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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LIBRI IN USCITA: Introduzione al mio “La politica su Facebook”

18 Settembre 2019

di Bartolomeo Di Monaco

Introduzione

L’idea di questo libro è nata cammin facendo, dopo che, a seguito delle elezioni del 4 marzo 2018, il 5 giugno, dopo vari tentativi andati a vuoto, si formò il governo cosiddetto giallo-verde, costituito dai due partiti che erano stati premiati dal voto: il M5Stelle che aveva ottenuto il 32,68% e la Lega che era salita al 17,37%.

Appena insediato, il governo, che pareva già in partenza colmo di contraddizioni, cominciò ad essere attaccato con virulenza dalle opposizioni, soprattutto dalla sinistra e in specie dal Pd. Furono riesumate parole quasi dimenticate, quali sovranismo, populismo, ma soprattutto ripresero vigore due parole che erano state messe in sordina: fascismo e razzismo.

Mi accorsi, così, che stava per avviarsi un periodo forse ancora più convulso di quello a cui avevo assistito nel 1995 con la nascita del governo Scalfaro – Dini, durato giusto circa un anno, e a cui dedicai il libro “Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibileâ€.

Decisi, perciò, di pubblicare sulla piattaforma social Facebook, la sola che frequento con un gruppo di follower di oltre 700 persone, alcune mie annotazioni sui problemi che stavano emergendo, in particolare: il paventato ritorno del fascismo, i migranti diretti in Italia, il cui numero stava enormemente aumentando, il razzismo che ne era in qualche modo una conseguenza, la sicurezza dei cittadini colpiti da furti e violenze di ogni tipo, e qualche altro tema che nasceva lì per lì da conflitti sorti nella società su quegli stessi argomenti e su altri di minor peso.

In principio non pensai di registrare i commenti che apparvero in calce a quei miei post (così si chiamano le pubblicazioni che un iscritto esprime sul social) e il lettore non li troverà per qualche tempo. Infine ebbi l’idea di inserire al termine del post anche i commenti.

L’idea fu fortunata, poiché è grazie a questa decisione, la quale coinvolse persone di diverso credo politico, che il libro può offrire oggi un quadro, per campione, ma abbastanza realistico, di ciò che ferveva nel Paese in quei mesi di fuoco, in cui non si risparmiò all’avversario alcun epiteto, perfino volgare e offensivo. Da una parte si accusò l’interlocutore di essere fascista (anche a me, che mi ritengo un liberale cattolico), razzista, sovversivo, sovranista, populista, e così via. Dall’altra di essere intollerante, dominus della verità e della giustizia sociale, e infine riemerse una parola tanto temuta: fasciocomunista, forse la meno gradita, poiché assommava il peggio del peggio del nostro passato.

Ma un aspetto tutto speciale fu quello assunto dagli interlocutori cattolici, che divenne un paradigma importante per capire il periodo che stavamo attraversando e l’influenza che Papa Francesco dimostrava di avere su una buona parte dei fedeli italiani.

Cominciò a diffondersi il convincimento che gli insegnamenti della Chiesa, a partire dal Vangelo, dovessero prevalere sulla legge, e riapparve, così, il dualismo, in Italia mai del tutto sopito, tra coloro che sostenevano la divisione tra lo Stato laico e la Chiesa, basandosi sulle parole di Gesù: “Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio†(anch’io tra questi) e coloro che sostenevano che una legge potesse essere giudicata anche disumana e illegale (sic!) e dunque essere violata.

Nelle discussioni che ho avuto al riguardo, anche durissime, che mi sono costate la perdita di alcune amicizie reali e finanche l’epiteto per me ingiurioso di fascista o comunque di simpatizzante collocato alla destra estrema dello schieramento politico italiano (è il prezzo che ho dovuto pagare per questa specie di inchiesta-verità), ho pervicacemente sostenuto che le parole di Gesù sanciscono la distinzione, prima mai fatta, fra le competenze di uno Stato laico e quelle della Chiesa. Ho sostenuto, infine, che non poteva essere accettato, nemmeno da un cattolico (io fra questi) che le dottrine del cattolicesimo si dovessero imporre (come se fossimo in terra di missione) ai cittadini di altre professioni di fede o atei. Una prepotenza e una supremazia che urtano ferocemente con uno Stato democratico. Il solo percorso per diffondere in uno Stato laico i valori della religione cattolica è quello di costituire un partito cattolico, come fu la Democrazia Cristiana di don Sturzo, affinché sia reso possibile partecipare con i propri rappresentanti alla formazione delle leggi. Al di fuori di un tale percorso, qualsiasi ribellione alla legge è ingiustificata ed eversiva.

Il mio assunto, a riguardo di tutto ciò, è che in Italia, ossia in uno Stato libero e democratico, la legge che rispetti la nostra Costituzione è intrinsecamente compresa di tutte le qualità necessarie a regolare la vita dei suoi cittadini; la si può cambiare, ma finché è in vigore la si deve rispettare, non potendo mai essere disumana e meno che mai – ciò sarebbe una contraddizione in termini – , illegale. Questa è la via maestra per ogni democratico e la sarà sempre per un liberale cattolico come me.

Confesso, infine, che più di una volta mi sono permesso di stuzzicare il mio interlocutore, e in qualche caso forzare addirittura i toni del confronto, e ciò al fine di rendere più scoperta la sua posizione, che mi appariva timida o ambigua o reticente sui temi che stavamo discutendo. Qualcuno ha parlato di una mia insistente e offensiva aggressività, ma invero si è trattato di una necessità diciamo filologica, la quale mi ha consentito (come si usa nelle interviste) di raggiungere il risultato. In certi casi, le mancate risposte dei miei interlocutori, o le censure subite, sono state più esplicite di una risposta reale.

Ciò che qui è rappresentata, dunque, seppure in miniatura, è l’Italia di quei giorni.

 

L’autore

P. S. Ho tolto alcuni scontri duri avuti con un mio amico di infanzia e due compaesani. Poche cose che non mutano il quadro rappresentato.

Il libro si acquista qui


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart