Non possiamo stare fermi9 Aprile 2012 Il mio timore è che essendo i partiti e i sindacati le più grandi associazioni in grado di organizzare manifestazioni di protesta (ed oggi è contro la loro inettitudine che protestiamo), lo scontento dei cittadini sia come l’abbaiare del cane che poi non morde. Lo dico con schiettezza e fermezza. A me non piacciono questi partiti che fanno e disfanno a loro piacere, e se colgono qualche malumore nel popolo, trovano sempre la strada e l’accordo comune per ingannarli. Succederà così anche per i rimborsi elettorali, come è successo a riguardo dei costi della politica, solo parcamente ridotti. Non so se alle elezioni del 6 maggio ci saranno segnali di ribellione. Forse attraverso l’astensione: che personalmente giudico un errore in un momento in cui è richiesto il fare concreto e non astratto. Così, pur essendo iscritto al Pdl, darò il mio voto ad un candidato sindaco che uscì nel giugno scorso dal Pdl (ha fatto una propria lista civica) e che fu sindaco operoso per due mandati consecutivi negli anni passati, ribellandosi ai diktat del suo partito (le cose che fece nei due mandati superarono di gran lunga la somma di quanto era stato fatto dall’inizio della repubblica, e oggi sono diventate vanto della città ), e sceglierò nella lista del Pdl un candidato che la mia esperienza ha verificato come onesto, impegnato sul territorio e ligio al rispetto degli impegni. Stamani l’editoriale ironico e caustico di Vittorio Feltri conclude così: “Avanti di questo passo, l’esecutivo dei docenti risolverà anche il problema demografico attraverso una sorta di selezione fiscale: se uno non ha i mezzi per tacitare l’Agenzia delle entrate, si accomodi al cimitero. Provvederanno i suoi eredi a compensare il mancato introito, versando l’imposta sui loculi. Prima o poi, però, finiranno al camposanto anche i mandanti degli esattori. Il redde rationem è molto vicino.†Anche lui però, che autorevolmente potrebbe proporre qualcosa di concreto, si limita ad un avvertimento generico e generale, che in sé non significa niente. Il redde rationem, dunque,  si respira nell’aria, ma non riesce ancora ad assumere una forma. Invece occorrerebbe dargli un corpo, disegnarne gli obiettivi, in modo da rappresentare una minaccia per i nostri governanti. Del tipo: se non ridurrete drasticamente i costi della politica, se non riformerete la magistratura, se non farete scegliere agli elettori premier programmi e maggioranza, se non ridurrete le tasse avviando invece iniziative concrete per la crescita, se non dismetterete parte del patrimonio pubblico per ridurre il debito sovrano (sono solo alcuni esempi) nel 2013 avrete la tale reazione dell’elettorato che ci segue. Finché non agiremo in questo modo, i partiti applicheranno dei semplici pannolini caldi al nostro scontento e tutto continuerà come prima.
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