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PITTURA: I MAESTRI: Ascoltiamo Courbet

3 Luglio 2018

di Franco Russoli
[dal “Corriere della Sera”, domenica 9 novembre 1969]

Roma, novembre.

Baudelaire, in una celebre pagina, accostò Ingres a Courbet, indicandoli come i rappresentanti esemplari e geniali di due opposte ma ­niere di massacrare l’immaginazione, di sacrificare le proprie doti per un ideale preconcetto: Ingres per quel ­lo della bellezza raffaelle ­sca, Courbet per quello di un realismo positivo, imme ­diato.

Ed ecco che Balthus, pitto ­re anch’egli di grande e ostinata volontà, accoglie a Villa Medici a Roma, dopo la bella mostra di Ingres di un anno fa, una rassegna di opere di Courbet, intelli ­gentemente selezionate da Mi ­chel Laclotte e dai colleghi del Louvre e del Petit Palais. Due mostre quindi che non tanto smentiscono la paradossale e polemica affer ­mazione di Baudelaire, quan ­to dan ragione ad altri suoi più sottili e illuminanti giu ­dizi sui due maestri. Si è vi ­sto infatti come Ingres ri ­sultasse davvero quel genio inquieto, a suo modo rivo ­luzionario, a suo modo « ro ­mantico », che Baudelaire aveva intuito â— e si vede ora come Courbet sia, non il profeta e il martire di un esteriore naturalismo, ma quel salvatore della sempli ­cità e della franchezza, del valore disinteressato e as ­soluto della pittura che il poeta aveva salutato, nono ­stante il suo rifiuto delle idee positiviste e determini ­stiche del pittore di Ornans.

Dire però che la grandezza di Courbet consiste sol ­tanto nella sua capacità di trasformare ogni sostanza e aspetto del vero sensibile in tessuto pittorico, in organi ­ca materia cromatica che nutre ciecamente l’immagine sarebbe il segno dell’incom ­prensione assoluta della ve ­ra personalità del maestro, che è complessa, contraddit ­toria, ricca di problemi quan ­to di sogni e di « immagi ­nazione ». Basta tener pre ­sente che la qualità della sua immaginazione non è di tipo lirico, intuitivo, sim ­bolico, evasivo, ma è di carattere « realistico »: rivela cioè i sentimenti delle cose, il potere di emanazione pa ­tetica e visionaria che esse hanno nel loro più concreto e fisico aspetto. Le scene quotidiane, senza voli di fan ­tasia letteraria, che Courbet rappresenta â— un incontro in campagna, una caccia, un pic-nic sul bordo del fiume, il ritorno dalla fiera paesa ­na, un funerale, l’incendio in città, eccetera â— si bloc ­cano magicamente in un’aria sospesa, di meditazione, do ­ve vibrano echi di sentimen ­ti. Questo solido e incantato narratore ha dipinto un ro ­manzo per figure, nel quale, come notava De Chirico in un suo saggio del 1925, « i personaggi non appaiono nel loro aspetto banale (verismo) ma nel loro aspetto poetico e fantomatico (realismo) »

Egli, uomo e lavoratore del suo tempo, impegnato in ogni lotta sociale per il progresso civile, aveva poi la tenerezza patetica, l’evo ­cazione commossa del miste ­ro della natura eterna, in ­differente ai travagli del con ­sorzio umano. Si rifugiava nel ricordo e nella contem ­plazione di un mondo agre ­ste, del rude paesaggio del ­le sue vallate e rocce di Ornans, si immergeva nella grande onda che batteva le coste di Normandia, nelle cascate dei ruscelli, nel folto delle macchie. Non era sol ­tanto « il riposo dell’inge ­gnere stanco », come disse De Chirico, era anche la coe ­rente tematica dell’artista che non vedeva altra pittura storica se non quella di av ­venimenti contemporanei: al ­l’impegno sul presente non può corrispondere l’opinabi ­le ricostruzione immagina ­ria del passato, di cose e persone che non si sono co ­nosciute. Solo la natura è sempre la stessa, e in essa si potranno ritrovare le cor ­rispondenze che legano gli uomini attraverso il fluire del tempo.

La natura, e le semplici azioni della vita: anche le più anonime e volgari e primordiali. Sembra rivivere in Courbet l’antico senso del ­la poesia del vero di Brueghel.

Attraverso le quarantacin ­que opere esposte a Ro ­ma, le idee e la poetica di Courbet come il suo percor ­so stilistico, possono essere chiaramente seguiti. Dal suo primo appassionato romanti ­cismo, nutrito di Gros e di Géricault, alla sempre più corposa e solenne descrizio ­ne della vita dei campagno ­li, alla programmatica defi ­nizione del vero senza orpel ­li, delle opere e dei giorni dell’uomo del suo tempo. L’amore, il lavoro, la caccia, il riposo, la lotta: tutto di ­viene oggetto goduto nel suo contesto materico, faticosa ­mente, rabbiosamente inda ­gato e restituito nella sua presenza fisica. E da quella cruda realtà emana il senso profondo di una struggente poesia evocativa, una aspi ­razione all’eterno di una re ­ligiosità laica e morale. Al ­la sua morte, avvenuta nel 1877 in Svizzera, a La-Tour-de-Pelz, dove si era rifu ­giato dopo la condanna su ­bita per aver partecipato al ­la Commune e aver contri ­buito all’abbattimento della Colonna Vendòme, il « reali ­smo » di Courbet aveva già vivificato l’arte degli Im ­pressionisti e rivoluzionato la pittura moderna.

 


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