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LETTERATURA: I MAESTRI: L’America vista dall’aldilà. Intervista con Saul Bellow

5 Luglio 2012

di Alberto Arbasino
[dal “Corriere della Sera”, venerdì 20 febbraio 1970]

Roma, febbraio.

Saul Bellow passa per Roma fresco e ridente, arrivando dall’Africa e diretto in patria, do ­ve lo aspetta la prima grossa controversia letteraria degli anni Settanta. Veniva già in ­fatti acclamato, concordemen ­te, gran maestro della narra ­tiva degli Stati Uniti, prima ancora di pubblicare il suo ca ­polavoro, Herzog, esuberante pinnacolo monumentale sopra una galleria modernissima di « picari » americani in crisi. E sembrava avere esplorato ogni possibilità di follia e di sag ­gezza compresa fra il dram ­ma sarcastico e la tragedia sardonica, fra l’omino di Chaplin e il Leopold Bloom di Joy ­ce: pietà ironica e mansuetudine verbosa, vocazione esibi ­zionistica al martirio e deci ­sioni esistenziali prese sui 50 anni, però frustrate da acciden ­ti dolorosi o grotteschi… Fi ­nalmente, nel ’64, l’incompara ­bile Moses Herzog soggiaceva a un paradossale disturbo psi ­cosomatico forse freudiano e forse mozartiano, in un deli ­rante sventolio di missive in ­dirizzate ai congiunti e agli amici, nonché al generale Eisenhower, all’Herr Professor P. Nietzsche, al rev. padre Teilhard de Chardin… E guada ­gnava al suo autore il cospicuo Premio Formentor.

Ora, a 55 anni precisi, nel suo semi-ritiro di Chicago, Bel ­low ha appena prodotto un nuovissimo romanzo filosofico immediatamente accolto come una bomba ideologica-eroicomica. Il pianeta di Mr. Sammler esamina infatti gli Stati Uniti d’oggi, e tutti i loro problemi più bollenti, da un punto di vista addirittura « al di là » della sapienza europea più an ­tica e più scettica… « Si trat ­ta di un ebreo polacco molto vecchio, che è stato letteral ­mente sepolto vivo, dai nazi ­sti, nel ’41, ed è strisciato fuo ­ri dalla sepoltura; e ha ripre ­so a vivere, ma senza una ve ­ra voglia di esistere… », spiega Bellow, molto calmo e serio. « E questo sopravvissuto oggi, a Manhattan, giudica il nostro tempo, i contemporanei, e l’A ­merica, come dall’oltretomba… Però involontariamente ripren ­de a vivere, per la forza della sua coscienza individuale ».

 

La metropoli malata

 

Il vecchio campa male, alle spalle di un anziano nipote che sta morendo in clinica; e fin ­ge di lavorare a una memoria su H. G. Wells, che ha cono ­sciuto a Londra tanti anni pri ­ma. Però non fa niente. Si tro ­va in mezzo agli squallori e al ­le violenze e ai conflitti della spaventosa metropoli fatiscen ­te; e osserva, medita, riflette… E Bellow si immedesima con forza nella « tesi » del suo pro ­tagonista, la riaffermazione della personalità umana nei confronti delle diverse tenden ­ze che tirano a modificarla nel nostro secolo. « Da un lato, i politici come Lenin e i dram ­maturghi come Brecht sosten ­gono la doverosità della subor ­dinazione dell’individuo alla collettività, o addirittura il sa ­crificio strumentale del singolo per il bene ipotetico di una so ­cietà futura. D’altra parte, ec ­co il pessimismo umanistico dei poeti eleganti come Eliot e Valéry, così scettici e cosi depressi sull’esito del conflitto fra la sensibilità individuale e l’Oggettivo… ». Spiega meglio: « Questo tipo di alienazione sarà stato possibile nel Medio ­evo per ragioni fortemente re ­ligiose, e posso comprenderlo bene. Ma nel nostro secolo, non vedo come giustificarlo… Do ­po tutto, la coscienza della per ­sonalità umana è una conqui ­sta tutt’altro che antica, per le masse: fino a due secoli fa erano servi, contadini, operai… ma non persone umane… ».

Ora, nel suo romanzo, Nuova York, metafora dell’America, viene vista come un’antica me ­tropoli alessandrina, più fra ­nante di Napoli e più decrepita di Salonicco, attraverso gli oc ­chi non già di un giovane ame ­ricano, ma di un vecchissimo europeo « che è già stato mor ­to »… Cosa ne pensa Mr Samm ­ler? « Già. La forza politica del vecchio ceppo anglosassone è sempre stata scarsa, nonostan ­te le apparenze. Però l’Ame ­rica è un paese dove è impos ­sibile concepirela Rivoluzione: al contrario dell’Europa, giac ­chéla Rivoluzionepresuppone il feudalesimo, e questo feno ­meno in America non è mai esistito. Quindi mancano le basi… Tuttavia, l’unico poli ­tico riuscito, negli Stati Uniti, è stato Roosevelt: perché aveva piglio, perché aveva un pro ­gramma forte e concreto, ma anche perché si presentava co ­me patrizio facoltoso, membro dei clubs più signorili; e para ­dossalmente, istintivamente, le masse credevano in questo si ­gnore con tanta pratica di yacht e di golf, e si fidavano… Perché questo non è mai più riuscito a nessun altro, e meno che meno ai Kennedy? Perché si fondavano su tradizioni so ­ciali e culturali molto più re ­centi e più fragili; ma anche perché dànno costantemente l’impressione di non avere in mano niente. Infatti il Pen ­tagono fa la propria politica, le industrie fanno i propri co ­modi, le città si sviluppano caoticamente, e tutti i servizi pubblici sono in stato di col ­lasso ».

Mr. Sammler non nasconde davvero la sua antipatia per i giovani d’oggi. Ma io vorrei sentire quali sono i nessi pro ­fondi tra Bellow e uno scrit ­tore che gli rimane tanto affi ­ne, Italo Svevo. Risponde su ­bito: « Mi sembra ammirevole nell’individuare una costante di tutto il mondo borghese con ­temporaneo, l’adolescenza lun ­gamente protratta (nella Co ­scienza di Zeno) e la vecchiaia precoce (in Senilità), e il ra ­pido passaggio dall’una all’al ­tra nell’uomo contemporaneo incapace di vera maturità per ­ché privo di modelli di com ­portamento adulto ».

 

Nevrosi giovanile

 

Questa è una fissazione di Mr. Sammler: la diffidenza ver ­so la giovanilità come culto e come moda. Bellow riflette: « Si tratta, a ben guardare, di uno stesso fenomeno, che si pre ­senta agli inizi del secolo in Inghilterra come smania ottu ­sa per lo sport fine a se stes ­so… E in Francia, come curio ­sità di figli di papà desiderosi di sperimentare direttamente la violenza imparata sui libri, magari di Sorel: dunque Malraux in Indocina, e Montherlant alla corrida… e perfino le infiammate prefazioni di Sar ­tre ai testi di Frantz Fanon… Però anche le trovate dei sur ­realisti, le provocazioni del da ­daismo… » Riflette: « Però, a ben considerare, tutto il gran ­de humour moderno è basica ­mente giovanile, studentesco: consideriamo Alfred Jarry, per esempio… E perfino Joyce è no ­tevolmente goliardico… ». Sog ­giunge: « In America, invece, la generazione uscita dalla Grande Guerra e dalla psicana ­lisi si sentiva talmente com ­pressa dall’autorità dei geni ­tori che ha stabilito di compor ­tarsi coi propri figli secondo la permissività più liberale.

Come risultato, questi figli ritengono che ‘tutto ci è dovu ­to’. Ma qui, lungo le genera ­zioni, si sviluppa una speciale neurosi giovanile. Proclamano l’Amore ma praticano aperta ­mentela Misantropia. Ela gio ­ventù americana mi sembra og ­gi molto chiusa. E non mi sem ­bra un risultato felice l’avere espulso dalla propria area af ­fettiva i Genitori per ammet ­tervi i Negri, e finalmente per ­seguitare i Vecchi per estro ­metterli al più presto dalla vi ­ta… ».


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Bart