possibilità della macchina: si inviò in gran segreto a un quotidiano del nord di media importanza un raccontino composto dal cervello elettronico fingendo che era stato scritto da un giovane sconosciuto. Il racconto venne accettato e pubbli ­cato in elzeviro senza che nes ­suno sospettasse di nulla; il giovane scrittore sconosciuto fu invitato a mandare ancora racconti.

*

Ma il tentativo di far com ­porre un intero romanzo sia pure breve dimostrò che in quel campo c’era ancora mol ­ta strada da fare. Il racconto filava, il congegno dell’intrec ­cio funzionava fin troppo be ­ne, quello che ancora mancava era una certa atmosfera e un approfondimento psicologico dei personaggi, si avvertiva nel cervello elettronico la mancanza di un grano di follia e di una personalità (come ebbe a scrivere un esperto). I fatti si svolgevano meccanicamente. Tuttavia insistendo negli esperimenti si arrivò a produrre discreti romanzetti di consumo uno dei quali vinse il Premio Opera Prima del Viareggio 1978.

Nel corso di questi esperi ­menti si scopri che il cervello elettronico era in grado di pro ­durre eccellenti racconti gialli senza molto sforzo; bastò in ­trodurre alcuni accenni di situazioni poliziesche perché il cervello le manipolasse rica ­vandone di volta in volta con ­gegni di forte suspense.

Ma la scoperta che sbalordì tutti, perché nessuno si era mai sognato di pensarci, fu quella delle enormi possibilità che aveva la macchina nei confronti con la cosiddetta prosa d’arte, un genere come si sa molto raffinato usato da scrittori preziosissimi.
La scoperta fu fatta per ca ­so. Uno dei tecnici addetti al cervello elettronico un giorno quasi per gioco, per vedere quello che sarebbe successo, introdusse nella macchina un brano ricavato dal Gattopar ­do di Tornasi di Lampedusa che non è proprio uno scrit ­tore di prose d’arte ma che in certi casi se ci si mette non ha nulla da invidiare a nessuno. Il brano (pagina 22) era il seguente: «… e in un angolo l’oro di un albero di gaggia intrometteva la propria allegria intempestiva… Ma il giardino costretto e macerato fra quelle barriere esalava pro ­fumi untuosi carnali e lieve ­mente putridi come i liquami aromatici distillati dalle re ­liquie di certe sante; i garofa ­nini sovrapponevano il loro odore pepato a quello protocollare delle rose ed a quello oleoso delle magnolie che si appesantivano negli angoli; e sotto sotto si avvertiva anche il profumo della menta misto a quello infantile della gag ­gia e a quello confetturiero della mortella; e da oltre il muro l’agrumeto faceva stra ­ripare il sentore di alcova delle prime zagare ».

Subito il cervello elettroni ­co ebbe come uno scatto, si mise in moto e scrisse rapi ­damente una pagina di impeccabile prosa piena di raf ­finati e gustosissimi raffronti; immagini, aggettivi, giri di fra ­se, un vero manicaretto del genere; bisognò fermarlo altri ­menti sarebbe andato avanti all’infinito.

Introducendo ancora qual ­che aggettivo reperto nelle prose d’arte di alcuni nostri scrittori in voga verso il 1930 e taluni anche oggi, la mac ­china raggiunse il suo mas ­simo; non c’era più nessuna differenza fra le sue pagine calibrate e quelle perfette e un poco stucchevoli degli scrittori specialisti nel genere.

In certi casi il cervello elet ­tronico, essendosi impadronito del meccanismo abbastanza semplice che produce la prosa d’arte, superava i modelli anche perché era esente di quei momenti di stanchezza che talvolta pesano sui cervelli de ­gli uomini. Le immagini, gli aggettivi ricercati e insaporiti scattavano con una precisione un tantino stomachevole come i tasti di una macchina infal ­libile.

Grosse difficoltà invece in ­contrò il cervello elettronico quando si cercò di avviarlo a una prosa ispirata a pagine dei Promessi sposi; i risultati furono incerti e nebulosi. In quell’occasione si constatò un fatto curioso: più la prosa era semplice e più difficile riusci ­va rifarla o produrre qualcosa che somigliasse al mo ­dello.

Tuttavia dopo alcuni anni il cervello elettronico fu por ­tato alla perfezione e immes ­so nell’uso. I suoi scritti pub ­blicati verso il 1988 nelle terze pagine dei quotidiani soddisfacevano il pubblico, e gli stessi esperti non riusci ­vano più a distinguere le pro ­se dovute al cervello elettro ­nico da quelle prodotte dai cervelli normali.


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