PITTURA: I MAESTRI: Ensor resiste8 Ottobre 2014 di Guido Ballo Anversa, febbraio. Da quando, molti anni fa, vidi a Londra il Ritrat to dei coniugi Arnolfini, Van Eyck mi ha affascinato nel modo più profondo: e anco ra, oggi, visitando i musei di Anversa e di Bruxelles, un piccolo quadro di Van Eyck, Santa Barbara, quasi un di segno, mi ha colpito più dei quadri anche vasti di altri pittori: per le pause, il si lenzio, il ritmo segreto di origine gotica, la forza dei contenuti che sa definirsi in invenzione fantastica. Certamente esiste per noi, in questa civiltà del consu mo, un particolare richiamo dei pittori del medioevo, det ti primitivi (nascondono in vece una cultura internazio nale molto complessa): la loro purezza si attua in genere con necessità di poesia tutta interna. Credo anzi che sia giunto il momento di riguardare in modo nuovo Il gusto dei pri mitivi di Lionello Venturi: si tratterà di studiare anche le premesse sociali, psichiche nelle civiltà più unitarie, dei « primitivi », e non fer marsi al semplice gusto. Oltre Van Eyck, altri qua dri di pittori quasi scono sciuti â— per esempio del Maestro di Flémalle, vissuto nella prima metà del ‘400 â— e di vari altri anonimi s’im pongono per la limpidezza espressiva, tutta interiore: l’analisi dell’aggetto figura tivo tende nei fiamminghi ad alludere, a suggerire, ma con una segreta costruzione rit mica. Anche le opere di Roger van der Weyden, di Brueghel il Vecchio e, tra i mo derni, di Ensor, in modi di versi sanno comunicare que sta presenza viva dei « con tenuti »: questa necessità in terna della parola, risolta in visione. La loro poesia na sce dal valore dei silenzi, che portano l’analisi, a pri ma vista anche minuziosa, a una sintesi larga, a una co struzione che non risulta mai evidente. Rubens no, è diverso: nessuno può mette re in dubbio la bravura di questo pittore dal respiro ampio; ma Rubens non giun ge a una parola poetica così profonda, cosi segreta; la sua sensualità fa vibrare le car ni, muove la composizione in modo nuovo, ma l’effetto resta più esterno. Non arri va all’arte come « presenza » di risonanza interiore. Di Permeke, tra i pittori del nostro secolo, avevo am mirato qualche paesaggio al lucinante, per la vastità de gli spazi: qui, al museo di Anversa, le sue figure rive lano un po’ troppo la ten denza al monumentale, ra sentano un atteggiamento de clamatorio. Ensor invece re siste bene al confronto coi pittori della più alta tradi zione fiamminga: ne diventa anzi un ultimo, chiaro mo mento, aperto già verso gli inquietanti contrasti del mondo di oggi. Strana avventura, questa di Ensor: ormai possiamo ammirarlo tutti, perché ap pare di facile lettura dopo tanti altri linguaggi nuovi, su cui egli stesso ha influi to: specialmente dopo l’e spressionismo e i fauves. Ma durante gli anni della sua produzione più intensa era sempre «rifiutato »: non soltanto non gli acquistava no le opere, ma non voleva no esporle neanche i pittori del gruppo dei « Venti », una secessione belga fondata pro prio da Ensor. Oggi queste sue opere « rifiutate » sono contese da tutti i musei del mondo, per mostre cicliche. E’ anche vero che nella tar da maturità ebbe onori e stima, perfino un monumen to mentre era vivo: ma or mai la sua vena si era, con amarezza, smorzata. Era un solitario, caustico, visionario, ribelle (non volle frequentare scuole regolari, assecondato, in questo, dal padre e dalla madre), pronto ad esaltarsi per gli spettaco li di piccole cose in sordina, che ingigantivano ai suoi oc chi allucinati. Fin dalla fanciullezza il negozio a Ostenda della ma dre, con maschere, ricordi per turisti, oggetti esotici, e il mare aperto, in un’atmo sfera carica di salsedine e di incombenti tempeste, incido no sulla sua fantasia emoti va: senza che egli senta la necessità di muoversi real mente, di viaggiare per il mondo, penetra così nei se greti dell’esistenza, compie avventurosi viaggi verso l’in terno. Il clima simbolista lo at trae subito, per questo suo bisogno di richiami interiori, di stati d’animo, di atmosfe re sospese, assorte: ma assi mila la dissociazione dei co lori dell’impressionismo, con libertà espressiva. Anche nel periodo in cui usa bruni e grigi incupiti, con pochi co lori più sonori â— come ri velano Meriggio a Ostenda (1881) o La mangiatrice di ostriche, più luminoso â— si rivela pittore largo. Ma la sua tavolozza si ac cende presto di un cromati smo esaltato nella tensione espressiva: il quadro più va sto, rispondente all’indole vi sionaria dì Ensor, è L’entrata di Cristo a Bruxelles, di pinto nel 1888, oggi su una ampia parete del Museo di Anversa. Nuoce al respiro sintonico la prospettiva an cora tradizionale, che rende la folla minuziosa: ma, an che se alcuni particolari ri velano una fattura un po’ af frettata, nell’insieme s’impo ne come «presenza » carica di espressività tutta interna, suggerita dai colori vivissi mi â— rossi, bianchi, verdi, neri â— dal grottesco delle maschere, da tutta un’aria di tregenda, ai limiti della morte, ma con tesa vitalità. Questa idea della morte, e della colpa umana, si trova in molte altre immagini: L’intrigo, esposto vicino al- l’Entrata di Cristo, si rivela tra i dipinti più calibrati e più allucinanti di Ensor; le maschere acquistano, nei co lori accesi, una presenza tat tile, e portano l’inquietudine simbolista alla condanna so ciale che sarà sviluppata dagli espressionisti. Il segno pittorico di Ensor, ca rico di tensione, mentre non rinunzia al racconto, finisce così col rivelarsi sempre più aggressivo, assoluto, quasi fosse autonomo da ogni rap presentazione. E’ il valore del messaggio di questo in quieto pittore, che a diffe renza di altri simbolisti non rinunziò mai alla concretez za dei puri mezzi visivi: come nella migliore tradi zione fiamminga. Letto 1533 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||