LETTERATURA: L’ingegnere e la seducente Martina
8 Maggio 2022
(Estratto dal mio giallo “Michele”, 1993)
«Non capisci niente di queste cose. Lascia fare a tuo padre, che se n’intende. Per ora, lo sa ingegnere?, non ne ho sbagliata nemmeno una nella mia vita. »
«Suo padre, lo fa anche per lei, Martina. »
«Per me? »
«Lei è figlia unica. Dovrà badare al negozio, un giorno. »
«Bravo ingegnere. Glielo dica a questa capricciosa, che non mi vuole dare retta. Io i sacrifici li faccio per lei, perché non debba soffrire nella vita. E lei sa che mi risponde? Te non lo fai per me, ma pensi ai tuoi soldi, e vuoi averne sempre di più. Mi dica se son discorsi da fare a un padre che non sa nemmeno più che cos’è una vacanza, per non avere dei rimorsi. »
«Rimorsi? »
«Sì, io ce la voglio fare. Voglio che Martina non abbia nessun pensiero nella vita, e chi la sposerà, deve sapere che sposa una regina. »
«È fortunata, Martina, ad avere un padre così. » Si sentiva anche lui in vena di dare consigli, come un padre, ma dentro aveva la voglia di prendersela quella ragazza, e di portarsela a letto come un vecchio caprone. Che c’è di meglio da fare al mondo, se non portarsi a letto una ragazza come Martina?
«Mi sta a sentire, ingegnere? » Martina lo rimproverava tutte le volte che lo avvertiva assente, ma fingeva, perché in realtà leggeva i suoi pensieri, e ci si metteva in quel letto, e le piaceva che l’ingegnere spasimasse per lei. Vedeva la scena. Lei si spogliava lentamente. Lui stava seduto sulla sponda del letto e la guardava. Lei scopriva i seni. Lui cominciava a fremere. Si controllava, ma a lei non gliela faceva. Se n’accorgeva se quel maschio andava in calore. Una femmina non ha bisogno nemmeno di guardarlo il maschio per sapere se è in calore. C’è nell’aria, intorno a lei, l’afrore della sua lussuria. Allora lui si alzava e le toccava i seni. Lasciava fare. Le piaceva. Lui scendeva con la mano sui fianchi. Lei gli accarezzava quelle mani, ma non per fermarle. Lui lo sentiva che era un segno. Svelto le calava le mutandine, lei alzava i piedi, lui le allontanava, e finalmente era tutta nuda. Pronta per lui. Il caprone riusciva però a controllarsi. Lei lo sentiva bollire, e le piaceva quella forza che ora veniva trattenuta, ma era sul punto di esplodere. Si lasciava accarezzare ancora. La baciava sul petto, sul ventre, sul pube, sulle cosce, prima l’una, poi l’altra. E lei lasciava fare, chinava un po’ la testa all’indietro. Si scioglievano i capelli. Ci provava piacere. Gli teneva la testa, e sentiva la sua calvizie, e lo eccitava carezzare quel cranio quasi interamente calvo. Ci passava sopra la mano ripetute volte, mentre lui continuava a baciarla. L’ingegnere, quando Martina pensava a queste cose, gliele leggeva negli occhi, ed entrambi si incontravano negli stessi pensieri, e, col solo guardarsi, si trasferivano chissà dove, anche a mille miglia di distanza, nella stessa camera a sfogare la lussuria.
«E tu non ti spogli? » Michele in fretta e furia si toglieva la camicia, i pantaloni, le brache.
«Tutto, levati tutto, anche la canottiera. Se no, non ci sto. Devi essere nudo come me. » Giocava con lui. Lo dominava. Era lei la padrona? Non gli importava. Gli piaceva. Gettava lontano l’ultimo indumento e nudo si accostava a lei. Se la stringeva tra le braccia, forte forte. I seni si schiacciavano sul suo petto. Lei gli sussurrava che le piaceva quel petto peloso, mi eccita, e glielo toccava con le mani. Poi scendeva giù giù e lui sentiva che quella ragazza aveva la malizia del demonio, e forse di più. Arrivava al punto che gli scoppiava la testa per i suoi giochi d’amore.
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