LETTERATURA: STORIA: I MAESTRI: Satana moderno #9/10
2 Maggio 2009
di Panfilo Gentile
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 8 gennaio 1970] Â
L’anno passato, se non ri Âcordo male, venne dato l’an Ânunzio che alcuni esponenti cattolici (si suppone) ferrati in teologia si proponevano di iniziare un dialogo con gli atei prendendo per argomento la morte di Dio. L’annunzio fece una certa impressione, perché era stato dato dalla radio vaticana ed il titolo prescelto fu giudicato quanto meno di cat Âtivo gusto. Piovvero le prote Âste da ogni parte, vennero da Âte spiegazioni o smentite e della morte di Dio non si par Âlò più, anche se si continuò a sollecitare ed a favorire il dialogo con gli atei.
Ai tempi della mia giovi Ânezza gli atei già esistevano e ne ho conosciuti parecchi. Erano di specie diversa: c’era Âno gli atei scienziati, general Âmente positivisti, che giurava Âno sulla barba di Haeckel, di Darwin, di Comte e di Rober Âto Ardigò; c’erano gli atei vol Âterriani, salottieri, scettici, ra Âzionalisti senza pretese; c’era Âno gli atei politici, l’estrema sinistra socialista, che associa Âva alle speranze sociali avveniristiche la dottrina del ma Âterialismo storico di Marx, il quale alla sua volta si rifaceva a Feuerbach ed a Strauss, la cosiddetta sinistra hegeliana. Tutti questi atei avevano in comune di essere contestualmente irreligiosi e spesso antireligiosi e anticlericali.
Quando venne fuori la pro Âposta del dialogo con gli atei, io pensai che i nostri teologi cattolici volessero misurarsi con qualche tardivo rappre Âsentante delle correnti sopra indicate. Senonché, essendomi informato più da vicino, ap Âpresi che io ero in arretrato in materia di ateismo. L’atei Âsmo dei positivisti, dei vol Âterriani, dei razionalisti, dei marxisti era roba vecchia, io non ero al corrente delle cose moderne. Adesso esisteva un nuovo ateismo, il cui vangelo era stato intitolato per l’ap Âpunto con l’annuncio della morte di Dio.
Era proprio con questo nuo Âvo ateismo che si voleva un confronto. I vecchi temono sempre di essere superati dai tempi. Ed io, una volta saputo che era arrivato questo nuovo ateismo, sono corso a prender Âne una sufficiente conoscenza, sufficiente, s’intende, per me stesso e cioè bastevole a far Âmene un’opinione. Così, dopo essere strato condannato a sfo Âgliare i volumi di Sartre, di Teilhard de Chardin, di Marcuse (senza alcun profìtto), mi sono messo incorreggibil Âmente a leggere « il Vangelo dell’ateismo cristiano » di Thomas Altizer, professore di Sa Âcra Scrittura e di religione nel Âl’Università di Emory in Geor Âgia. L’opportunità me l’ha offerta l’editore Ubaldini, il quale non solo ha fatto tradur Âre in italiano quest’opera, ma l’ha anche corredata di una prefazione, per me istruttiva, dì Sergio Quinzio, informatissimo di questi indirizzi della cultura americana.
Altizer, senza preamboli, ci dice subito quale è la sua tesi: non   si   può   parlare  di  Dio, aldifuori del cristianesimo. Il cristiano e solo il cristiano è ammesso   a   partecipare   alle verità  supreme.  Egli  dunque non  intende introdurre nulla dall’esterno.   Le   analisi   che egli farà delle altre religioni: il buddismo e le religioni af Âfini   al   cristianesimo,  giudaismo ed islamismo, portano a conclusioni  nettamente  negative.
La salvezza è contenuta solo nell’economia del messag Âgio cristiano. Senonché, a que Âsta premessa, segue immedia Âtamente un’altra ed è che il cristianesimo non può ricono Âscersi in nessuna delle chiese che ad esso si intitolano. Per quanto di evidente estrazione protestante, Altizer è impar Âziale e, nel suo rifiuto, catto Âlici e riformati, occupano lo stesso posto. Ogni forma di cristianesimo ecclesiastico ap Âpare superata dalla coscienza moderna. L’epoca presente è dominata da un processo di crescente desacralizzazione delle società umane, il mondo si è venuto secolarizzando sempre più, in piena autonomia dai prestigi religiosi tra Âdizionali. I teologi protestanti della prima metà del secolo hanno in un certo senso ac Âcettato questo fenomeno, rite Ânendolo come una conseguen Âza inevitabile dell’insanabile opposizione tra Dio e l’uomo, il che portava ad una teologia della trascendenza assoluta. Ma sono sopraggiunti poi altri teologi, come il Bonheffer, il quale, dal fatto che l’uomo moderno aveva imparato ad affrontare qualsiasi problema anche importante senza far ri Âcorso all’intervento di Dio, de Âduceva che non bisognava condannare quest’uomo, ma si doveva ritenere invece che con esso il mondo aveva rag Âgiunto la maggiore età , che ciò era un fatto voluto da Dio, che Iddio stesso ci aveva insegnato che la nostra esistenza oramai proseguisse come se egli non esistesse.
Le stesse idee presso a poco professavano altri teologi: Tillich, Cogarten.  Allacciandosi a  tali  precedenti  Altizer svi Âluppa temerariamente il tema della liceità cristiana della desacralizzazione,   poiché   essa, secondo Alitzer non sarebbe altro che il dogma dell’Incar Ânazione. Il Verbo è presente malgrado che la vita e l’evo Âluzione della nostra epoca ap Âpaiano così irrevocabilmente anticristiane. Iddio non esiste più perché si è trasferito nell’uomo. Il sacro è scompar Âso, perché il profano è diven Âtato sacro. Dio cessa di esi Âstere come ente trascendente, ma rimane presente e reale nel Verbo incarnato. Tanto San Paolo, quanto il Quarto Van Âgelo sono i testi favoriti di Altizer.
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Non credo che ci sia niente di nuovo. Chi conosce un po’ della storia del cristianesimo dei primi secoli, ritroverebbe tutte le questioni trattate qua negli agnostici, montanisti, libertinisti. Le dispute continuarono anche dopo che il simbolo niceno aveva fissato autoritativamente molte que Âstioni connesse alla controver Âsia trinitaria.
Il livello attuale però è più scadente. La stessa formula della morte di Dio accusa scarsa familiarità con la filo Âsofia. Un Iddio che muore è una contradictio in adiecto, perché, come insegnò Sant’Anselmo, Iddio è l’essere la cui essenza implica l’esistenza. Id Âdio, spiegava Hegel conforme Âmente, è per definizione ens perfectissimum, ed allora è in Âconcepibile negargli il più umile, il più elementare degli attributi che è quello dell’esi Âstenza. Ciò non significa che quest’indirizzo attualmente sia da  trascurare.  L’ateismo  di Altizer, a differenza degli al Âtri ateismi, nati e cresciuti fuori di ogni religione e defi Âniti in termini laici e raziona Âli, parla ancora, a dispetto del Âla secolarizzazione trionfante, il linguaggio religioso, si ser Âve dei miti cristiani, è giusti Âficato da argomenti di tipo sa Âcro e si fonda su una certa interpretazione dell’incarnazio Âne del Verbo e della profezia.
Altizer è un riformatore re Âligioso, più che un professore di teologia, è un portatore di una nuova fede, più che un insegnante di una nuova dot Âtrina. Egli rivolge un appello alla mobilitazione di fedeli. Parla più da un pulpito che da una cattedra. E quali pos Âsono essere le conseguenze morali, sociali di questa nuova fede? In termini filosofici, ve Âdiamo che essa si riconduce ad un immanentismo assoluto. Il trascendente è eliminato nell’incidenza di un processo storico in atto. E scomparso il trascendente, come Iddio è risoluto nell’uomo, così la re Âgola morale è riassorbita nel Âl’istinto. L’ateismo laico face Âva salva la validità dell’impe Ârativo categorico. Il moderno ateismo travolge invece ogni magistero di vita morale, ogni parametro per distinguere il bene dal male. Nell’apoteosi che esso fa della misura uma Âna, nella quale si è estinto ogni comandamento celeste, non c’è più posto per una disciplina morale. Riesce difficile sapere dove Altizer vuole arrivare in pratica.
Lo stesso Sergio Quinzio, nella prefazione, sottolinea l’aspetto un po’ delirante del discorso di Altizer: le sue con Âtraddizioni, i suoi equivoci, la sua vertiginosa astrattezza, il suo gusto del macabro teolo Âgico, la sua fantasiosa pazzia. Non possiamo perciò inchio Âdarlo a conclusioni precise, concrete, che egli non ci offre. Possiamo però vedervi un do Âcumento dello sconcertante di Âsordine mentale e morale del Âla nostra epoca. Queste nevrotiche reviviscenze di una reli Âgiosità demoniaca, degna del secolo di Eliogabalo e di Apollonio di Tiana, riverniciate di falsa modernità , non ci con Âfortano; ed anche se il professor Altizer è personalmente il più bravo cittadino degli Stati Uniti, essa ci fa correre il pensiero agli assassini della famiglia Manson ed all’allar Âmante spettacolo dei quattrocentomila hippies deliranti nel bivacco di California.
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Commento by Gian Gabriele Benedetti — 2 Maggio 2009 @ 16:34
Dobbiamo fare molta attenzione a certe teorie devianti, talvolta deliranti, che intendono interpretare in modi strani la religione, Dio, la morale… Io aborro gli integralismi, le storture, i travisamenti, le forzature, le esagerazioni che portano spesso a plagiare ed a sconvolgere specie i più deboli ed i più influenzabili. Certo la nostra epoca vive un secolarismo assai acceso e pare perdere consistenza il nostro credo e soprattutto la sostanza della Chiesa. Ma io non temo più di tanto: so che Dio, che non è morto (Cristo con la Resurrezione ha vinto la Morte!) sarà sempre vicino alla Chiesa stessa e le darà vita e continuità , come gliel’ha data in tempi assai più bui e drammatici
Gian Gabriele Benedetti