LETTERATURA: I MAESTRI: I bibliomanti20 Dicembre 2018 di Giorgio Vigolo Il mercato dei vecchi libri a Roma ha avuto varie sedi e fortune. Non ho potuto co noscere, naturalmente, quello che al tempo del Belli si teneva ancora a Piazza Navona, ma sono stato un assiduo del la Piazzetta del Paradiso, do ve venne poi trasferito, ac canto a Campo di Fiori; e ogni mercoledì, giorno del mercato, vi arrivavo verso mezzogiorno come a un appuntamento cui non si vuole mancare. La piazzetta dove s’intravede sui tetti la cupola di sant’Andrea della Valle, era affollata di bouquineurs e anche di donne eleganti che vi venivano più che altro per gli antiquari e tanta paccottiglia di cose stra ne. La cannonata di mezzo giorno mi trovava quasi sem pre lì curvo a sfogliare tomi d’ogni sorta. Dalle trattorie veniva un tintinnio di stovi glie, squillavano i grammo foni dei venditori di dischi, ci s’incontrava con gli amici me glio che in un salotto o in una biblioteca e per di più con quegli antichi personaggi dei libri che anch’essi erano lì di casa, i classici, gli umanisti, in quel rione che vide le pri me tipografie, e passeggiare lì intorno Annibal Caro e il Cellini, Raffaello e Pietro Are tino. Al mercato dei libri faceva contrasto, lì dietro, nella piaz za di Campo di Fiori, il mer cato delle cibarie; e i colori stessi dicevano due mondi di versi; le pergamene, le pagine ingiallite da una parte e dal l’altra i quarti vermigli di bue, il luccichio dei pesci, il fa sto delle verdure, i mucchi do rati degli aranci. Eppure i due mercati prestavano l’uno al l’altro qualche cosa a cui al trimenti non si sarebbe pen sato; le materie per il nutri mento dei vivi si accostavano inaspettatamente a quegli ali menti larvali, a quelle crisalidi di passioni disseccate nei li bri. Ma anche i libri tornava no ad avvicinarsi alla vita, entravano di nuovo nel suo mulinello per quella combina zione che li faceva incontrare a caso con i vivi di adesso. Opere che non avremmo mai avuto occasione di aprire ap prodavano alle bancarelle a crolli periodici da biblioteche insigni, naufragate nelle demo lizioni del Corso del Rinasci mento o di Via dell’Impero, col rovinare delle fortune de gli ultimi eruditi e le vendite precipitose degli eredi. * La verità è che quei libri portati lì dalla sorte si crea vano attorno un’aura piena di tentazioni, accendevano un pericoloso libertinaggio intel lettuale: quello dell’avventura libresca. Poiché da un libro tutto ci si può aspettare, da un momento all’altro, anche un cambiamento di vita oltre che di idee; ed è sulle banca relle che il vero don Giovanni va a caccia di occasioni, co me di carte nautiche dove indovinare la vera rotta del suo destino. Infedele a qualunque defi nizione di sé, restio a lasciar si incasellare in una qualsiasi categoria, magari la più no bile, delle arti o delle disci pline, questo nemico giurato della specializzazione, questo amante sempre inappagato dell’indefinito e dell’improba bile, va spiando nei libri co me in tante serrature il se greto della vocazione degli al tri e l’affascinante eventualità di cambiare la propria. Eccolo il grande peccato dell’inguaribile « dilettante », quello che più difficilmente gli sarà perdonato: non viene mi ca a cercare i libri a cui è legato da un antico amore o dai suoi studi, di quelli anzi non si cura affatto come di partita già chiusa. Lo vedrete invece esplorare trattati di al chimia, un manuale di com posizione e contrappunto, una somma teologica, una gram matica ebraica, un’opera sulle rocce o sulle nuvole, una teo ria dei colori. Ognuno di que sti argomenti lo invoglia, gli fa immaginare ricerche appas sionanti. La molla che lo spinge è la speranza di incontrare qui quel libro fondamentale e decisivo che non potrebbe trovare se non in questa ispirata biblio teca del caso, dove la Fortuna stessa coi suoi occhi bendati è bibliotecaria. Essa gira qui la ruota delle vocazioni e degli estri, e li distribuisce a chi vuole, come i mucchi d’oro sui numeri e i colori del tavolo da giuoco. Essa re gala così il capolavoro o la scoperta al « dilettante » e la scia che lo specialista si rom pa inutilmente le nocche su una sola porta che non gli verrà mai aperta. E così sulle bancarelle del Paradiso ti met teva nelle mani libriccini più preziosi che talismani, i quali avevano il potere di cambiare corso ai pensieri e avviarli verso direzioni inaspettate do ve forse potevi finalmente in contrare il vero te stesso. Poiché, degli infiniti sbagli ed equivoci ed errati recapiti dell’esistenza, il più comune si ha nelle presunte vocazioni e nella scelta delle professio ni, con cui ci si accoppia quan do poco o nulla ancora si sa di se stessi e del mondo. Perciò, come può capitare che un uomo, dopo vent’anni di insipido matrimonio, scopra i suoi gusti e si innamori la prima volta, così può ca pitare che un altro, dopo aver creduto, trent’anni di seguito, di essere un medico, si scopra all’improvviso pittore, e il pit tore tribuno e il tribuno col lezionista di francobolli. Per ognuno di questi che non avevano ancora capito la loro vocazione, il libretto pe scato a caso poteva essere lo spunto che li aiutava a rico noscerla. In realtà essi veni vano qui come a farsi leggere la mano o farsi fare le carte. Venivano insomma a fare una magica operazione che si po trebbe chiamare di « biblio manzia »; e per loro non sa rebbe andato male il nome di « bibliomanti ». * Una delle tante cose che so no cambiate nella Roma di questo secondo dopoguerra è anche il mercato dei libri che si fa ora in Piazza Borghese, accosto al palazzo in forma di clavicembalo, con la tastie ra sulla Via di Ripetta e la coda sghemba lungo la piazza. L’appassionato bouquineur, ancora alla ricerca della sua vocazione, vi arriva di mez zodì come arrivava sulla Piaz zetta del Paradiso. La luce di primavera è già splendente e mite al tempo stesso, favore vole alle scoperte. E quante scoperte egli fa! Uno dopo l’altro, ecco venir fuori i li bri da tanto tempo cercati, e tutti a prezzi minimi, nascosti fra la minutaglia degli scarti. Lui compra e compra, felice come non è stato mai e so vraccarico; alcuni ne caccia nelle tasche della giacca e del cappotto, altri se li porta fra le braccia, a torre, a colonna. Vorrebbe prendere una car rozzella, come la prendeva una volta a Campo di Fiori, e il caso benigno gliene fa tro vare una superstite. E’ pro prio, questa sua, una mattina di fortuna. Vi sale come eb bro, con un leggero capogiro. Il cavalluccio passa il pon te, a uno schiocco di frusta del vetturino si avvia di trot to per il viale lungo il fiume. Ed ecco è già arrivato al por tone della sua casa sul Lungo tevere; e lui sorride perché non gliela fa a scendere con tutti quei libri. Ma quell’im barazzo lo fa svegliare; e al lora si ricorda che in quella bella casa dove era nato, con le finestre sugli alberi e sul fiume, non abita più da tanti anni; e che il Lungotevere, il bel viale di acacie, passeggia ta preferita di poeti e di innamorati, non esiste più, perché è stato da molti anni sventrato per la costruzione dei nuovi sottovia.
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