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LETTERATURA: “Morte agli Italiani” di Enzo Barnabà, Infinito Edizioni

25 Settembre 2009

di Francesco Improta  

È la terza volta che mi occupo di un’opera che esula dai miei interessi specifici, essendo io più incline a vagheggiar parole che ad analizzare fatti, ma la stima per Enzo Barnabà, scrittore poliedrico, oltre che amico di vecchia data, la straordinaria attualità di un fenomeno e di un fatto accaduto 116 anni fa e soprattutto la qualità dell’opera in questione mi hanno indotto a leggere con attenzione e crescente interesse nonché a recensire Morte agli Italiani (edizioni Infinito). È la ricostruzione, sapiente e rigorosa, basata su documenti, testimonianze, fotografie e illustra ­zioni, dei fatti che avvennero ad Aigues-Mortes il 17 agosto del 1893, quando nove lavoratori italiani, per la maggior parte piemontesi, impegnati nelle saline alla foce del Ro ­dano, furono trucidati da una folla inferocita, armata di bastoni, forconi, coltelli e qualche sparuta arma da fuoco. Di questo drammatico episodio, la cui memoria in Francia è stata completamente rimossa, in Italia, dopo alcune imme ­diate e sacrosante prese di posizione, ben presto strumen ­talizzate da gruppi politici, assertori di una svolta autoritaria nella direzione del paese (ci fu qualcuno – Edoardo Scarfoglio – che addirittura dalle colonne di Il Mattino di Napoli invocò la guerra), si parla ormai troppo poco, se è vero, come sostiene nella sua prefazione Gian Antonio Stella, che negli ultimi venti anni sono stati scritti solo due articoli sull’argomento contro i 139 riguardanti El Alamein e i 172 relativi a Cefalonia, episodi, tra l’altro più volte portati sul grande schermo. Il massacro di Aigues-Mortes maturò, dopo altri episodi analoghi, penso ai Vespri Marsigliesi del 1881, in una situazione di crisi economica, di precarietà e di disoccupazione, e in un clima di crescente xenofobia e di psicosi dell’invasione, alimentata in quel periodo da politici, ideologicamente ambigui, come Maurice Barrès e, purtroppo, anche da scrittori di grande fama come Émile Zola, costoro per difendere il carattere speciale dell’identità francese sventolavano lo spettro dell’invasione dei barbari, ossia degli stranieri che avrebbero sottomesso i francesi e infettato il corpo sociale della nazione. Tutti questi fattori sono evidenziati con sagacia e acume critico dall’autore, di cui già si conoscevano le doti di storico attento e imparziale, mi riferisco al saggio Il meglio tempo, sui Fasci Siciliani che pur essendo nati nel 1891 furono soffocati nel sangue tra il 10 dicembre del 1893 e il 4 gennaio del 1894, allorché Francesco Crispi, tornato a capo del governo, dichiarò lo Stato d’Assedio della Sicilia. Barnabà, infatti, dopo aver ricostruito con esattezza la temperie culturale, politica e sociale della fine del XIX secolo per individuare le cause, prossime e remote, che hanno scatenato l’odio razzista nei confronti degli operai italiani, descrive con rigore e dovizia di particolari i fatti che si sono svolti nell’agosto del 1893 e successivamente, nella terza parte, le reazioni della stampa, l’esito del processo-farsa che si concluse con l’assoluzione generale degli imputati e le ripercussioni nei rapporti tra i due paesi. Interessante anche la disamina che l’autore fa, alla fine del libro, sul comportamento del Parti Ouvrier Franí§ais e sul neonato Partito Socialista Italiano e sugli sforzi da loro compiuti per evitare che le lotte tra operai e lavoratori di diverse nazionalità mettessero in discussione o sconfessassero l’internazionalismo e la solidarietà proletaria sbandierata a Zurigo durante il III congresso dell’In ­ternazionale. Il merito, comunque, principale dell’opera di Barnabà, a livello ideologico, è quello di costituire un monito contro eventuali analoghe cacce all’uomo, in un momento in cui l’Italia rivela nei confronti degli emigranti “segni di paura e di debolezza che rasentano il razzismo e la xenofobia” come ha detto Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova. Non è un caso che ci siano sindaci-sceriffi, che lanciano proclami contro gli immigrati mentre da qualche parte torna ad aleggiare lo spettro dell’invasione, soggia ­cente all’esasperazione nazionalista e tanto più pericoloso in un periodo di grave crisi economica, per cui si rafforzano pregiudizi e discriminazioni e si finisce con il vedere in ogni musulmano un pericoloso terrorista, non diversamente da come, nell’immediato dopoguerra, si vedeva in ogni morto di fame un pericoloso delinquente, penso a ciò che dicono “Coi baffi” e “Senza baffi” i due poliziotti di “Conversazione in Sicilia” di E. Vittorini. Per me, tuttavia, che non sono un addetto ai lavori, la cosa senz’altro più bella e interessante del libro è il modo, decisamente cine ­matografico, con cui sono raccontati i fatti, attraverso sequenze brevi e serrate, montate alternativamente. Non è un caso che di questo libro esista un’efficace e drammatica sceneggiatura, che ha ottenuto un premio dalla Presidenza del Consiglio per il suo alto valore storico e culturale, che attende di essere realizzata.

Il sito di Enzo Barnabà: www.enzobarnaba.it


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2 Comments

  1. Commento by giorgio — 19 Novembre 2009 @ 10:34

    Non sapevo della ‘sceneggiatura’ : speriamo nella realizzazione di un film. Condivido e apprezzo la ‘recensione’.

  2. Commento by Francesco Improta — 19 Novembre 2009 @ 11:05

    La sceneggiatura, tratta dal libro di Enzo Barnabà, Morte agli italiani, è opera del regista  Vincenzo Terracciano di cui si può apprezzare attualmente, nelle sale cinematografiche, l’ultimo struggente film, Tris di donne e abiti nuziali.   Francesco.

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