LETTERATURA: Il commissario Renzi e Jacopetti vanno a pescare
16 Aprile 2022
(Estratto dal mio giallo “Giulia”, 1994)
Si era a metà giugno, ma come ormai succedeva da moltissimi anni, il caldo non era ancora arrivato e, se si aveva la fortuna di imbattersi in una giornata di cielo sereno, il sole, ancora tiepido, metteva nel sangue il buonumore. La natura sa essere bella, se vuole renderti felice, e quella domenica si poteva dire che la natura avesse dispiegato tutta la sua seduzione. Maria e Esterina stavano con la testa adagiata sullo schienale, le sottane tirate su a metà coscia e le gambe allungate. Maria teneva i piedi incrociati e le mani sul grembo; Esterina, invece, le teneva aperte, una gamba di qua e l’altra di là, proprio stravaccata, e le braccia abbandonate lungo i fianchi della sedia. Pareva che se lo volesse godere tutto, quel sole galante.
«Cara Maria, sono proprio degli strani tipi i nostri mariti. Guardali come sono buffi in mezzo all’acqua. Loro credono di darcela a bere, e si dànno delle arie, ma stasera si torna a casa coi cesti vuoti, e anche questa volta, se non vorranno fare la figura dei fessi con gli amici, dovremo fermarci a comprarli al mercato. Ci faranno scendere noi a scegliere il pesce, come al solito, perché loro si vergognano, e non riconoscono una trota da uno scorfano. »
Mentre teneva la canna, il commissario ogni tanto si arricciolava i baffi. Aveva sulla testa un cappellaccio di tela verde, e così anche Jacopetti. Tiravano su, ma ancora non si vedeva niente. Rilanciavano la lenza.
«Ora poi, ci hanno per le mani il caso di quella bella donna, trovata morta. Te ne ha parlato, tuo marito? »
«Eeeh, se me ne ha parlato. Vedi, Maria, mio marito per me è come un libro aperto. Quando vuol nascondermi qualcosa, io lo scopro dai suoi occhi che lui, invece, muore dalla voglia di dirmelo, e allora gli tendo la trappola, e lui ci casca tutto contento, e non la finisce più di raccontare come sono andate le cose, e mi tiene sempre aggiornata. A volte, guarda, mi fa una barba… Quando rientra a casa la sera, non fa in tempo a levarsi la giacca che io so già tutto. È troppo buono per essere un poliziotto. Ha un cuore grande così. »
«Lo so da mio marito che il tuo Sandro ha un cuore d’oro. Luciano gli è affezionato. »
«Hanno scelto però un brutto mestiere. Anche quando rientrano a casa, hanno la testa altrove. Non hanno orari, e sono sempre stanchi. Arrivano, mangiano un boccone, ci raccontano le ultime cose, e poi vogliono andare a riposarsi. Io non so se con te è la stessa cosa, ma quando siamo a letto, lui ha sempre voglia di dormire, e all’amore lo facciamo sì e no una volta al mese. »
«Allora sei fortunata, perché Luciano comincia a scordarselo di fare all’amore, e di averci una moglie che è anche una donna. Ma io lo capisco. È un mestiere duro, il loro. Occupa il cervello, e quando il cervello è stanco, a tutto pensa fuorché all’amore. E poi, abbiamo da fare i conti tutti i giorni coi soldi che non bastano mai. Tu almeno non hai figli, e, credimi, coi tempi che corrono, è una fortuna anche quella. Quando meno te l’aspetti, e pensi di farcela ad arrivare in fondo al mese, ecco che ti capita una spesa imprevista per i figli. Rischiano la vita i nostri sposi, e li pagano una miseria, nemmeno abbastanza per allevare decentemente i propri figli. »
«O anche per farci un regalino di tanto in tanto, a noi mogli, che stiamo sempre con l’angoscia che capiti qualche disgrazia. »
«Io, i regali me li sono levati dalla testa già da un pezzo, Esterina. Povero Luciano. Non posso dargli anche questo rimorso. E così un giorno gliel’ho detto chiaro. L’ho guardato negli occhi, era la vigilia del mio compleanno, perché devi sapere che noi festeggiamo solo i compleanni, le altre feste, che hanno inventate per farci buttare i soldi, noi non le consideriamo neppure, si starebbe freschi. Allora, l’ho guardato negli occhi e gli ho detto seria seria: “Luciano, questa volta tu devi metterti in testa che io non ne voglio di regali. I soldi non ci bastano per le cose necessarie, figurati se posso permetterti di spenderli per il superfluo. Non te ne devi avere a male, se ti dico che sono soldi buttati. I regali sono uno spreco che non ci possiamo permettere.” »
«E lui? »
«Ha brontolato un po’, e poi mi ha dato ragione. Lo sapevo che pesava anche a lui di buttare i soldi a quel modo. Così ora siamo più contenti, perché quando arrivano i compleanni, noi non ci abbiamo i pensieri, e festeggiamo con un bel vassoio di paste. Si stappa una bottiglia di spumante, ed è la festa più bella che si possa fare, dato che quello che conta è la tranquillità, e di avere la coscienza serena. Perché se i soldi non li sprechi, beh, questo fa bene anche alla coscienza. »
«Però, lo Stato dovrebbe pagarli di più. È una vergogna, che per tutte le ore che lavorano, spesso anche quindici, sedici, a volte non tornano neppure a dormire, lo Stato gli mette in mano quei quattro soldi di miseria. Senza contare che quasi sempre rischiano la vita. »
«La rischiano sempre. Altro che quasi. Perché quando si ha a che fare con la delinquenza, come puoi essere sicura che tutto vada liscio? I delinquenti mica ci pensano alla vita di un poliziotto, e che è un uomo come gli altri. »
«Guarda là, Maria. Forse tuo marito ha preso qualcosa. » Sollevarono le teste dallo schienale. Il commissario, infatti, stava avvolgendo piano piano la lenza, e Jacopetti si era voltato a vedere.
«Dev’essere bello grosso, commissario » esclamò Jacopetti. Era invece una vecchia scarpa, e si misero a ridere tutti e due, e dalla riva risero subito anche le mogli.
«Guarda che non sia una delle tue » gridò Maria per gioco. Infatti, quella scarpa attaccata alla lenza era grande e grossa proprio come una delle sue, che aveva lasciate nel bagagliaio della macchina, quando si era messo gli stivaloni.
«Certo che i piedi, tuo marito li ha davvero come barche. Hai proprio ragione quando dici che lui in fiume non ci può affogare. Basta che si metta a camminare e sta sull’acqua proprio come Gesù. »
«Da chi avrà preso. Io, i genitori li ho conosciuti. Erano persone normali, anzi coi piedi piccini piccini. »
«Si può prendere anche da qualche antenato, o da qualche parente. »
«Parenti con quei piedi non ne ha. Li conosco tutti. Degli antenati non so nulla. Lui è contento, però, e dice che ci si trova bene. Si sente sicuro, ben piantato a terra. » Renzi si era liberato della scarpa, che ora l’acqua trascinava via. Dopo un po’ scomparve, inghiottita dal fondo. Poco più in là, si erano aggiunti altri pescatori, e pareva che avessero più fortuna. Maria se ne accorse.
«Il posto più brutto l’avete scelto voi. Siamo arrivati per primi e siamo stati capaci di metterci proprio nel punto sbagliato. Vedi di spostarti, Luciano, o faremo la figura di quattro sciabigotti. »
«Chetati, e accontentati di prendere il sole. Se strilli ancora, li scaccerai, i pesci. »
«Ma scacciarli da dove? Dove siete voi, ci sono solo sassi, e voi due mi sembrate Don Chisciotte e Sancio Panza. Se non andate più in là, pescherete l’altra scarpa, gemella a quella di prima. »
«Ti piace sfotterci, eh? Ma ti ci vorrei vedere te, qui, a mollo nell’acqua. »
«Sei te che dici di essere un gran pescatore, mica lo dico io. Allora fammi vedere due pesci. »
«Lo senti, Jacopetti, le nostre donne vogliono vedere due pesci. Che si fa? Glieli facciamo vedere? » Maria capì il sottinteso e lo capì anche Esterina, che rise sotto i baffi.
«Ora dimmi, Esterina, se son discorsi da fare, e se non meriterebbero una risposta come si deve. »
«Fanno tanto i gradassi, ma quel pesce lì che ci vorrebbero far vedere, è da tanto tempo che se ne sta nascosto, e dorme chissà in quale tana, e son sicura che nemmeno ora si sveglierebbe. »
«Hai sentito, Luciano, che ne pensiamo noi dei vostri pesci? Dormono, dice Esterina. »
«Dormirà quello di Jacopetti, ma il mio è bello vispo. »
«Se è per quello, commissario, il mio lo sento guizzare, e devo badarci perché non mi scappi. » Si era avvicinato, Jacopetti, per ascoltare meglio.
Gli rispose Esterina: «Lascialo scappare, son curiosa di vedere dove va. »
«Non certo da te, brutta strega. » Ma lo disse ridendo.
«Coi vostri pesci, non ci si frigge un bel nulla, Luciano. Né in padella né dove m’intendo io. Quindi datevi da fare. » Si era alzata in piedi, Maria. Qualcuno dalla strada aveva udito. Allora si fermò ad ascoltare. E con lui, a poco a poco, altre persone, e si formò così un capannello di gente. L’ultima frase detta da Maria riscosse un bell’applauso, che sorprese le due donne, che non s’erano accorte che c’era gente ad ascoltare. Ma non il commissario. Fu lui a commentare l’applauso.
«Le donne hanno la chiacchiera più degli uomini, ma se stringi, non acchiappi nulla. Loro chiedono il pesce, ma quando glielo dài, dicono che non hanno appetito. Soprattutto quelle sposate. »
«Io dico, invece, che se il pesce è buono, non c’è donna che non lo mangi. » Era un vecchietto arzillo, che stava appoggiato con la schiena alla canna della sua bicicletta. Maria si era zittita. Invece, Esterina faceva fatica a tenere a freno la lingua. Era un po’ più magra di Maria, e il pepe ce lo aveva addosso.
«Che faccio, gli rispondo? » domandò sottovoce all’amica.
«No. Lascia perdere. Non sta bene che noi donne si parli in pubblico a questo modo. Non me n’ero accorta, altrimenti mi chetavo. »
«A me, invece, piace discorrere coi doppi sensi. »
«Beh, » disse Renzi «la pesca è finita. Buono o cattivo, il pesce di qui non è passato e il canestro è vuoto. Che ne pensi, Jacopetti, ci ritiriamo? »
«Non è la nostra giornata. Andò meglio l’ultima volta, si ricorda, commissario? »
«Tanto, lo avremmo regalato il pesce. »
«Io no. Io non lo regalo mai. Me lo mangio. Esterina lo sa cucinare molto bene. »
«È sempre quel pesce di prima, che sa cucinare bene sua moglie? » Era il vecchietto arzillo, che era rimasto solo, ora.
«Cucina bene soprattutto quello, brav’uomo. Ci fa un sughino da leccarsi i baffi. »
Esterina si dimenò sulla sedia, tutta contenta di quel complimento.
Il libro, qui (c’è anche l’edizione in inglese).
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