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LETTERATURA: INCIPIT: Elena Torre: “L’ultimo Sileno”, Sassoscritto, 2008

1 Agosto 2008

Premessa.
 
Mi sono chiesta più volte se fosse utile scrivere ancora qualcosa sul Signor G, se avesse senso mettersi davanti ad uno schermo, osservare la registrazione di uno spettacolo andato in scena molti anni fa ed aver voglia di ‘dire’ la propria.
Molto è stato scritto, da penne di gran lunga più autorevoli della mia e tutto o quasi è stato analizzato, scandagliato, scomposto e ricomposto.
C’è chi ha acceso un riflettore sulla musica, chi sulle parole, chi si è dato un gran da fare per trovare modelli precedenti o possibili contaminazioni nell’opera di Gaber – Luporini. Critici importanti, giornalisti attenti lo hanno seguito, recensito, lo hanno amato o meno.
Io sono tra quelle persone che lo hanno conosciuto, e lo ha fatto in un momento importante, in un’età difficile da dimenticare. Avevo diciotto anni. Prima di allora Giorgio Gaber era solo una voce registrata, un cantautore amato dai miei genitori, una figura astratta, lontana come lo sono tutte le voci che volenti o meno entrano a far parte della personale colonna sonora della tua vita.
Così la ‘torpedo blu’ ‘il bar Casablanca’ ‘il Riccardo’ erano per me  oggetti, luoghi e personaggi che a pieno diritto abitavano il mio immaginario.
Poi il caso, forse, mi condusse a La Versiliana e una mano invisibile fece scorrere parallela la mia vita a quella del Signor G.
Eh sì! Per me Gaber era il Signor G, nonostante insistesse perché lo chiamassi Giorgio, e le nostre giornate si sovrapponessero sotto i pini del parco, mentre le ‘Storie del signor G’ (lo spettacolo) prendevano corpo e si preparavano ad andare in scena.
Già allora sapevo che stavo vivendo un momento importante, una porzione di vita che avrei ricordato. I miei coetanei in quella lontana estate del 1991, davano il meglio di sé frequentando i locali della Versilia, stendendosi al sole, mentre io, la lunatica, la strana, la cupa, a detta loro, preferivo starmene a sentir chiacchiere al Caffè di Romano Battaglia e assistere alla costruzione di uno spettacolo di un cantante oramai ‘datato’.
A quell’epoca lavoravo per una radio privata, Radio Station Versilia e proprio grazie ai suoi microfoni potei avvicinare Gaber e fargli la mia prima intervista.
Ricordo ancora l’emozione di quando mi fu comunicato che nel giro di pochi giorni l’avrei incontrato.
Parlai con i miei genitori, volli sapere tutto, ascoltai le parole delle sue canzoni per la prima volta, pur avendole sentite in mille altre occasioni, capii che avrei voluto conoscere ogni cosa su quel ‘buffo’ uomo che tanto mi aveva incuriosito.
L’intervista fu l’inizio di un rapporto bellissimo. Ricordo quell’estate come un dono e anche riguardandola con gli occhi di adesso, non ho rimpianti.  La ragazzina che ero seppe cogliere l’importanza di assistere alle prove, di vedere e rivedere, ascoltare e riascoltare, di osservare e cogliere le sfumature di una voce che forse non capivo, ma che mi arricchiva.
 Da allora sono state molte le occasioni in cui ho rincontrato Giorgio Gaber, tante le domande che gli ho rivolto, molte le cose che mi ha raccontato, gli spettacoli a cui ho assistito, un albero di possibilità che ha potuto crescere grazie a quelle pallide radici sprofondate nell’estate di tanti anni prima.
Poi l’università, la scelta di un percorso di studi che mi portasse a studiare il teatro,  che mi desse gli strumenti per imparare a vederlo, trovare il modo corretto di poterne parlare a ragion veduta e da lì la decisione di laurearmi in Storia del Teatro, scrivere una tesi proprio su quello spettacolo che anni prima mi era entrato dentro senza più uscirne.
La proposta, l’approvazione, poi la doccia fredda… era troppo sperimentale, su Gaber c’era poco materiale, poco da scrivere secondo gli accademici ed ecco venirmi proposta una tesi su Carmelo Bene.
Tre sguardi si sovrappongono oggi su queste pagine: quello di una ragazzina di diciotto anni, di una studentessa universitaria e della persona che sono diventata.
Inizierò col rileggere lo spettacolo cercando di offrire un altro punto di vista prestando i miei occhi al lettore.  

SCHEDA LIBRO
Titolo: Giorgio Gaber, L’ultimo sileno
Autore: Elena Torre
Editore: Sassoscritto Editore
Pagine: 127
Prezzo: Euro 15
Isbn/ean 978-88-88789-68-2

CONTENUTO
Su Giorgio Gaber è stato scritto tutto. E’ stata analizzata la sua musica, c’è   chi si è soffermato sui contenuti   cercando di trovare agganci con modelli preesistenti. Molti critici lo hanno recensito nel bene e nel male.   Ma come sempre accade nella vasta opera di un’artista grande e pieno di sfaccettature   come Giorgio Gaber,   c’è sempre   un luogo inesplorato e più intimo che va oltre   la lettura comune.
Elena Torre aveva appena diciotto anni quando incontrò Giorgio Gaber;   per lei   era la voce che stava dietro a canzoni che i suoi genitori canticchiavano da sempre poi, conoscendolo, si è innamorata   del suo mondo, del suo essere uomo che si poneva interrogativi. Un uomo, che aveva l’esigenza di capire non un messaggero profetico, come fu definito da   molti critici, ma una persona “che viveva con gli occhi aperti il tempo in cui respirava“.
“L’ ultimo sileno ” è un percorso non tradizionale all’interno   di un’opera sempre attuale che,   attraverso un’analisi accurata,   ci conduce   nell’anima del sig. G.
Il libro indaga anche sul legame inscindibile tra la pittura di Sandro Luporini e   la musica   di Giorgio Gaber, su un’unione professionale profonda nonostante “due vite diverse, due percorsi distanti, due modi di percepire la realtà differenti“, che ad un certo punto si incontrano,   si fondono, dando vita ad un prodotto di grande intensità.  

NOTA BIOGRAFICA
Elena Torre nasce a Viareggio il 30 ottobre 1973. Dopo una formazione giornalistica presso alcune emittenti radiofoniche locali, si dedica alla carta stampata. Consegue la laurea in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Pisa e nel 2005 il suo racconto Prima dell’alba è tra i vincitori del concorso Racconti nella Rete ideato da Demetrio Brandi e pubblicato sull’antologia edita da Newton & Compton. L’ottobre 2005   segna il suo vero e proprio esordio narrativo con l’uscita del suo primo romanzo 10a Personale di Julie Valmont     (Mauro Baroni Editore) che pone all’attenzione di critica e pubblico un’affascinante viaggio nell’arte alla ricerca di un meta linguaggio tra pittura, scrittura, musica ed emozione. Con questo libro vince il Festival delle Arti 2006 e viene segnalata dalla giuria del Premio Marco Tanzi.
Nel luglio 2006   è coautrice di un’incantevole pubblicazione per bambini Gli indovinelli della Principessa Turandot (edizioni ETS). Inizia una collaborazione con la pagina di Società e Costume del quotidiano Il Tirreno. Nel dicembre 2006 riceve due importanti riconoscimenti: la medaglia di bronzo al Premio Firenze-Europa per il racconto Le cose che contano e il Premio Simioli come personaggio dell’anno per la città di Viareggio. Nel marzo del 2007 l’antologia Eva Noir (Marco del Bucchia editore) ospita L’arco Ogivale, racconto giallo di indiscussa originalità e tensione narrativa.
Giugno 2007 esce il suo secondo romanzo Al largo di strane convinzioni (Sassoscritto editore).
Alcuni suoi racconti sono contenuti in altre due antologie edite sempre dalla medesima casa editrice (Corti di mare e Toscana da Brivido). Giugno 2008 esce il suo terzo libro Gaber, l’ultimo sileno.

 

 


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1 commento

  1. Pingback by Fontan Blog » LETTERATURA: INCIPIT: Elena Torre: “L'ultimo Sileno”, Sassoscritto … - Il blog degli studenti. — 1 Agosto 2008 @ 07:42

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Bart