LETTERATURA: “Legenda aurea”: Sant’Ambrogio
31 Dicembre 2021
(Estratto da Jacopo da Varazze: “Legenda aurea”. Curatori e traduttori dal latino Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone. Editore Giulio Einaudi)
La “Legenda aurea” è un’opera del XIII secolo, a cui hanno attinto molti artisti. Ancora oggi la si legge con molto interesse. Ci narra la vita di numerosi Santi, raccontando fatti che pertengono più alla leggenda che alla storia. (bdm)
Ambrogio era figlio di Ambrogio, prefetto di Roma. Mentre dormiva nella culla nell’atrio del pretorio, uno sciame d’api calò improvvisamente su di lui e gli riempi tutta la faccia e la bocca. Le api sembravano entrare e uscire come dal loro alveare. Poi si alzarono in volo e salirono così in alto che non le si poteva più vedere. Atterrito dall’accaduto, il padre disse:
– Se questo bambino vivrà, sarà senz’altro un grand’uomo. Era ormai adolescente quando vide la madre e la sorella, vergine sacra, che baciavano le mani ai sacerdoti, e per gioco offrì la destra alla sorella dicendole che doveva fare la stessa cosa con lui. Ma lei lo respingeva e gli diceva che era troppo giovane e non sapeva quel che diceva. Studiò poi le lettere a Roma, e avendo una volta perorato splendidamente delle cause del pretore, fu mandato dall’imperatore Valentiniano a governare la provincia della Liguria e dell’Emilia. Giunto a Milano, essendovi morto il vescovo, il popolo si radunò per provvedere la città di un nuovo vescovo. Ma nacque fra gli arriani e i cattolici un non piccolo conflitto sull’elezione, e Ambrogio andò a sedare lo scontro: quando improvvisamente si senti la voce di un bambino che diceva:
– Ambrogio vescovo!
A questa voce si unirono tutti unanimemente, acclamando Ambrogio vescovo. Visto l’accaduto Ambrogio tentò di allontanarli da sé con il terrore e uscendo dalla chiesa andò in tribunale, e contro la sua abitudine fece applicare la tortura. Nonostante questo il popolo lo acclamava e diceva:
– Il tuo peccato ricada su di noi.
Turbato tornò a casa e volle darsi alla filosofia pagana. Fu richiamato perché non lo facesse. Davanti a tutti fece entrare in casa sua delle prostitute perché vedendo questo il popolo recedesse dall’eleggerlo. Ma neppure cosi riuscì, e il popolo continuava a gridare:
– Il tuo peccato ricada su di noi! Il tuo peccato ricada su di noi!
Nel cuore della notte tentò di fuggire, e convinto di andare a Pavia, si ritrovò la mattina davanti a una porta di Milano che si chiama Porta Romana. Quando lo trovò, il popolo lo prese in custodia, e fu mandata una lettera al clementissimo imperatore Valeriano, il quale si rallegrò moltissimo che un giudice inviato da lui fosse richiesto come sommo sacerdote. Si rallegrava anche il prefetto Probo, perché si avverava ciò che gli aveva detto. Gli aveva infatti detto, dandogli alla partenza il mandato:
– Vai e comportati non come un giudice, ma come un vescovo.
Mentre la nomina era ancora pendente, Ambrogio di nuovo si nascose, ma fu ritrovato, e poiché era ancora catecumeno, fu battezzato e dopo sette giorni fu posto sulla cattedra episcopale.
Dopo quattro anni andò a Roma e sua sorella, vergine sacra, gli baciò la destra. E Ambrogio sorridendo le disse:
– Vedi, te lo dicevo che dovevi baciare la mano del sacerdote.
Andò in una città per ordinarvi il vescovo, ma all’elezione si opponevano l’imperatrice Giustina e altri eretici, che volevano fosse eletto qualcuno della loro setta. Una delle donne ariane, più sfrontata degli altri, salì sul tribunale e prese per la veste il beato Ambrogio per trascinarlo dalla parte delle donne perché, ingiuriato da loro fosse scacciato con onta dalla chiesa. Ma Ambrogio le disse:
– Io sarò indegno di un sacerdozio così alto, ma certo tu non puoi permetterti di toccare nessun sacerdote: dovresti temere il giudizio di Dio perché non ti accada nulla.
E i fatti dettero ragione a queste parole: il giorno seguente la accompagnò morta alla tomba, compensando l’insolenza con la carità. L’evento atterrì tutti.
Dopo questo, ritornato a Milano, dovette affrontare un gran numero di insidie tesegli dall’imperatrice Giustina, che cercava con denaro e favori di sollevare la popolazione contro di lui. Molti cercavano dunque di mandarlo in esilio, e fra questi uno, più sciagurato degli altri, si era talmente esaltato al punto di prendere casa vicino alla chiesa e di tenervi pronta una quadriga, procuratagli da Giustina, per poterlo rapire più facilmente e portarlo in esilio. Ma per volontà divina, lo stesso giorno in cui pensava di rapirlo, su quella stessa quadriga di quella stessa casa, quell’uomo fu mandato in esilio. Tuttavia Ambrogio, rendendogli bene per male, gli dette del denaro e ciò che gli era necessario.
Scrisse i canti e l’officio della Chiesa di Milano.
In quel tempo vi erano a Milano molti ossessi che gridavano e si lamentavano, dicendo di essere tormentati da Ambrogio. Gìustina invece e molti arriani che vivevano con loro dicevano che Ambrogio comprava gli uomini col denaro perché questi mentissero, dicendosi vessati dagli spiriti e tormentati da Ambrogio. Ecco che però improvvisamente uno degli arriani che erano lì presenti, preso dal demonio, balzò avanti e incominciò a gridare:
– Se fossero mai tormentati quanto me quelli che non credono ad Ambrogio!
Ma i diavoli, confusi, si presero quell’uomo e lo annegarono nella piscina.
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