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Libia. È una guerra sporca

23 Marzo 2011

Sembra che la ribellione in Cirenaica sia stata fomentata dai francesi (qui), che l’hanno preparata per tempo. Nessun moto spontaneo della popolazione, dunque, ma qualcosa che fa pensare ad un piano ordito per far cassa. Del resto, il bombardamento condotto in tutta fretta dai francesi, prendendo di sorpresa gli stessi inglesi e americani, conferma quanto ormai tutti sospettano. Che la Francia ha un piano strategico tutto suo sulla Libia.

La prima impressione è quella che voglia soppiantare proprio noi italiani nei rapporti privilegiati che abbiamo avuto e abbiamo ancora, in forma però incerta e traballante, con la Libia di Gheddafi.
La Francia, che si sta comprando molte aziende italiane, deve aver pensato: Finché al potere resta Gheddafi, il legame tra la Libia e l’Italia è indissolubile. Allora, scacciamo Gheddafi e sostituiamolo con qualcuno che curerà i nostri interessi. Da qui il fervore e il dinamismo impiegati nell’operazione.
Il ragionamento che ho fatto è all’ingrosso, ma mi pare di tutta evidenza che la Francia abbia in mente di fare dell’Italia una sua colonia, rapinandoci, così come fece Napoleone Bonaparte.

La domanda è: Dobbiamo subire questo disegno? La risposta non può che essere una: No. In modo assoluto.
Chi ha a cuore l’Italia non può consentire che imprese e lavoratori siano depauperati delle loro risorse.
Che fare?
Ho letto che Berlusconi sta studiando il modo di avviare una trattativa che ponga fine alla guerra. Sono d’accordo con lui.

Se la Francia ci ha ingannati (con lo zampino della Gran Bretagna e degli Usa), non è detto che ci si debba rassegnare.
Scoperto il loro gioco, è necessario reagire. Berlusconi deve adoperarsi per ottenere una tregua che avvii una trattativa tra i lealisti e gli insorti.

Ma essa non dovrà portare, a mio avviso, alla divisione del territorio libico. Questa trattativa dovrà far perno sul consenso di entrambi a sottoporre ogni decisione sul destino della Nazione ai cittadini libici, mediante elezioni da tenersi sotto il controllo dell’Onu.

Bisogna fare in fretta, prima che tutto degeneri. Nessun popolo ama la guerra.
Sono sicuro che questo intervento, accompagnato dagli aiuti umanitari, riconquisterà la fiducia dell’intero popolo libico nei nostri confronti.

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“Francia: Nato non avrà guida politica. Frattini: «Serve cessate il fuoco »”. Qui. Da cui estraggo:

“FRATTINI – A Juppé replica però successivamente il ministro degli esteri Franco Frattini nel suo intervento in Senato. Era «necessario partire con un azione urgente che scongiurasse il massacro dei civili » ma ora «dobbiamo tornare alle regole con un unica catena di comando unificato alla Nato » ha sottolineato Frattini. Bisogna arrivare ad un comando unificato Nato – ha aggiunto il ministro degli Esteri – perché l’Italia non vuole e deve «evitare il rischio di essere corresponsabile di azioni non volute » in Libia da parte di altri Paesi. « Per l’Italia è necessario giungere quanto prima a un “cessate il fuoco” in Libia per aprire una «fase politica » che abbia come sbocco un «dialogo di riconciliazione nazionale » tra tutte le componenti della società. L’unica precondizione posta dalla comunità internazionale è l’abbandono del potere da parte di Gheddafi » ha detto ancora Frattini. «Non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra » ha sottolineato ancora Frattini.”

“Che volenteroso Sarkò: paga pure le armi ai ribelli” di Andrea Morigi. Qui.


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Bart