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L’incertezza di Berlusconi danneggia il Paese

3 Novembre 2010

Diciamola con tutta franchezza. La linea che sta tenendo Berlusconi non è comprensibile. È una linea suicida.

Belpietro, molto più autorevole di me, glielo sta dicendo da mesi. Come fa Berlusconi a non accorgersi che ogni giorno che passa, aggrava la sensazione di sconfitta che comincia ad aleggiare su di lui?

Se ha pensato di trasformarsi in martire della Repubblica, cambi subito idea. Non abbiamo bisogno di martiri da far salire sugli altari perché sono stati santi, ossia pieni di amore, di comprensione e di sopportazione del prossimo.

I martiri di cui ha bisogno il Paese sono quelli che combattono e cadono unicamente per la causa. Che in questo caso è la modernizzazione di uno Stato che al confronto quello borbonico fa sorridere.

Il bene del Paese non lo si può sventolare come propria bandiera e poi sacrificarlo per un surrogato di bene, identificato nella riappacificazione proprio con quegli avversari che cercano di impedire il cambiamento.

Bocchino si gonfia della sua spocchia e della sua presunzione (ma quando cadrà farà un gran fracasso) e può annunciare che altri due pidiellini sono passati nelle file del Fli, e che fra poco ne seguiranno altri.

Per forza. Non è così difficile invadere il campo nemico, quando i guardiani e i capi dormono. E quando il comando delle truppe è stato affidato al pacifista universale a tutti i costi come Gianni Letta.

Il debito che costui sta contraendo con il Paese è enorme e, secondo come andranno le cose, non potrà mai saldarlo. In gioco c’è la fine definitiva di una Italia diversa e migliore.

Chi sa quante generazioni dovranno trascorrere prima che qualcuno torni a mettere in cima ai suoi programmi un’Italia che stacchi definitivamente con il suo passato peggio che borbonico.

Possibile che un capo si lasci assottigliare le sue truppe senza analizzare il comportamento (e forse la connivenza) di taluni suoi generali?
Se Berlusconi è diventato tutto questo, chiudiamo con la speranza. Non illudiamoci più.

O Berlusconi chiama in soccorso il corpo elettorale o la stretta intorno a lui si chiuderà strozzandolo.
Gli elettori sono lì pronti a dire la loro e a soccorrerlo. Ma il capo non li chiama.

Perché?


Letto 1960 volte.


2 Comments

  1. Commento by Maurizio — 3 Novembre 2010 @ 16:43

    Caro Di Monaco, la seguo e leggo i suoi interventi da parecchio tempo e sono sempre stato daccordo con lei sulla linea dura e intransigente che avrebbe dovuto tenere il PDL invece di andare ad accomodamenti continui che non accomodano nulla, sul caso fini e sul (non) ruolo del Presidente Napolitano, sulla guerra alle colombe come Gianni Letta.

    Ma ora le dico: il tempo è scaduro, è troppo tardi. E troppo tardi per recuperare un ruolo da protagonista per Silvio Berlusconi, che, quando non sono gli altri a dargli addosso come troppo spesso capita, riesce anche a farsi male di suo. E’ un uomo di una certa età, stanco e affaticato dalle mille battaglie e dalle mille mediazioni,   che ha ormai cento nemici, tra cui in parte sè   stesso. Che era entrato in politica a 58 anni per riformare l’Italia da cima a fondo e che si ritrova a 74 anni, dopo mile battaglie ad avere in mano poco più che un pugno di sabbia.

    La sua ipotesi e che si vada   di nuovo alla guerra, all’ultima battaglia elettorale, ma avremmo altri sei mesi di logoramento continuo come in questi ultimi tempi, con una minorenne o un’accusa di mafia e chi sa che cos’altro che verrà buttata fra i piedi del Premier ogni giorno per poi buttarsi in una campagna elettorale a muso durissimo, che lascierà sul campo morti e feriti (solo virtuali speriamo). E che poi comunque,   anche ammesso che si rivincesse, anche ammesso che il senato non diventi una palude con un sostanziale pareggio, porterebbe all’ennesimo governo Berlusconi.   Per fare cosa? Quello che non si è riusciti a fare in 16 anni?

    E poi salterebbe fuori un altro Fini, come è saltato fuori Casini nel 2001, come è saltato fuori Bossi nel 1994. E saremmo di nuovo nella medesima situazione di blocco.

    La soluzione invece sta oggi, secondo me, nel superamento del berlusconismo, la preparazione del dopo Berlusconi, fatto non dai nemici di sempre pronti ad avvirasi a Piazzale Loreto, ma fatto da dentro il PDL, creando una “fascia di sicurezza” di un paio d’anni per far crescere il vero successore di Berlusconi, facendo gestire l’ordinaria amministrazione da un governo Tremonti fino alla fine della legislatura, con maggioranza come quella uscita dalle urne, a cui potrebbe aggiungersi pure Casini, se i Finiani facessero i capricci.

    Fra due anni, dopo avere comunque governato non peggio di quanto potrebbe farebbe l’attuale governo, si andrebbe ad elezioni con un nuovo Leader del Centrodestra, che potrebbe essere lo stesso Tremonti, se nel frattempo sarà cresciuta la sua statura di “Politico di Razza”, oltre che di bravo tecnico di economia, oppure qualcun altro che abbia avuto il tempo di emergere e imporsi.

    Berlusconi potrebbe momentaneamente ritagliarsi il ruolo di “padre nobile” in attesa, eventuale, di poter nel caso, salire al Quirinale, dove anche l’età avanzata sempra non rappresentare un handicap. E se così non dovesse essere, potrà sempre scegliere una delle 35 vile sparse nel mondo dove ritirarsi e dedicarsi ai suoi piaceri preferiti, che tutti conoscono quali siano, per non averne lui fatto alcun mistero.

    Ci pensi e vedrà che è una soluzione non facile, ma credo l’unica ad oggi praticabile.

    Con stima e simpatia.

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 3 Novembre 2010 @ 20:39

    Copio e incollo quanto ho risposto al nick Malo sul Legno, che dovrebbe essere Lei, visto che il commento è identico.
    _________
    Che sia tardi, sono d’accordo. Si doveva procedere in estate, come scrissi. Però ancora si può fare. La campagna elettorale è una scusa, perché ci sarà comunque con le amministrative.

    Non ho mai avuto simpatici né Fini né Bossi, ma ho puntato su Berlusconi, e mi batto ancora per lui, nonostante le sue debolezze, perché è l’unico che può riformare lo Stato. Non ci sta riuscendo, ma se fallisce lui, se passa in secondo piano, noi torneremo all’infausta prima Repubblica. Ed io non voglio, non per me che ho quasi 69 anni (a gennaio), ma per i nostri figli. Un’Italia più agile e più efficiente, dove le scelte di chi ci deve governare devono venire dagli elettori.

    Le elezioni, se dovessimo ancora vincerle (ed io credo di sì, ci saranno più astensioni, ma noi prenderemo il premio di maggioranza alla Camera; una lotteria, certo, sarà al Senato), si sarà fatta un po’ di pulizia. Fini non avrà fatto in tempo ad organizzarsi e i due anni che restano (pochi, ormai?) potrebbero consentire a Berlusconi di fare le più importanti riforme.

    Se invece lo mettiamo in seconda linea, tutto sarà perduto. Non c’è nessuno che vuole sul serio le riforme della giustizia, a molti sono indifferenti il presidenzialismo e l’elezione diretta di chi ci deve governare. Sono tutti disposti a patteggiare compromessi che lascerebbero le cose così come stanno.

    Tremonti non ha la stoffa del premier. Secondo me, sarebbe un disastro, in continuo conflitto con tutti. Può piacere alla Lega Nord, ma non potrà mai essere un premier.

    Gentile Malo, nel momento in cui rinunciamo a Berlusconi, rinunceremo ala riforma dello Stato. La battaglia sarà persa per sempre.

    Io continuerò a difenderlo e a stimolarlo, anche criticamente (come in questo caso), perché, andato via lui, l’Italia dovrà attendere molto (qualche generazione?) per ritrovare un’occasione d’oro come questa. Gli italiani ci avevano sperato. E ci saremmo riusciti, senza il tradimento di Fini.

    Ora Berlusconi è finito in mano a Gianni Letta, un grand commis della prima Repubblica.

    Siamo rimasti in pochi a indicare la strada delle elezioni. Leggo sempre con piacere Belpietro e Bechis che hanno il mio stesso punto di vista.
    Grazie di leggermi.

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