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LETTERATURA: Il rogo delle scarpe

2 Dicembre 2008

di Nicola Dal Falco

Lemme la signora avanza, seguendo la curva della via con il passo di chi lascia la vecchiaia e ha giusto il tempo dell’uscita. Sembra leggera, ma senza volare. Svuotata eppure ricca di ore trascorse. Potrebbe parlare, ma cammina lemme con ai piedi due vene d’oro. Così d’oro da avere i lacci lunghi. Benedette scarpe con la suola rialzata per tenere in punta di sguardo la corta età che dalla vecchiaia trascorre in vecchiezza, al di là d’ogni attesa e spaesamento.

Solo in un mondo perscrutabile, disegnato in molte mappe, sempre da aggiornare, si acquistano scarpe, altrimenti a che pro? Penso all’amico che proprio ieri mi disse di aver comprato cinque paia di church’s, cinque in un colpo solo, precisando che quando morirà bruceranno tutte con lui. Me la immagino la catasta di scarpe, centinaia appena usate e lucentissime, con le ultime in cima che per un po’ riverbereranno la fiamma che le consuma. Non un rogo di vanità, ma di sentieri numerati.


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5 Comments

  1. Commento by Daniela — 2 Dicembre 2008 @ 20:27

    Queste scarpe che ci sopravvivono…
    Meritano il rogo.

  2. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 2 Dicembre 2008 @ 20:56

    E dopo la morte ci perderemo del tutto come le scarpe sul rogo? Io credo e spero di no. Almeno dovrebbe resistere l’essenza del nostro percorso. Io, addirittura, ho fede nell’altra vita.
    Cammeo intenso, dalla lucida simbologia, che si integra appieno alla stessa vicenda umana, per cui non possiamo sottrarci alla pesante ipoteca temporale
    Gian Gabriele Benedetti

  3. Commento by Daniela — 8 Dicembre 2008 @ 14:08

    Senti un pò, Gian Gabriele, cosa arrivo a pensare: che non solo, dopo il rogo delle scarpe, possa resistere l’essenza del nostro percorso, ma che addirittura esso continui a diramarsi ed ampliarsi con un effetto “onda lunga”.
    Questo, se ci consente di eludere (in parte) l’ipoteca temporale, ci riempie però di timore per ogni passo che facciamo.

  4. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 8 Dicembre 2008 @ 15:29

    Anch’io, Daniela, mi sento avvolto dal timore di ciò che ci può accadere non solo in vita, ma anche dopo. E vivo in ansia. Credo che ciò avvenga per molti di noi. L’incertezza del del domani e del dopo mi assilla non poco, anche se ho una fede. Forse questa fede non è troppo sentita? Ma penso che i dubbi siano anche necessari. Li avevano pure i Santi, figurati io! Ricordo quanto sosteneva il Foscolo: dopo la morte ciò che rimane di noi è la memoria delle azioni, specie se grandi. Per questo auspicava grandi sepolcri per gli uomini illustri, quasi dovessero e volessero essere un esempio per i posteri. Per lui, come per il Leopardi, esisteva solo “il nulla eterno”.
    Condivido, Daniela, il tuo pensiero, non mi sento d’accordo del tutto con i due grandi poeti
    Gian Gabriele

  5. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 8 Dicembre 2008 @ 15:42

    Eppure, Daniela, quell'”onda lunga” e la fede (chi la possiede), pur nel timore d’ogni passo, che dobbiamo compiere con la massima consapevolezza, ci aiutano non poco a vivere e ad avere una qualche speranza (o è soltanto un’illusione?)
    Gian Gabriele

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