PD. Un partito senza leader13 Agosto 2013 di Angelo Panebianco È paradossale che la decapitazione giudiziaria del suo storico avversario non stia al momento portando frutti al Partito democratico. Berlusconi continua ad essere il protagonista principale di questa stagione. La vicenda Imu è esemplare. Quando il premier Letta dice che solo se il suo governo durerà si eviterà il pagamento delle prossime rate dell’Imu sulla prima casa, sta ricordando al Pdl che non gli conviene tirare la corda, ma sta anche implicitamente riconoscendo che l’agenda politica del governo è dettata, in larghissima misura, da Berlusconi. Naturalmente, ciò è in larga misura conseguenza delle sue divisioni interne, del fatto che, a tanti mesi di distanza dalla sconfitta di Bersani, non è ancora riuscito a trovare un nuovo baricentro politico. È dunque alla sfida per la leadership nel Pd che bisogna guardare per capire come evolveranno le sue scelte programmatiche e i suoi rapporti col governo. È ormai chiaro che Matteo Renzi e Enrico Letta (quale che sarà la formula della partecipazione di quest’ultimo) ne saranno i protagonisti principali. È, per certi aspetti, una buona notizia. Non vengono dall’esperienza comunista (anche se non potranno mai ignorare il ruolo di coloro che da lì provengono), non sono appesantiti da quel fardello. Anche se difficile in pratica, i due potrebbero essere tentati di cercare un accordo. Sarebbe una buona cosa per certi versi e cattiva per altri. Sarebbe una buona cosa per il fatto che essi sembrano avere virtù e difetti opposti e potrebbero compensarsi. Letta appare, fra i due, il più solido, il più attrezzato culturalmente e politicamente, ma è anche frenato da un eccesso di prudenza (in tempi in cui servirebbero audacia e inventiva). Renzi appare meno solido ma è un comunicatore nato, ha coraggio da vendere, e dispone di quella spregiudicatezza che è necessaria alla leadership. Un accordo fra i due sarebbe però anche, da un altro punto di vista, una cattiva cosa. Metterebbe capo a una diarchia, per sua natura instabile, in un’epoca in cui i partiti hanno bisogno di un (solo) leader su cui investire: uno che ci metta la faccia da solo. In ogni caso, soltanto quando le lotte interne al Pd cesseranno, quando ci sarà un vincitore, quel partito potrà darsi un profilo politico e una piattaforma che lo rendano di nuovo elettoralmente appetibile. Chi si interroga sul futuro del Pd dovrebbe anche tenere d’occhio le partite su legge elettorale e riforme istituzionali. Poiché la politica non può essere divisa in compartimenti stagni, quelle partite (ad esempio, una nuova legge elettorale, incidendo sulle potenziali alleanze, potrebbe favorire l’uno o l’altro candidato) influenzeranno la competizione per la leadership dentro il Partito democratico. Napolitano risponderà a Berlusconi. Entro domani le prime valutazioni del Colle ROMA – Ormai ha messo a punto le sue valutazioni, dopo lunghe giornate di riflessioni, incontri, telefonate, e al massimo fra due giorni Giorgio Napolitano scioglierà la “riserva” e spiegherà come la pensa sul braccio di ferro ingaggiato da Berlusconi per rivendicare un salvacondotto nonostante la sentenza della Cassazione. E sarà una dichiarazione ufficiale quella in cui, fra oggi e domani, il capo dello Stato metterà in fila gli aspetti e le possibilità formali di sua competenza sul caso, rispondendo così alla richiesta avanzata dal Pdl di un intervento per salvare l’ex premier. Manca un unico tassello per completare il quadro che il presidente della Repubblica ha ormai quasi definito sul suo tavolo: un incontro a quattrocchi con Gianni Letta, l’uomo di collegamento fra il Colle e il Cavaliere, che con tutta probabilità varcherà domani i cancelli della tenuta di Castelporziano, dove Napolitano sta trascorrendo il periodo di vacanze estive. È possibile perciò che proprio dopo questo incontro decisivo, che fa seguito a quelli con Brunetta-Schifani e con i vertici del Pd, arrivi la tanto attesa nota del Colle. Il capo dello Stato, stretto fra il pressing del Pdl e il no del Pd, anche dopo aver sentito gli uffici giuridici del Quirinale che gli hanno preparato un dossier, ha deciso dunque di rompere il silenzio e di farlo con una dichiarazione: pubblicamente, per sottrarsi al balletto di indiscrezioni, ipotesi, trame, alle mille voci sulle intenzioni del presidente della Repubblica che scuotono i partiti e mettono in affanno il governo. Una prima valutazione, magari non risolutiva, in cui il Colle farà il punto sotto il profilo formale, senza accogliere i diktat del Pdl ma magari rinviando alcuni aspetti a ulteriori approfondimenti. Con la necessità politica di tenere il governo al riparo dalle ritorsioni. Sentiero stretto, col centrodestra che invece minaccia rappresaglie sull’esecutivo in caso di decadenza di Berlusconi (e anche questo aspetto il capo dello Stato vuol chiarire con Gianni Letta), ma al Colle le soluzioni fin qui prospettate per non far uscire di scena l’ex premier apparirebbero non praticabili. A cominciare dall’arma più forte e definitiva, quella della grazia, che il capo dello Stato può concedere solo in casi ben precisi. E adesso non è certo quello del Cavaliere, come probabilmente il Quirinale stesso s’incaricherà di chiarire nelle sue valutazioni. Tante e troppe, poi, le delicate questioni ancora aperte per non far apparire un intervento pro-Berlusconi come una vera e propria ingerenza di Napolitano sulla magistratura e anche sul Parlamento. Non sono ancora note nemmeno le motivazioni della Cassazione (con la polemica in corso sul presidente Esposito), resta ancora da ricalcolare la pena accessoria dell’interdizione davanti alla corte d’Appello di Milano, deve riunirsi ai primi di settembre la giunta per le elezioni del Senato sull’incandidabilità . Ecco perché, con una situazione “processuale” del Cavaliere non definita e tanto complicata, per il Quirinale metterci la mani appare un’operazione impossibile e fuori dalle regole. In un contesto giuridico tanto “aperto” e in movimento, al Colle non resterebbe che restituire al mittente le richieste di salvare subito il Cavaliere. L’agibilità politica? Non sarebbe nei poteri di Napolitano. E oggi Napolitano chiarirà le sue intenzioni sulla grazia al Cavaliere Il Capo dello Stato chiarirà «ad horas » le sue intenzioni in materia di grazia a Berlusconi: se sarebbe disposto a firmare un atto di clemenza, in che termini, a quali condizioni. Il responso presidenziale sarà ampio, motivato e soprattutto trasparente com’è nello stile di Napolitano. E proprio per non farsi cogliere alla sprovvista, il Cavaliere ha trascorso la giornata di ieri ad Arcore, chiuso con i suoi consulenti legali. Un elicottero è andato appositamente a prelevare l’avvocato Coppi a San Benedetto del Tronto, dove il principe del foro ha speso qualche spicciolo di ferie. Insieme con lui, con Ghedini e con Letta (Gianni), Berlusconi ha passato in rassegna tutte le ipotesi. E chi l’ha sentito sul far della sera lo descrive molto giù, parecchio depresso. Si è reso conto che la grazia, pure nel caso in cui gli venisse concessa, non sarebbe il toccasana per i suoi guai. Per dirne una, non impedirebbe al Pd di cacciarlo dal Senato in base alla legge Severino. E da quel preciso momento, che secondo gli addetti ai lavori cadrà ai primi di ottobre, qualunque Procura della Repubblica, anche periferica, potrebbe mettere in manette il leader del centrodestra, spogliato da ogni scudo parlamentare. Non è tutto. Per ottenere la grazia, gli toccherebbe chiederla lui personalmente. Forse non basterebbe neppure una domanda dei suoi avvocati. In pratica, Berlusconi dovrebbe calarsi fino in fondo nei panni del condannato, accettare la sentenza che lo trasforma in pregiudicato, iniziare a scontare la pena e sperare nella benevolenza del Colle. Il suo dubbio, espresso con chiarezza nel lungo rendez-vous con gli avvocati, è che ne valga davvero la pena: dovrebbe mortificare il suo megalomane orgoglio con un atto di contrizione, e abbandonare mestamente il palcoscenico della politica calcato per quasi 20 anni. Tutto questo per non trascorrere un anno agli arresti domiciliari oppure in affidamento ai servizi sociali (cioè, in pratica, a piede libero). Anzi, come è emerso nella riunione, la pena residua sarebbe di soli nove mesi, essendo già abbuonati 90 giorni dalla legge svuota-carceri… Insomma, non è affatto certo che Berlusconi intenda sollecitare la grazia. Per quanto Coppi e Letta insistano con molta energia, il Cav è lungi dall’avere preso la decisione. Aspetta di sentire quanto dirà Napolitano, dal quale in verità (stando a certe confidenze di «amazzoni » che «chez » Silvio sono di casa) non si aspetta granché, anzi praticamente nulla di buono. «Mai una volta che mi siano venuti incontro », è il suo lamento, «perché dal Colle dovrebbero scomodarsi adesso? Non lo credo davvero possibile ». Diverso sarebbe se Napolitano avesse la forza di garantirgli la cosiddetta «agibilità politica », vale a dire lo scranno in Senato: ma qui siamo nel regno della fantascienza. Per cui le ultime da Arcore, dove è stata accolta a cena Daniela Santanché per parlare della Convention di Forza Italia a settembre, raccontano un Berlusconi più «falco » degli stessi «falchi », molto orientato a vendere cara la pelle, per nulla disposto a tirarsi da parte, nemmeno se si trattasse di cedere il posto alla figlia Marina: «Non voglio che entri in politica », sostiene, «perché le farebbero passare gli stessi guai che sono toccati a me ». Qualche consigliere di Arcore non è certo al 100 per cento che il governo collasserà a ottobre, quando Silvio verrà espulso dal Senato per mano dei Democratici. «Quale sarebbe il suo interesse a provocare il caos? », è la domanda in sospeso. Ma si tratta di mosche bianche. La previsione quasi unanime è che la crisi di governo sarà inevitabile, e la Repubblica vivrà momenti di grave sbandamento. A meno che Napolitano, con un colpo d’ala imprevedibile, non risparmi all’Italia questo destino. Napolitano: «Sentenza definitiva, bisogna prenderne atto ma no alla crisi di governo » «Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell’attenzione pubblica come in ogni altro ». Questo il passaggio decisivo dell’attesa nota del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla sentenza della Cassazione l’ex premier Berlusconi a quattro anni per frode fiscale. Il Colle comunque esclude in ogni modo una crisi di governo che farebbe cadere il Paese nell’instabilità . NESSUNA DOMANDA DI GRAZIA – Poi Napolitano afferma di non aver ricevuto alcuna domanda dio grazia. «In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta » afferma il presidente della Repubblica che sottolinea come «negli ultimi anni, nel considerare » sollecitazioni alla grazia «si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda ». NIENTE CARCERE – In ogni caso il Colle esclude che Berlusconi possa finire in carcere. «A proposito della sentenza passata in giudicato -si legge nella nota- ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto ». GUIDA POLITICA – Quanto al futuro squisitamente politico di Berlusconi non esclude che possa ancora mantenere la leadership del suo partito. «Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l’Italia ha bisogno ». In ogni caso il Colle giudica legittimo il disagio interno al Pdl. «In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di giudizio », ma non «è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche ». Sul doppio lavoro di Esposito l’autorizzazione non si trova nostro inviato a Sapri (Salerno) In Italia un magistrato che voglia ricoprire incarichi al di fuori del proprio ufficio, anche se gratis, dev’essere autorizzato a farlo da parte del Csm. La regola vale per tutti. Della sua passata richiesta c’è traccia nel verbale del plenum del Csm che decise per il trasferimento d’ufficio di Esposito, che poi si rivolse al Tar per «porre nel nulla » la decisione. «Il dottor Esposito – si legge nel verbale – ha insegnato presso l’Ispi fino al 1990 a titolo gratuito, come risulta dalle autorizzazioni del Csm ». Eppure a leggere, per fare un esempio, il testo della convenzione tra l’istituto comprensivo statale «Dante Alighieri » di Sapri e l’Ispi, che porta la data del 17 novembre 2012, Esposito non sembra del tutto estraneo alle attività dell’Istituto superiore di studi socio-psicopedagogici italiano, con sede in Sapri, via Camerelle, 35. Nel documento, disponibile sul sito internet della scuola statale, si dà conto di un «incontro tra il dirigente scolastico professor Biagio Bruno e il dottor Antonio Esposito », indicato come «rappresentante dell’Ispi e del Centro di consulenza psicopedagogica presso la sede di Sapri ». Il legale rappresentante dell’Ispi, si legge ancora nella convenzione, è il «presidente professoressa Maria Giovanna Giffoni », moglie del magistrato, ma «per conto » della presidentessa il rappresentante che firma l’atto è proprio Esposito. E sempre nel periodo in cui, a dar retta agli elenchi del Csm, Esposito non avrebbe richiesto alcuna autorizzazione a ricoprire incarichi extragiudiziari, c’è anche una convenzione tra la solita Ispi e la Provincia di Salerno. L’atto – del dicembre 2012 – è finalizzato all’apertura di un «centro di consulenza socio-psico-pedagogica » per l’integrazione scolastica e sociale dei disabili, con un contributo di 13mila euro per 12 mesi da parte dell’amministrazione provinciale, e stavolta, per conto dell’Ispi, è firmato dalla professoressa Giffoni. Esposito è solo annunciato tra i relatori – in qualità di «presidente di sezione Corte di Cassazione » – sulla locandina per la presentazione, organizzata lo scorso 2 febbraio, proprio del centro di consulenza, aperto «in convenzione e con il contributo dell’amministrazione provinciale di Salerno ». Sulla stessa locandina, tra i recapiti dell’Ispi, oltre all’indirizzo postale, all’e-mail e ai numeri di telefono e di fax dell’istituto, compare però anche un numero di cellulare. Quello che sul sito del «learning center » di Sapri dell’università telematica Niccolò Cusano di Roma, sede in via Camerelle, è indicato come riferibile al referente «dottor Antonio Esposito ». Lo stesso numero è anche indicato, in un altro volantino, tra i recapiti da contattare per «effettuare la prenotazione » delle consulenze psicopedagogiche offerte dal centro. E qui arriva il dubbio. Esposito è autorizzato dal Csm? E se sì perché non appare negli elenchi? Se si lavora per un’associazione culturale, che assomiglia parecchio a una scuola privata, il permesso non serve? Ai colleghi di Esposito l’ardua sentenza. Mercedes, fango e bugie: Il Giornale all’assalto del giudice Esposito Dopo la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere Il Giornale di Alessandro Sallusti ha dedicato una ventina di pagine al 72enne presidente della sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito. Il 3 agosto parte Stefano Lorenzetto con un articolo basato sul suo ricordo di una cena del 2009 con il giudice: “Così infangava Berlusconi il giudice che l’ha condannato†è il titolo. Il pezzo viene pubblicato solo dopo la condanna, nonostante il direttore Sallusti fosse informato da giorni. Quando il magistrato Ferdinando Imposimato, presente alla cena, dice al Fatto di non aver sentito nulla del genere, Lorenzetto lo fulmina: Imposimato era lontano e poi è troppo amico di Esposito per essere credibile. La prova? “Una fonte affidabile mi assicura che il figlio fu registrato all’anagrafe con il nome di Ferdinando proprio in onore di Imposimatoâ€. La fonte è attendibile perché intrattiene ‘relazioni confidenziali ‘ con Esposito. Peccato che non abbia svelato a Lorenzetto un altro segreto: Ferdinando è il nome del padre di Antonio. Il Giornale picchia duro anche dopo la pubblicazione dell’intervista di Esposito al Mattino. Nella sua smentita il giudice nega di avere risposto a una domanda sulla motivazione della condanna di Berlusconi. La frase “Berlusconi condannato perché sapeva†effettivamente non è farina del suo sacco e la sua risposta (riportata fedelmente dal Mattino) seguiva una domanda diversa e generale. Ma per Sallusti è “Il giudice bugiardoâ€. Dopo l’8 agosto Il Giornale pubblica tre pagine al giorno piene di accuse: Esposito fa il doppio lavoro a Sapri ed è stato trasferito d’ufficio dal Csm. Esposito accettava Mercedes in regalo e si appropriava di fascicoli sui vip per smania di protagonismo. Il giudice replica con i provvedimenti del Csm e dei giudici che hanno smontato le accuse riportate dal Giornale. La lettura incrociata di articoli e comunicati spiega bene come funziona la stampa berlusconiana. IL CASO ISPI La replica del giudice: “Insegnava gratuitamente, il Csm lo aveva autorizzato†IL TRASFERIMENTO La replica del giudice: “Accuse smentite dagli organi competenti già 13 anni fa†L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE La replica del giudice: “Il Csm archiviò l’inchiesta parlando di un complotto†LA MERCEDES REGALATA La replica del giudice: “Fu comprata nel ’77, era una macchina usata†Ecco i comunicati diramati dal giudice Esposito in risposta agli articoli de Il Giornale qui per gli allegati). Letto 1859 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||