Ritorno sul Mississippi (Mark Twain)

di Manlio Cancogni
[dal “Corriere della Sera”, lunedì 2 giugno 1969]

L’idea di Huckleberry Finn venne a Twain dopo la pub ­blicazione di Tom Sawyer, nel 1876. Lo cominciò subito, ma contrariamente al solito (scri ­veva di getto) non gli veniva. Scrisse allora altre storie, fra cui « Il Principe e il mendico », lasciando Huck nel cassetto.

Nel 1882 Twain che s’era de ­finitivamente stabilito nell’est, non lontano da New York, tor ­nò sul Mississippi come turista; imbarcatosi a Saint Louis scese il fiume fino a New Orleans, lo risalì oltre Hannibal. Erano passati ventun anni da quan ­do aveva lasciato il fiume.

La trasformazione era incre ­dibile. Scomparsi quasi del tut ­to la navigazione e il commer ­cio che avevano fatto della valle la zona più viva, pittoresca e avventurosa degli Stati Uniti. Deserti i porti e animatissime, invece, le stazioni ferroviarie; e dappertutto ponti in ferro, linee telegrafiche, impianti per l’illuminazione elettrica. Di not ­te il fiume era come la Fifth avenue.

Il Mississippi era dunque mor ­to? Il contrasto fra la realtà del presente e i ricordi del pas ­sato fu la scossa salutare che di colpo rianimò la materia del romanzo che lo attendeva da tanto tempo. In un anno il libro era pronto.

Twain era sicuro del suo successo commerciale, e infatti, solo nel primo anno, nonostan ­te l’incapacità dell’editore, che poi era suo genero, incassò 54.400 dollari di diritti d’auto ­re. E’ passato quasi un secolo e Huck continua la sua fortu ­na; gli americani riconoscono sempre nel ragazzo straccione e vagabondo il loro eroe nazio ­nale. Perché?

Innanzi tutto c’è il fiume. Il Mississippi, anche se decaduto come valore economico, continua ad essere il grande perso ­naggio della storia americana.

E’ l’Ole Miss, il vecchio uomo, il centro geografico e storico del paese. E’ maestoso, vario, bizzarro; nonostante le briglie che gli hanno messo in una lotta secolare, è ancora capace di sorprese. Ricorda agli ame ­ricani una vita più intensa, più genuina.

Poi c’è il motivo ispiratore del libro. In partenza Huckle ­berry Finn è la storia di una fuga. Huck fugge dalla vedova che vorrebbe obbligarlo a una vita rispettabile (lui che non sopporta nemmeno le scarpe ai piedi e non vuol privarsi del piacere di bestemmiare, fuma ­re, rubare) e dal padre alcoolizzato che minaccia di ucci ­derlo; mentre Jim, il negro, fugge dalla schiavitù che, seb ­bene in forma blanda, aveva ancora corso nello stato del Missouri. Hanno in mente di raggiungere Cairo, dove il Mis ­sissippi riceve le acque del- l’Ohio, il maggiore dei suoi affluenti. Di giorno stanno na ­scosti nei canneti delle rive, gli occhi su quello che passa, di notte si abbandonano alla cor ­rente. Cala un nebbione che li avvolge mentre la corrente con ­tinua a trascinarli velocissima in mezzo a rami, alberi divelti, rottami alla deriva, e Cairo re ­sta alle loro spalle. Si trovano soli, nella vita.

Sono sicuro che scrivendo il suo romanzo, Twain non pen ­sava a significati simbolici. Ma è certo che la fuga di Huck e di Jim ha un’eco speciale nel cuore degli americani. Ancora oggi, in tutti loro c’è fortissi ­ma la nostalgia della vita pri ­mitiva, libera e vagabonda. Cia ­scuno ha una vedova Douglas che lo opprime. La tentazione di sfuggirle, mettendosi in cam ­mino, lasciandosi il passato alle spalle, di provare una nuova esperienza, è sincera. Anche se negli ultimi cinquant’anni se n’è impadronita la letteratura.

La fuga però riserva delle sorprese ai due ragazzi. Il fiu ­me non è il fedele amico che immaginavano stando a terra. E’ uno sconosciuto, imprevedi ­bile, violento. Brutale, primiti ­va nei sentimenti, nelle pas ­sioni, nei modi, è la vita che trasporta con sé. Passa galleg ­giando, sbilenca sulla corrente, una casa di legno che la piena ha strappato dalla riva. Huck l’accosta, vi entra con Jim sca ­valcando una finestra, e sul pavimento scorge il corpo di un uomo assassinato. La paura non gli impedisce di far man bassa di tutto ciò che trova, adeguandosi alla legge dura dell’esistenza che gli si va ri ­velando. Più tardi, nei bagliori della tempesta, la zattera sfila sotto un vapore mezzo naufra ­gato sulla riva. Huck e Jim vi salgono in tempo per vedere dentro una cabina, due mal ­fattori che al lume di una lan ­terna si stanno preparando ad assassinare un loro collega di rapine.

L’iniziazione alla vita non po ­trebbe essere più cruda. E an ­che questo piace agli americani che si sentono sempre un po’ dei pionieri. E piace perché sanno che non si tratta di pura fantasia. Ogni scena di Huckle ­berry, così come abbiamo visto nel Tom Sawyer, ha una radice nell’esperienza reale dell’autore. La violenza, il delitto, all’epo ­ca, erano un elemento quoti ­diano nella vita dell’America dagli Alleghany alle Montagne Rocciose. In Vita sul Mississippi Twain racconta di un certo Murel le cui imprese erano tali da far impallidire quelle del famoso James Jesse.

La banda di Murel che aveva il suo quartiere generale nell’Arkansas giunse ad arruolare più di mille persone. Ma ecco come nelle sue confessioni Murel racconta un episodio qualunque della sua vita: « Mentre sedevo su un tronco, guardando la strada nella di ­rezione da cui ero venuto, com ­parve in vista un uomo che montava un bel cavallo. Appe ­na lo vidi decisi che mi sarei preso il cavallo se l’uomo ave ­va l’aspetto di un viaggiatore. Si avvicinò e dal suo equipag ­giamento capii ch’era proprio un viaggiatore. Mi alzai, gli puntai contro un’elegante ca ­rabina e gli ordinai di smon ­tare. Ubbidì. Io presi il cavallo per la briglia, poi indicai al ­l’uomo il ruscello e gli ordinai di avviarsi a piedi davanti a me. Percorse qualche centinaio di metri e si fermò. Io legai il suo cavallo a un albero e poi ordinai all’uomo di spo ­gliarsi in camicia e in mutande e di voltarmi la schiena. Disse: ” Se sei deciso ad uccidermi, dammi il tempo di dire una preghiera prima di morire. Gli dissi che non avevo il tempo di stare a sentire la sua preghiera. Si voltò, si lasciò cadere in ginocchio e io gli sparai alla nuca. Poi gli squarciai il ventre, gli levai le viscere e lo gettai nel fiume. Frugai nelle tasche del suo vestito e ci trovai quattrocento dollari e trentasette cents, e molti fogli che non persi tempo ad esaminare. Get ­tai nel fiume il portafoglio, i fogli e il cappello. Gli stivali erano nuovi di zecca e mi sta ­vano alla perfezione ».

L’americano si riconosce vo ­lentieri in questa realtà; in lui sopravvive l’uomo della fron ­tiera, il cow-boy, che risolve a revolverate o a cazzotti i suoi problemi. Twain ha trascritto per intero la confessione di Murel in Vita sul Mississippi. Evidentemente gli piaceva. Per l’evidenza dello stile potrebbe essere accolta in Huckleberry Finn. Sembra il modello a cui s’è ispirata tanta narrativa americana del nostro secolo.

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