LIBRI IN USCITA: MERIDIANOZERO 8/2011
8 Aprile 2011
Care lettrici e cari lettori,
il nuovo libro di Victor Gischler, “Notte di sangue a Coyote Crossing”, e’ finalmente uscito! Vi invitiamo quindi a farne man bassa nelle librerie, visto che questa volta Gischler si e’ guadagnato il paluso nientemeno che di Don Winslow: “Victor Gischler ha la scrittura nel sangue e con “Notte di sangue a Coyote Crossing” ha creato una splendida fusione tra padre e figlio della narrativa americana: il western e il noir. Gischler c’e’ riuscito, e con grande stile. Spero che il protagonista, Toby Sawyer, resti in circolazione ancora a lungo”.
Noi speriamo che il nuovo romanzo di Gischler vi conquisti, cosi’ come ha gia’ conquistato molti giornalisti, alle cui recensioni vi lasciamo.
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LE NOVITA’ IN LIBRERIA:
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Notte di sangue a Coyote Crossing di Victor Gischler – Euro 14,00
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In mezzo allo sconfinato nulla dell’Oklahoma, nella contea di Coyote Crossing, gli abitanti dormono sonni tranquilli, o almeno cosi’ credeva il giovane aiuto sceriffo Toby Sawyer, prima di quella notte. I Jordan sono piombati in citta’, assetati di vendetta per l’omicidio del fratello Luke, ma il cadavere e’ scomparso e tutti sembrano avere troppe cose da nascondere per raccontare la verita’. Toby deve ritrovare il corpo prima dell’alba, e scoprira’ ben presto di non essere il solo a cercarlo…
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Aprile e’ il piu’ crudele dei mesi – Euro 9,00
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Di nuovo disponibile in tascabile “uno dei piu’ bei romanzi noir degli ultimi vent’anni” (Massimo Carlotto), nonche’ il secondo libro della serie della Factory.
LE RECENSIONI
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Notte di sangue a Coyote Crossing di Victor Gischler – Euro 14,00
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D, 19.3.11
Ancora una volta il West
Toby Sawyer e’ il giovane aiuto sceriffo part time di una minuscola cittadina sperduta nel cuore della provincia americana. Ex chitarrista di una band fallita anzitempo e privo di qualsivoglia talento o passione, all’indomani della morte della madre e di una notte di sesso distratto, e’ rimasto intrappolato in una vita di marito e padre che gli piace decisamente poco. Voce narrante e irresistibile protagonista del nuovo libro di Victor Gischler (da romanziere ha pubblicato in Italiano “La gabbia delle scimmie” e “Anche i poeti uccidono”, da sceneggiatore molte storie Marvel di “X-Men”), Toby si ritrovera’ alle prese con poliziotti corrotti, messicani clandestini, incendi colposi, furti d’auto e cadaveri, tradimenti, inseguimenti, sparatorie all’ultimo sangue. Tutto in poco meno di dodici ore che lo trasformeranno da nerd irriducibile in supereroe suo malgrado.
“Notte di sangue a Coyote Crossing” e’ un impeccabile incrocio tra western e – noir, acclamato in America da critica e colleghi scrittori tra cui Don Winslow, Joe R. Lansdale, Laura Lippman. A fare da scenario, la Coyote Crossing del titolo, cittadina di case sparpagliate in mezzo al nulla e pick-up guidati da nerboruti cowboy di oggi, sceriffi o criminali che siano. Un micromondo sapientemente animato da Gischler, che affida a Toby l’illuminante motto “Fare la cosa giusta e’ un bel casino ».
Tiziana Lo Porto
Venerdi’, 25.3.11
Prendo Wolverine e uso la sua grinta nel new western
Il suo X-Men a fumetti ha avuto vendite record. Ora Victor Gischler scrive di un giovane vicesceriffo, tra violenza alla Tarantino e scene comiche
Stimato da Joe Lansdale e Don Winslow, Victor Gischler e’ per la narrativa di genere pulp (dal postapocalittico al thriller e ai vampiri) quello che un boxeur peso medio e’ sul ring: un instancabile masticatore di trame capace di muoversi sotto gli occhi del lettore con un passo narrativo frenetico, per poi scaricargli addosso gragnuole di colpi di scena, “Notte di sangue a Coyote Crossing” (Meridiano zero) e’ la storia di Toby Sawyer, indolente vicesceriffo part-time che si fa sottrarre un cadavere e si mette in guai terribili per recuperarlo.
Che cosa possono trovare i lettori a Coyote Crossing?
Una cittadina tipo quelle dei western con Clint Eastwood. E’ nella parte piu’ isolata dell’Oklahoma occidentale, una specie di buzzurrolandia cosi’ lontana da tutto il resto che i telefoni cellulari non funzionano per assenza di ripetitori.
Tutti si conoscono fin da bambini, percio’ tutti si fanno gli affari degli altri…
Ad esempio i colleghi di Toby sanno, sulla sua chiacchierata vita di coppia, molto piu’ di quanto sa lui stesso…
Toby ha 25 anni ed e’ molto immaturo, Be’, dovra’ crescere nello spazio ristretto di una notte, e scoprire cose su se stesso, Questo puo’ essere molto spiacevole, ma e’ una parte necessaria del diventare uomini. E’ un po’ un romanzo di formazione, ma scritto col piede a tavoletta sull’acceleratore, mentre nello specchietto vedi il diavolo che t’insegue: tutta la maturazione di Toby da ragazzotto ingenuo a uomo avviene in una manciata di ore.
La violenza alla Tarantino e’ inframmezzata da scene comiche molto gustose…
La mia preferita: Toby massacra un collega con l’accetta e, di fronte al clandestino messicano che ha visto tutta la scena, dopo averci pensato un po’, non trova di meglio che dire: “Mi raccomando: non andare a rubare, riga dritto”. Con un paternalismo e un senso di superiorita’ in linea col suo ruolo, ma assolutamente incongruo in quella situazione.
Lei scrive anche fumetti per la Marvel (il suo X-Men, Curse of the Mutants e’ stato il secondo albo piu’ venduto nel 2010 negli Stati Uniti)…
II lavoro alla Marvel mi da’ stabilita’ economica tra un romanzo e l’altro. E’ un lavoro di squadra: torme di editor mi tallonano per risolvere ogni dubbio (tipo: “Ma Wolverine potrebbe davvero fare questa cosa?”) e, alla fine, la soddisfazione e’ collettiva.
Giuliano Aluffi
(recensioni Notte di sangue a Coyote Crossing)
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Il vangelo della scimmia di Christopher Wilson – euro 13
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liberidiscrivere splinder com, 2.3.11
Doveva essere un paese ben bizzarro l’Inghilterra dell’era Thatcher per aver ispirato ad un tranquillo professore del Goldsmiths’ College, della London University, “Il vangelo della scimmia” (Meridiano Zero). Non c’e’ che dire l’Inghilterra pullulala da sempre di scrittori satirici e lo humour inglese e’ proverbiale come non pensare a William M. Thackeray che nella “Fiera delle vanita’ ” fece un esilarante quanto feroce ritratto di vizi privati e pubbliche virtu’ della societa’ inglese del diciannovesimo secolo, o Jonathan Swift che ancor prima affilo’ la penna per colpire al cuore l’ipocrisia e la stupidita’ esaltate come doti nazionali e indelebile per me almeno e’ il ricordo della sua “Modesta proposta” in cui consigliava per combattere la poverta’ di dare da mangiare ai ricchi proprietari terrieri i figli denutriti degli irlandesi poveri. “Il vangelo della scimmia”, senz’altro si inserisce in questa nobile tradizione e non sfigura sia per stile, agile e brillante, sia per temi drammaticamente seri sotto la patina colorita dell’ironia e dell’umorismo. Protagonista indiscussa di questo breve romanzo e’ una graziosa scimmietta di nome Maria, per tutta la durata del racconto creduta di sesso maschile e leggendolo capirete bene che questo fatto ha la sua importanza e le sue ripercussioni, una bizzarra creatura un po’ troppo umana quasi la dimostrazione scientifica che la teoria darwiniana non e’ tanto balzana. Dopo aver vissuto giorni felici su una nave da guerra, e gia’ qua il paradosso si fa marcato, scampa ad un tragico naufragio e approda sull’isola di Iffe aggrappata ad una botte. E’ l’inizio di un’improbabile serie di eventi che terminera’ in un tragico epilogo ma e’ il durante che ci interessa e per quanto assurdo e paradossale il divertimento e’ assicurato. Ambientato in un secolo passato, proiezione veritiera del presente contemporaneo all’autore, immaginiamoci l’Inghilterra del 1986 anno in cui fu pubblicato per la prima volta, “Il vangelo della scimmia” ci costringe a fare uno sforzo d’immaginazione e a vedere dal di fuori un’isola che ha fatto sua la teoria dello splendido isolamento: tagliata fuori da gran parte del mondo civile, governata da l’eccentrico Lord Iffe, una caricatura gustosa e parodistica di tutti i governanti ottusi e mediocri, da generazioni non ha mai visto uno straniero, e tanto meno una scimmia, per cui e’ quasi naturale credere per gli abitanti di Iffe che Maria sia un uomo, brutto e peloso quanto volete, ma pure per ironia della sorte con una precisa nazionalita’, quella francese. La societa’ di Iffe specchio e metafora del conservatorismo piu’ bieco e dell’oscurantismo piu’ sfrenato e xenofobo racchiude tutti i mali immaginabili come un improbabile vaso di Pandora pronto a rompersi in un culmine di male e di violenza, male e violenza che cova sotto la cenere per tutta la narrazione. Perche’ il diverso, lo straniero, l’altro da se’ va espulso dalla comunita’, annientato, distrutto. E anche il personaggio piu’ liberale, l’intellettuale del villaggio Gallimauf, il piu’ aperto di vedute avendo letto ben cinque libri, non fa altro che mimare il gioco delle parti e apparire ridicolo e grottesco anche se a suo modo tragico, parodia smaccata dell’intellettualismo e razionalismo che ostenta falsa tolleranza e rispetto per il diverso ma in realta’ si adegua al conformismo dilagante. Non si salva nessuno in questo pamphlet satirico e politico che sul finale prende i connotati della tragedia anche se e’ impossibile non invidiare la vera liberta’ che la scimmietta in se’ racchiude, mentre beffarda e istrionica salta da ramo in ramo, felice per il solo fatto di essere se stessa, non condizionata da leggi granitiche, religioni autoritarie, e ottusi conformismi.
Giulietta Iannone
(recensioni Il vangelo della scimmia)
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Stanze nascoste di Derek Raymond – Euro 16,00
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nonsolonoir, 3.3.11
“Il noir nasce quando il genere umano e’ spinto alla follia in un bar o nell’oscurita’, descrive uomini e donne che la sorte ha spinto troppo in la’, la cui vita si e’ contorta e deformata. Il noir affronta il problema di trasformare un piccolo, timoroso scontro con se stessi in una lotta molto piu’ grande (…) screditata la religione, il noir e’ una sorta di rinnovato sforzo per colmare il vuoto descrivendo apertamente cio’ che fa male alle persone, e questo e’ il motivo per cui non voglio che si confonda con la parte commerciale dell’industria editoriale, ne’ con le effusioni sentimentali di tardone che non perdono di vista l’andamento delle vendite. Il noir non ha nulla a che fare con questo. Il suo scopo e’ portare le persone in mezzo alla tempesta di fango che c’e’ appena fuori dalla porta di casa, dove tutto e tutti vengono martellati da una pioggia insistente che proviene dalle anime sulla strada. Il noir esiste per far vedere agli uomini cos’e’ la vera disperazione: le piccole, buie stanze dell’esistenza dove ogni uscita e’ sbarrata.”
Ci sono autori dei quali si dice che rispecchino perfettamente il loro tempo, nel senso che si inseriscono pacificamente nella storia della produzione letteraria di un dato paese e periodo, di una determinata corrente o genere; ce ne sono altri dei quali si dice lo stesso intendendo, invece, che in virtu’ di una lucida, lucidissima, visione del mondo e delle cose, sono riusciti a raccontare il “loro tempo” (e le sue contraddizioni) meglio dei loro contemporanei.
In questa seconda categoria ricade, fuori da ogni discussione, Derek Raymond, al secolo William Arthur Cook.
Raymond e’ venuto al mondo il 12 giugno 1931 al numero 8 di Montague Place, rampollo di una facoltosa famiglia di industriali del ramo tessile (borghesi “arricchiti”, come fara’ presto notare al padre, con giovanile, crudele lucidita’, e malcelato disprezzo), e morto a Londra nel 1994, a due passi dalla casa paterna, ma lontanissimo dalla posizione politica, economica, e sociale alla quale pareva destinato per nascita. Segno che la sua tormentata vicenda umana ha avuto l’esito sperato: liberarlo dagli odiati cliche’ della sua classe sociale, allontanarlo dalle regole e le convenzioni dell’alta borghesia londinese.
Proprio questa tormentata vicenda umana, Raymond tenta di ripercorrere in “Stanze nascoste” (Hidden Files, 1992), proposto oggi, per la prima volta, ai lettori italiani.
E riletta con l’immane sforzo di conferire un senso unitario (se non si trattasse qui, proprio di Raymond, ci si spingerebbe, forse, fino a dire una “teleologia”) ad un insieme di avvenimenti che ricadono, invece nel piano del puro accadere, la biografia di Raymond assume un indiscutibile valore culturale: si’, perche’, oltre a ripercorrere le tappe della sua infinita formazione, guidata solo dall’aspirazione alla liberta’, e dalla compassione (intesa nel senso etimologico di “soffrire-con”, e non in quello falsamente cristiano e borghese di “provare pieta’ per”), a farlo con tutte le cautele del caso, con una minima quantita’ di raccordi di maniera e con un numero ridotto di auto-citazioni, Raymond affronta qui, vis a vis, tutte quelle questioni teoriche relative al noir, che hanno prodotto i tratti piu’ rivoluzionari della sua narrativa.
Cosi’ ci troviamo a leggere, per esempio, che “non e’ la lingua ad essere morta, ma la gente che la usa. O meglio quando la lingua scritta non somiglia a quella parlata, allora muore sulla pagina. C’e’ qualcosa che non funziona: non si puo’ scrivere in una lingua che non si puo’ parlare.”; e ancora che se il noir fin ora “non ha funzionato” e’ “perche’ e’ stato affrontato da gente che tentava di scrivere cose orribili senza averle vissute”; che “la metafisica”, persino quella “fatta in casa” e’ “molto importante nella scrittura – anzi, imprescindibile”; che “indagare la realta’ nel modo piu’ profondo e completo possibile” e’ il vero compito della letteratura; che e’ inconcepibile che “uno scrittore” non sia mai stato “tormentato dal fantasma di una morte violenta”, che non abbia mai “provato su di se’ l’angoscia della disperazione assoluta” e che “Il noir e’ un mezzo che distrugge il male definendolo, e mostrando tutto cio’ che di negativo esiste nella nostra societa’”.
E le citazioni potrebbero andare avanti ancora a lungo: nelle 330 pagine che compongono la sua biografia, Raymond dimostra – senza mai assumere spiacevoli toni cattedratici e preoccupandosi di far scaturire le sue brillanti intuizioni (espresse in forma quasi aforistica) dal flusso stesso della narrazione – una capacita’ di sintesi folgorante.
Ma trasformare questa recensione in una raccolta di aforismi non avrebbe senso; basti al lettore sapere che, tra uno spostamento e l’altro, e tra un aneddoto e l’altro, l’autore, come un novello Chandler alle prese con la sua stesura di “The simple art of Murder” riesce ad affrontare temi “caldi” quali la genealogia del noir e i rapporti con il giallo classico; a interrogarsi sul senso della letteratura, sui motivi del successo di alcuni generi di intrattenimento, e sulla scarsa diffusione di altri (il “vero” noir); a condurre una personale crociata contro i boriosi, ad addentrarsi nella teoria analizzando le differenze psicologiche tra i suoi personaggi principali (il sergente della serie della Factory e il Kleber di “Incubo di strada”) ecc., senza mai annoiare, e conciliando un altissimo livello di riflessione con una chiarezza sbalorditiva.
E se quanto detto fin qui non e’ sufficiente per darvi l’idea di quanto un testo cosi’ lungamente atteso possa essere essenziale per la comprensione dello stato attuale del noir e per affrontare, tutte in una volta, questioni “disperse” che richiederebbero l’attenta lettura di numerosi altri autori; si’, insomma, se siete ancora inchiodati davanti al monitor, e non vi passa nemmeno per la testa l’idea di fiondarvi in libreria, be’, tanto vale che cambiate genere e torniate alle “effusioni sentimentali di tardone che non perdono di vista l’andamento delle vendite” di cui sopra…
Fabrizio Fulio-Bragoni
(recensioni Stanze nascoste)
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Una donna di troppo di Carl Hiaasen – Euro 18,00
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Florida. Durante una crociera la bella Joey vive l’incubo di qualsiasi moglie milionaria sposata con un mascalzone. Mentre la donna ed il marito Chaz passeggiano al chiaro di luna sul ponte della Sun Duchess, lui la scaraventa fuori bordo lasciandola in balia del oceano. Aggrappata ad una balla di marijuana da venti chili, con tutta la forza della disperazione, Joey riesce a salvarsi grazie anche all’aiuto di Mick Stranahan, ex detective che vive da eremita su un piccolo atollo a largo di Boca Raton. Dopo un lungo e doloroso momento di sbigottimento in Joey monta la rabbia della donna furiosa e confusa. In breve la bionda organizza un preciso piano per una vendetta che, come ogni vendetta che si rispetti, va gustata fredda: rubare la vita a Chaz, quello stronzo di Chaz, farlo andare fuori di testa e fargliela pagare con tutti gli interessi. Tuttavia c’e’ qualcosa che ne’ Joey ne’ Mick (il quale non tarda ad unirsi al diabolico piano, un po’ per curiosita’, un po’ per l’indubbio fascino della donna) riescono a capire: perche’ Chaz ha tentato di ucciderla? Non per i soldi: il testamento di Joey e’ saldamente nelle mani degli avvocati e comunque Chaz non avrebbe beccato un centesimo. Non per tradimento: Joey assecondava abbondantemente la frenesia sessuale del dotato marito. Allora cosa?
C’e’ molto altro dietro. Joey sospettava qualcosa ma non avrebbe mai immaginato… Chaz, giovane e incapace biologo, lavora come consulente degli ecosistemi palustri nelle Everglades, discarica a cielo aperto ma lottizzata come discarica ed ottima fonte d’acqua putrida per campi coltivati. Chaz e’ pagato da un personaggio di dubbia moralita’, Red Hammernut, proprietario di migliaia di ettari di terreno irrigati dalle fetide acque delle Everglades. Compito di Chaz, effettuare quotidiani controlli fasulli dell’acqua per mantenere pulito Red. Compito di Red, passare mazzette e regalini al suo ragazzone. Ma la faccenda scotta: Joey sospetta qualcosa (o almeno, cosi’ crede Chaz) e se la fitta rete di corruzione saltasse fuori Chaz non rischierebbe soltanto il lavoro…
Tra personaggi spassosi, scene piccanti ed una borghesia di piccoli scandali quotidiani, il nuovo romanzo di Carl Hiaasen, giornalista americano di origini norvegesi, classe 1953, va come un razzo. Il ricco materiale narrativo – roba alla Edward Abbey ma soprattutto figlia dellablack comedy statunitense e del pulp piu’ leggero e scanzonato – non gli esplode mai tra le mani e la carrellata di personaggi e’ stereotipata al punto giusto. Sempre attento alle tematiche dell’abusivismo edilizio a scapito delle risorse naturali, Hiaasen riesce a non risultare un moralista eco-fanatico, dosando perfettamente narrazione e reportage scientifico – lo scempio delle Everglades in Florida, per esempio, materia gia’ trattata dall’autore in numerose pubblicazioni. Con un gran senso dell’umorismo l’autore riesce a costruire un bell’intreccio, tra colpi di scena, ricatti e menzogne, che mette a nudo un aspetto poco raccontato del marciume di certe realta’ americane, fino alla resa dei conti finale, da leggere tutta d’un fiato.
Godibilissimo ed esilarante.
Paolo Castronovo
(recensioni Una donna di troppo)
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Two for Texas di James Lee Burke – Euro 14,00
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milanonera, 14.10.10
Che il western e l’hard-boiled siano parenti e’ cosa risaputa ma forse non ampiamente riconosciuta. In fin dei conti si tratta di due generi di letteratura pulp nati uno di seguito all’altro, storie che segnano il passaggio dell’America della frontiera a quella del banditismo. James Lee Burke, creatore della saga di Robicheaux, si spinge a raccontarci una vicenda dichiaratamente western senza lasciare le paludi per sottolineare una fratellanza intellettuale non da poco. Moltissimi thriller della scuola dei duri riprendono caratteri e situazioni del western. La vicenda di Son e Hugh, prigionieri in un carcere della Louisiana che colgono la fortuna e iniziano un percorso iniziatico attraverso l’America in fase di formazione per raggiungere il Texas e’ la riproposta del miglior nero on the road che sta alla base del poliziesco moderno.
I due protagonisti sono la strana coppia, il giovane e la canaglia, eroi del West ma anche di centinaia di telefilm e romanzi della scuola dei duri sino a oggi. La loro avventura, avvincente, ben descritta, umanissima e spietata e’ la metafora di un mondo in cambiamento. Che poi e’ il succo di ogni vero thriller americano. Da leggere, sognando a ogni pagina come davanti a un bellissimo film in cinemascope. Il tema stesso del viaggio come percorso di formazione e’ emblematico. Il Texas e’ indipendente, incombe la battaglia di Alamo e Son e Hugh scoprono di non essere solo due carcerati in fuga. E capiscono di non essere cosi’ duri di fronte a una realta’ selvaggia, popolata di personaggi strambi, feroci, calati in situazioni pericolose.
Il loro e’ un percorso di formazione, di costruzione di una amicizia virile. Un percorso che, a ben guardare, e’ comune al western quanto al poliziesco. Forse, c’e’ da chiedersi, non solo McCarthy ha saputo cogliere il senso della frontiera. Forse un giallista spesso maltrattato nelle edizioni italiane (troppi gli editori che lo hanno mollato prima del tempo) ha saputo sparare e colpire il bersaglio.
Stefano Di Marino
(recensioni Two for Texas)
Letto 1940 volte.