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LETTERATURA: “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano, Mondadori, 2008

31 Maggio 2008

di Francesco Improta  

Che l’esordio letterario di Paolo Giordano, appena ventiseienne, sia, a dir poco, ecla ­tante è fuor di dubbio e del resto non sono il primo ad affermarlo; in appena tre mesi “La solitudine dei numeri primi” è diventato un vero e proprio caso letterario, stando alle recensioni, in verità non tutte positive, che hanno riempito quotidiani, periodici e che soprattutto hanno invaso la rete.
Il libro, tagliente come un rasoio, lascia ferite profonde, difficili da rimarginare, che non ammettono neppure facili consolazioni e finiscono necessariamente con l’in ­cancrenirsi. Mattia, schiacciato da un terribile senso di colpa che pesa sulla sua coscienza e che la sua non comune intelligenza acuisce anziché riscattare o assolvere, nel suo rifiuto del mondo, che pratica con esasperante determinazione, ha la forza e il rigore dell’asceta. Trincerato dietro una barriera di numeri, vaga nel mondo della razionalità pura e quindi dell’astrazione come una monade di Leibnitz e chiude le porte a tutti, compresi i suoi bisogni più elementari. La sua solitudine che cresce a dismisura può essere solo momentaneamente spiata da Denis, il compagno di banco che s’in ­namora di lui e che, deluso, finirà con il frequentare squallidi locali per omo ­sessuali senza trarne la minima soddisfazione e successivamente verrà accostata da Alice, personaggio o meglio co-protagonista per molti versi speculare, non è un caso che al rifiuto del mondo da parte di Mattia si sostituisca il rifiuto di Alice da parte del mondo. Le due solitudini si sfiorano ma non si toccano. Alice sembra leggermente più attiva, più presente di Mattia, cerca di rompere l’isolamento in cui si trova, prima attraverso Viola, l’amica di scuola, poi lavorando presso il fotografo Crozza e infine sposando Fabio; Mattia subisce tutto passivamente, anche l’amicizia di Alberto, suo collega all’Università, e le effusioni di Nadia. Inquietante per non dire agghiacciante la freddezza con cui egli consuma il suo unico rapporto sessuale sul divano nella casa di Nadia. Anche il ritorno a casa, in seguito a una lettera di Alice, è fallimentare: Mattia non riconosce la propria casa, per i cambiamenti che sono stati apportati, non ha la possibilità di abbracciare neppure la madre che dorme, e persino Alice gli appare più distante del solito, perché vive in un’altra casa, dove si è trasferita dopo il matrimonio con Fabio e dove lui non ha alcun ricordo, non a caso prima si era recato a casa della famiglia di Alice, per ritrovare il suo passato. Operazione impossibile perché la sua vita non ha avuto uno svolgimento, un’evoluzione e quindi Mattia non ha né un futuro né un passato o meglio la sua vita è bloccata al momento della sua infanzia quando per una sua vanitosa, egoistica negligenza è scomparsa (morta?) per sempre la sua sorellina gemella.
La narrazione non ha uno sviluppo lineare né una progressione cronologica; gli anni indicati tra parentesi, accanto ai titoli, significano soltanto lo scorrere del tempo, di cui probabilmente gli stessi pro ­tagonisti non hanno cognizione legati come sono non ai fatti esteriori ma ai riflessi che essi hanno nella loro psiche e ai ricordi ingombranti che si portano dietro. Una narrazione, quindi, aperta, piena di buchi, di ellissi, di omissioni e di racconti sommari. La geografia è irriconoscibile: non ci sono ri ­ferimenti precisi a Torino, dove presumibilmente si svolge la vicenda, se si esclude la Chiesa della Gran Madre, anche l’Università dove Mattia va a lavorare è al nord ma non sappiamo con precisione dove, e il paesaggio è appena accennato, confuso col movimento rota ­torio degli astri e del firmamento, penso all’alba che egli vede verso la fine del romanzo e di cui coglie solo la meccanica conservazione dell’energia.
Un romanzo complesso, dove non tutto funziona perfettamente (lo scherzo fotografico di Alice a Viola mi sembra una forzatura e co ­munque non in sintonia con il carattere di Alice), un romanzo che rimanda all’insostenibile leggerezza dell’essere e alle conseguenze che ne derivano non a caso a un certo punto si legge: “Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante“.


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Bart