Nasce un nuovo giornale di opposizione. Quel ridicolo appello di Repubblica24 Settembre 2009 Ogni volta che apro in questi giorni il quotidiano web di Repubblica e leggo i nuovi nomi altisonanti che si aggiungono alla lista di coloro che invocano la libertà di stampa in Italia, mi domando che cosa mai sia stato raccontato a costoro. Possibile, mi chiedo, che Wim Wenders, ad esempio, creda a queste sciocchezze? E così altri personaggi stranieri? Molti dei sottoscrittori sono italiani e autentici sconosciuti e posso capire che siano stati indotti a questa farsa dalla suggestione di partecipare, che so, ad una sorta di nuova impresa dei Mille, ma gli altri, quelli che si sono fatti un nome nel campo dell’arte, e che dovrebbero verificare prima di mettere la propria firma su un appello che denuncia una grave minaccia alla libertà di stampa, non hanno provato a metter il naso fuori della finestra e vedere quanti giornali circolano liberi di dire ciò che vogliono? Mi domando quale senso del ridicolo sorregga ancora l’iniziativa di Repubblica nel momento in cui in Italia nasce un nuovo quotidiano, e per giunta, avverso al governo. Chi si vuole prendere in giro? E’ evidente che la partita intrapresa da Repubblica non riguarda affatto la minaccia alla libertà di stampa, minaccia che, come si è visto, non c’è, ma una faccenda del tutto privata che vede di fronte un quotidiano che ha scritto certe cose sulla vita del premier e quest’ultimo che si è rivolto legittimamente alla magistratura ritenendosi diffamato. Toccherà , dunque, alla magistratura dirimere la quaestio, e un tale appello non ha alcuna ragione d’essere; non solo è fuorviante, ma rischia ogni giorno di più di apparire pretestuoso. Articoli correlati: | ![]() | ||||||||||
Commento by giuliomozzi — 25 Settembre 2009 @ 11:32
Più che un giornale d’opposizione, peraltro, sembra – al momento – un giornale di autopubblicità . Vedi la coincidenza dell’uscita in edicola con l’avvio di “Anno zero”; vedi l’incastro con la casa editrice Chiarelettere (il cui titolare, Lorenzo Fazio, è nel consiglio d’amministrazione della società che dita il “Fatto”); vedi le manchette in prima pagina che pubblicizzano i libri di Travaglio e Padellaro. Un’interessante convergenza di interessi.
Dal punto di vista editoriale, si può dire che è un’operazione del tutto nuova, e quindi da guardare con attenzione. (Anche per la singolare bruttezza della grafica, mi vien da dire).
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 25 Settembre 2009 @ 13:02
Condivido, Giulio. Nondimeno è un nuovo giornale che nasce (e comunque non certo a pro di Berlusconi) in un paese in cui Repubblica sostiene con il suo appello che la libertà di stampa è minacciata.
Commento by giuliomozzi — 27 Settembre 2009 @ 11:02
Tizio, agitando in aria una spranga, si rivolge a Caio: “Ora ti picchio”.
Caio: “Guardia, Tizio mi vuole picchiare”.
Guardia: “Ma ti ha picchiato o no?”.
Caio: “Non ancora”.
Guardia: “Quindi la tua integrità fisica non è minacciata”.
Caio: “Ma Tizio ha formalmente dicharata la sua intenzione di picchiarmi”.
Guardia: “Queste sono solo parole. Sei stato picchiato o no?”.
Caio: “No”.
Guardia: “Il tuo è dunque un falso allarme”.
Caio: “Signora Guardia, ma non vede quanto Tizio è grosso? Non vede che ha una spranga tra le mani? Non ha sentite le sue parole”.
Guardia: “Ho visto e ho sentito. Il punto è, caro mio, che tu non sei stato picchiato da nessuno”.
Tizio: “Scusate”.
Guardia: “Prego”.
Tizio: “Se ne avete ancora per molto, io intanto andrei a prendermi un caffè”.
Guardia: “Non si preoccupi. Vigilerò affinché il signore non si allontani, e voi possiate proseguire la vostra civile discussione”.
Tizio: “Grazie” (entra nel bar).
Caio: “Ora scappo” (fa per scappare).
Guardia (trattenendo Caio): “Eh no, caro mio. Avevi iniziata una discussione con quel signore lì, e per buona educazione devi concluderla”.
Caio: “Ma che fa, sta con lui? Con quello che mi vuole picchiare?”.
Guardia: “Senti, mi sono stufato. Se continui ad accusare quell’onest’uomo di volerti picchiare, ti denuncio io per calunnia”.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 27 Settembre 2009 @ 23:40
Se Tizio è il Fatto, lui le sprangate le sta già tirando:
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578
E se la Guardia è tutto il can can che si fa sulla presunta minaccia della libertà di stampa, questa Guardia è proprio l’appello di Repubblica che vorrebbe convincere Caio che, siccome non c’è libertà di stampa, non deve temere di Tizio che non potrà che essergli ossequiente (ma sa bene che Tizio gli darà di spranga, ciò che ha già cominciato a fare).
Commento by giuliomozzi — 10 Ottobre 2009 @ 19:02
Non è questo il punto, Bartolomeo.
Il punto è: se io dico che “la libertà di stampa è minacciata”, dico forse che “non c’è libertà di stampa”?
No.
Se io sospetto che la libertà di stampa sia “minacciata”, ci sono due possibilità :
– è vero,
– è falso.
Per sapere se è vero o falso, c’è un solo sistema: aspettare.
Purtroppo, nel caso sia vero, a forza di aspettare mi troverò nella condizione di non poter più nemmeno dire: “Non c’è libertà di stampa”, perché appunto non ci sarà più libertà di stampa.
Se Tizio mi si avvicina con una spranga in mano, che cosa faccio? Aspetto che mi spranghi per poter offrire la prova provata che la sua intenzione era quella di sprangarmi, oppure applico il principio di precauzione e chiamo subito una guardia?
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Ottobre 2009 @ 22:14
Vedi, Giulio, a parte che si parla spesso proprio di mancanza di libertà di stampa in Italia, non da oggi, la tua osservazione non sposta di una virgola quella che io ho avvertito come una palese e ridicola contraddizione.
Dimmi tu come fa ad essere minacciata la libertà di stampa dal momento che nasce un nuovo quotidiano, che ancora gode di piena salute nonostante siano passati molti giorni dal 23 settembre?
La verità è che oggi non solo c’è in Italia una invidiabile libertà di stampa, ma in giro non c’è alcuna minaccia. Nessuno sprangatore in agguato, insomma.
Io sono d’accordo invece che i quotidiani devono dare informazioni corrette, e mai diffamare. Berlusconi si è rivolto alla magistratura perché si è sentito diffamato. Ha fatto una cosa giusta, se ha creduto di essere colpito con la diffamazione. Non ha mandato dei sicari a punire i colpevoli. Ha chiamato a giudicare le sue ragioni la magistratura. Il teorema di chi afferma che essendo presidente del consiglio non avrebbe dovuto querelare i quotidiani, non funziona se si è sentito diffamato (ossia offeso in violazione della legge).
Se si tratterà davvero di diffamazione, allora i giornalisti – spero – avranno capito la lezione che parlare di libertà di stampa non significa che iessi siano liberi di fare ciò che vogliono, compreso violare la legge.