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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: La matrigna

11 Maggio 2009

di Mario Camaiani

    Il bimbo cadde dalla sedia, con grande fracasso.
Dalla cucina arrivò di corsa una donna che lo rialzò, rimproverandolo:
    -Si può sapere che fai? Vuoi spaccare tutto?
Che ti sei fatto?
    -Niente, sto bene, rispose il bimbo piagnucolando, volevo aprire la vetrina della libreria per dare un bacio al ritratto della mamma prima di andare a letto, ma sono scivolato…
    -Il ritratto; rispose seccata la donna -ma non ne hai una sul comodino in camera tua? Anche se è più piccolo rappresenta pur sempre lei! Bacia quello!
    In quell’istante entrò nel salotto un uomo sui quarant’anni, alto e ben portante.
    -Che succede?, disse
E si rese subito conto dell’accaduto.
    -Vieni, Franco, da tuo padre e prese il bimbo in braccio, baciandolo; il ritratto a colori della mamma verrà rimesso sul tavolo e così potrai baciarlo senza pericolo di cadere.
Ora vai a letto, ma prima dà un bacio a mamma Olga.
Il bimbo baciò la donna e andò a letto.
    -Olga, disse l’uomo, bisogna che tu capisca il bambino; pure prima di sposarmi mi avevi promesso tante cose al riguardo.
    -Già, rispose risentita la donna, così io, qualsiasi cosa gli rimprovero, sono la cattiva e tu gliele dai tutte vinte: e poi quel quadro così grande sciupa l’estetica del salotto! Ma farò come vuoi tu: non voglio essere la matrigna perfida!
    -Non voglio importi niente con la forza, riprese dolcemente l’uomo, se credi così lascialo pure nella libreria: ne attaccheremo al muro uno più piccolo; solo che ci vuole più comprensione fra noi: il nostro è un compito duro, ma non dobbiamo far naufragare tutto di fronte alle inevitabili difficoltà che si presentano: con la forza dell’amore, con giudizio e con reciproca sincerità, vinceremo sempre!
    E i due   coniugi si strinsero teneramente fra loro.  

    Franco, ora di sette anni, era l’unico figlio di Cesira e Vincenzo Barba. La loro era una famiglia veramente felice ma, quando Franco aveva appena quattro anni, durante un bombardamento aereo, la morte era giunta improvvisa nella loro casa portandosi via, fra lo strazio del marito e del figlio, Cesira.
    Da quel momento il bimbo era divenuto più taciturno, più buono e venerava addirittura, pur così piccolo, la memoria della cara mamma.
    Vincenzo Barba, guardiano notturno presso i Grandi Magazzini, aveva subito capito come era difficile andare avanti così, raffidandosi ai vecchi nonni, molto malandati, o a questo o quella parente per la compagnia di notte di Franco, per la sua educazione e poi anche per tutto l’andamento della casa. Aveva pensato di metterlo in un collegio, ma capiva che il bimbo, estremamente sensibile, avrebbe sofferto maggiormente.
    Vincenzo avrebbe voluto rimanere attaccato completamente alla memoria della sua cara Cesira; ma poi, riflettendo su tutte queste cose, decise di riprendere moglie.
    In Olga, una ragazza di oltre trent’anni, ormai zitella, ravvisò che sarebbe stata una buona seconda madre di suo figlio: la conosceva da parecchi anni e sapeva che era una donna seria e buona.
    Olga accettò e, nel breve fidanzamento, si conobbero a fondo e trattarono il problema del bambino, che non voleva saperne di avere un’ altra mamma.
    Così, poco dopo il matrimonio, cominciarono a sorgere le prime difficoltà: fra l’altro il bimbo non voleva chiamare Olga con il dolce nome di mamma.
    Inoltre Olga aveva capito fin troppo bene come Vincenzo l’avesse sposata quasi solo per necessità e che amasse soprattutto la prima moglie ed allora era diventata, se così si può dire, gelosa della povera Cesira.
    Lei si sapeva una donna a posto che aveva diritto ad avere una parte,nel cuore di Vincenzo, almeno pari a quello della di lui prima moglie.
    Inoltre Olga amava davvero il marito e quindi, pur rispettando la memoria di Cesira, cercava di prendere il suo giusto posto nella sua famiglia.
    Da qui che il grande ritratto a colori che troneggiava sul tavolo di salotto, era finito nella libreria.    

    Due anni erano trascorsi da quel giorno e la famiglia Barba era stata allietata dalla nascita di un altro bimbo: Adolfo.
    I rapporti tra Franco e la matrigna erano sempre freddi e, dopo la nascita di Adolfo, Franco si sentiva più trascurato. Ricorreva spesso ai suoi cari nonni e dal suo babbo, per sentirsi circondato di affetto.
    Questa situazione rattristava profondamente Vincenzo che, nonostante la sua buona volontà, non riusciva a migliorarla.  

    Prima di recarsi al suo lavoro notturno, Vincenzo si avvicinò alla culla del piccolo: -la febbre gli è calata,- disse, rivolgendosi alla moglie, non occorre richiamare il medico e andò via.
    Nella notte, però la febbre ritornò violenta al piccino, che non respirava quasi più; mentre un uragano, con pioggia torrenziale, colpiva la zona.
    Olga, disperata, non sapeva più che fare: la loro era una casa piuttosto isolata, alla periferia della città: andare a chiamare i Giusti, che abitavano a circa quattrocento metri?
Si, forse era la cosa migliore da fare, ma lasciare Adolfo quasi solo per qualche minuto? Se fosse stato più grande Franco…..e la donna guardò implorante il ragazzo che, attaccato alla culla del piccolo, intuì la situazione e disse:
    -Vado io a chiamare il dottore!
    – Tu? -disse Olga- Ma come farai a camminare per oltre un chilometro, al buio, sotto il diluvio? Ti succederebbe qualcosa: tu resta qui e tieni alzato il capo al piccino, che possa respirare meglio, vado io!
    Ma Franco si era già messo l’impermeabile e uscì fuori. Olga pregava, mentre il ragazzo, vincendo l’istintiva paura del temporale e di trovarsi solo di notte, riuscì a giungere all’abitazione del dottore, una villetta e fece anzi telefonare da questi a suo padre, che tornasse a casa.  

    -E’ una broncopolmonite, disse il medico, dopo aver visitato   il piccino. Ci vuole subito la penicillina. E dette a Olga la ricetta. In quel momento arrivò Vincenzo, il quale corse subito alla farmacia. La notte trascorreva così insonne per tutti e Olga, affacciatasi alla camera di Franco, vide che esso, in ginocchio, pregava davanti all’immagine della Madonna e a quella di sua madre.
    La donna trattenne le lacrime e disse:
-Credevo che tu fossi a letto! Perchè’ preghi?
– Prego, rispose il bimbo, la madonnina e la mamma, chè facciano guarire Adolfo; sai, è già tanto che sono qui e il viso del bimbo s’illuminò e sento che sono stato esaudito.
– Olga, commossa, accarezzò Franco e mormorò .Figlio caro!
– Ed egli l’abbracciò e la chiamò:
– Mamma!  

    Adolfo guarì, ma non fu quella la sola guarigione in casa Barba: adesso l’armonia e la felicità erano finalmente dominanti in quella famiglia: Olga e Franco si volevano bene come madre e figlio!  

    Un giorno Olga andò a parlare con la maestra di Franco che frequentava la quarta elementare, per sapere come andava con gli studi il ragazzo.
    -Ah, lei è la matrigna di Franco, disse la maestra, sono felice di conoscerla, anche perché lei smentisce la brutta fama che in genere hanno le matrigne: senta cosa scrive il ragazzo di lei.
    E la maestra, tolse dal cassetto un foglio e lo porse ad Olga. Era un compito fatto in classe da Franco ed era il tema “parlate della mamma”.
    La donna lo lesse e c’era un punto che la riguardava. Diceva: “…..e la mia cara mamma che dal Cielo dove si trova, mi segue da vicino, non ha voluto che restassi completamente senza di lei e mi ha fatto avere un’ altra mamma: essa è buona e cara come quella vera”.


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3 Comments

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 11 Maggio 2009 @ 20:11

    Racconto dolce e affabile, seppur con una tematica di grande spessore. Non sempre è semplice l’accettazione di una matrigna da parte di un piccolo, già sconvolto dalla perdita della madre vera. Tuttavia l’intelligente comportamento degli adulti, unito alla fede ed alla forza antica dell’amore, ed un fatto quasi drammatico concedono il miracolo auspicato. La matrigna diviene la nuova madre.
    Tutto il racconto è avvolto in un velo di umiltà sincera, in un autentico slancio di tenerezze e consapevolezze ed in una accurata delicatezza espressiva.
    Le immagini e gli stati d’animo completano la “lucentezza” dell’intera composizione.
    Gian Gabriele Benedetti

  2. Commento by Daniela — 12 Maggio 2009 @ 13:59

    Mi piace tanto questo racconto. Ha implicazioni della massima importanza.

  3. Commento by Mario Camaiani — 13 Maggio 2009 @ 12:49

    Ringrazio l’amico Gian Gabriele e la signora Daniela per i loro positivi commenti, così chiari e profondi, al mio modesto lavoro: ambedue mi hanno dato grande soddisfazione.
    Cordialmente, Mario.

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