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LETTERATURA: Quadretti a spirale 3

16 Marzo 2009

di Nicola Dal Falco  

Nord: nave a vela (Trasimeno)
Sud: albero cosmico (albero della vita)
Ovest: figura che prega il sole al tramonto
Est: gallo, aurora  

Da tre giorni divido l’acqua scurendo le buche screpolate degli ulivi.  

Siamo anche noi a Pantano (dieci chilometri in linea d’aria) sotto la protezione di Apollo, sotto l’immenso architrave del tempio.
Da Città della Pieve il monte Cetona si guarda come un calendario. È un monte dai fianchi larghi, che sale lentamente, senza impennate su entrambi i lati; disegnato come un arcobaleno, un seno in mezzo al mare, una arco teso.
Quando al tramonto il sole gli scivola dietro trasformandolo in una montagna di lava nera, aspetti di scorgere sul crinale tre profili aguzzi che vanno su per la via più breve, sempre in linea retta.
Tre etruschi avvolti in un corto mantello, a gambe nude, con la testa protetta da un cappello a punta e il bastone in mano.
I lacci dei sandali sono d’argento e le suole d’oro non lasciano impronte.
Immobili e in silenzio, i contadini li guardano passare.
Maestri di verità, di morte e resurrezione, l’orecchio alla terra, al rumore del mondo e l’occhio al cielo, specchio del tempo.  

Danze indiane del sud.
Batte i piedi per terra, colpi sonori, precisi sulla fronte della dea. Ad ogni colpo acquista forza dal basso. La scossa si concentra nei fianchi, sotto la spina dorsale (il bacino ruotato in fuori ha la forma aggraziata di un sedile).
È un mosto, un liquido denso, iracondo che sale via via purgandosi, sbollendo, assottigliandosi fino ad illuminare, pura energia mentale, soffio, i gesti preziosi delle mani, delle braccia, lo sguardo e l’espressione del volto, la rotondità delle guance, la lama della bocca, la fronte.
Ci sono Paesi dove le donne sono ancora sacerdotesse. Il corpo della danzatrice è una pagina scritta, da scolpire, viva come un animale, chiara come le idee nella testa di un poeta. Le api volano dai gomiti alle ciglia, i pesci saltano in petto, fanno cerchi davanti ai suoi passi, i fiori piegano il gambo e la luna ride.
Come gli aedi delle corti elleniche così la danzatrice danzando annoda antiche storie, passioni divine, preghiere nate il primo giorno del mondo.  

Le grand champ.
Piove, dopo una lunga preparazione, le nuvole si erano raggruppale sulla cima del Montvoisin, seminando come un campo l’aria di fulmini. Per un quarto d’ora che è sembrato eterno a destra resisteva l’azzurro e a sinistra una sottana nera gonfia di elettricità batteva sul fianco della montagna. Poi, le due metà del cielo si sono fuse e il ruscello ha inondato il prato.  

Leggo che le femmine descritte nell’Odissea non sono che i differenti volti della grande madre la ptonia teron, signora delle bestie.
Le peregrinazioni di Ulisse costituiscono la trama di un viaggio per aquas alla ricerca dell’unità perduta e impossibile; fuga e ritorno alla madre; Tempesta, approdo, seduzione, partenza. Acqua-vita, acqua-morte. Si va dal buio dell’utero alla luce del giorno per ripiombare in un caos di elementi, nella notte. Ma come dice il poeta ogni volta: « …appare generata dal Crepuscolo Aurora tra rosei bagliori… ».
Così Atena è la civetta, Elena la cagna, colei che caccia i maschi o paredri; Circe è il falco di palude o meglio il cinghiale femmina; Calipso è la martora e Nausica il pulcino.
Mentre, se Laerte è il formicone, Odisseo è il centopiedi, concreta allusione al suo equilibrismo in tutte le situazioni.  

2 agosto 1987
Non pensavo che su un acquarello si potesse tornare tanto. Quelli di Jaqueline appaiono quasi levigati; le mani successive vi si sono vi si sono adagiate sopra creando un effetto di legno consunto, di pietra dura, d’avorio, di sabbia. Ha mineralizzato l’acquarello a meno che non abbia dipinto intingendo nell’acqua zuccherata.
Questa continua aggiunta è evidentemente collegata alle parole poetiche che le servono da spunto, da scia e che attraversano   il foglio in fila indiana.
Da una goccia che cade precisa nasce una stalattite, i quadri di Jaqueline si formano grazie alla forza di gravità delle frasi poetiche. Allo spessore della pennellata fa eco anche il piccolo rettangolo inciso a rilievo.
C’è un acquarello che mi è piaciuto particolarmente. L’ha dipinto mentre Leo improvvisava al piano.
Mi sono fatto descrivere la stanza: oscura, zeppa di cose e in un angolo, sotto la finestra Leo che cerca le note mantenendosi, quel giorno, tra i toni bassi. Nel quadro appaiono infatti delle girandole, dei gorghi blu circa a metà mentre in alto (quando Leo cambiava registro) delle fiamme rosse sferzate da colpi di neve sciolta.
Forse, c’era anche a destra un pantano con la luna. Ma l’anima dell’acquarello si trovava in basso, leggermente spostata a sinistra, un triangolino marrone e nero che vibrava come può vibrare appena un pezzo di ferro colpito da un martello.
Nel triangolino gelava una nota grave, ripetuta, il passo di uno zoppo che guidava l’insieme.
Mi ha affascinato l’occhio-orecchio di Jaqueline, la nota-dipinta un pomeriggio in una casa in Svizzera.  

Da Marrakech a…
La strada non si allontana dall’Atlante; a sinistra si susseguono le vette imbiancate, a destra il paesaggio si sviluppa per linee parallele: le nuvole che spazzano il cielo, i cavi dell’alta tensione che corrono a cavallo dei tralicci, i campi dove la terra è appena graffiata, i muretti a secco, muti segni della fatica di Caino.  

Strade fiorentine.
Via della Spada, del Sole, delle Belle Donne; via del Parlascio già delle Serve Smarrite.  

Un giovane matto ai giardinetti davanti al convento di San Marco.
Piccolo, ispido, dalla parola tenace, così appariva un matto che piluccava le foglie di una siepe di bosso come fossero acini d’uva.
Quando si   incontra un matto si ha sempre voglia di sapere cosa o chi ne ha provocato la pazzia.
Quale causa, pretesto o equivoco lo ha ridotto a questa solitudine affollatissima. Forse bisogna partire dalle due o tre piumette che gli spuntano tra i capelli.  

Ferragosto 1987.
Cupola di Brunelleschi, un organo ancora palpitante, un fegato;
cappella dei Pazzi: geometrie di luce, cappella=sala d’udienze=loggia; un sedile di pietra tutt’intorno, ho riposato al fresco.


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1 commento

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 16 Marzo 2009 @ 20:39

    Piovono immagini preziose annodate a visioni ed a tracce naturali, ma anche di luce interiore, tra riverberi classici e realtà contingente. Fluiscono simboli e metafore al servizio variegato di stacchi, gesti, figurazioni e stimoli riflessivi ricchi di intuito e di intima tensione. Notevole partecipazione emotiva e sicurezza espressiva offrono un contenuto coinvolgente. E tutto si riveste di poesia
    Gian Gabriele Benedetti

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