PITTURA: I MAESTRI: F. F. scoprì il genio di Seraut26 Gennaio 2019 di Leonardo Sinisgalli F.F. Felix Fénéon è stato il primo e inequivocabile per sonaggio che ha avuto le ini ziali celebri â— prima dunque di H.H. e di B.B. â— poco più che ventenne, essendo quasi coetaneo di Seurat e di Laforgue, ma di una ge nerazione più giovane di Mal larmé, il Maestro, l’idolo. Quando comincia a scrivere nel 1883, a 22 anni, la critica d’arte ufficiale era accademi ca, tradizionalista, mediocre, anche se i suoi adepti non erano tutti anonimi e tra lo ro spiccava uno scrittore for tunato come Anatole France. Huysmans e Mirbeau hanno avuto certo coraggio nel di fendere qualche uomo nuovo. Ma spetterà a Fénéon la re sponsabilità e l’onore dei giu dizi più espliciti. Fu lui a capire il senso della pittura simbolista e il valore di Puvis de Chavannes, che Mallarmé e Moréas stimavano ma per ragioni di affinità letterarie: ragioni er metiche, come le chiamava Fénéon che ne aveva indivi duato le origini nella risen tita tradizione primitiva. Il vero titolo di gloria di F.F. è di aver capito e di aver difeso il genio di Seurat. Egli scrisse la prima volta di Seurat nel 1886: aveva 25 anni, ma aveva scoperto la sua pittura due anni prima, al primo Salone degli Indi pendenti del 1884 dove Seu rat aveva esposto La baignade. « Ebbi subito piena co scienza dell’importanza di quest’opera » scrisse F.F. a J. Rewald molti anni dopo « e la serie di capolavori che ne furono la conseguenza lo gica non mi sorpresero più ». (La baignade mi fa pensare alla Sirena di Scipione che fu per noi a Roma, ancora più giovani di Fénéon, come un’apparizione). La tela di grandi dimensio ni, tre metri per due, fa spic co più di tutte le opere espo ste oggi alla National Gallery di Londra, e neppure Morandi, che mi pare possedesse un disegno di Seurat, ricor dava che fosse così imponen te. La conosceva a memoria, ma non l’aveva mai vista. Ci sono in tutto sei uomini, quattro in primo piano, due un po’ più indietro; uno è sdraiato davanti, di spalle, con un cagnetta a ridosso, l’altro è in mutande seduto ai bordi dell’acqua; due stanno seduti sull’erba della spon da appoggiati coi gomiti ai ginocchi; gli altri sono appe na scesi in acqua, metà bu sto in fuori, il primo chiama facendo tromba con le mani, il secondo è sul punto di tuf farsi. Il quadro è diviso in due da una diagonale che corre da sinistra in alto a destra in basso. La metà a destra è quasi sgombra: c’è un’imbarcazione distante, con fusa, una vela, un gruppo di alberi; all’orizzonte le case chiare, le ciminiere, due pen nacchi di fumo arancione, il ponte. Frangoise Cachin ha dedi cato a F.F. uno dei bei li bretti della collezione « Miroirs de l’Art » pubblicati da Hermann a Parigi. Mi è ca pitato da poco sotto gli oc chi in una vetrina intorno alla Sorbona. Gli scritti d’ar te di F.F. erano noti soltan to a una stretta cerchia di eletti. Si sa che erano pia ciuti oltre che ai letterati anche ai pittori. Remy de Gourmont lo riteneva infal libile. E Jean Paulhan che nel 1948 scrisse la prefazione al volume delle Oeuvres lo considerava un « sourcier », un rabdomante. Ma faccia moci subito un’idea del suo modo di approccio: « Ahimè, il brutto è pratico, l’esteti smo sgradevole, solo l’aneste sia è riposante ». La difesa di Seurat si affida soprattutto al metodo che era il contrario dell’improvvisazione e al va lore delle forme ragionate contro le convulsioni del l’istinto. Nel panorama del la pittura postimpressionista egli stacca nettamente Gauguin e Seurat da Gustave Moreau e da Odilon Redon che tratta con leggera ironia pur essendo preferiti da Huysmans e da Mallarmé, nientemeno. Non c’è un pre ciso riferimento ai nuovi si stemi di fotoincisione che vennero come conseguenza delle teorie di Helmholtz e di Huyghens sulla scomposizio ne della luce e subito dopo la scoperta della fotografia. Ma Fénéon non trascura i meriti di Charles Henry e della sua estetica scientifica. Gustave Kahn dirà per tutti e tre, lui, Laforgue e F.F., a proposito di Seurat: « Noi fummo colpiti dalla sua arte matematica. Le sue ricerche sulla linea e sul colore of frivano precise analogie con le nostre indagini sul verso libero ». Non spetta a Fénéon il paragone tra Seurat e Pie ro della Francesca che ha fatto le spese di tutti i pa negirici: allora erano poco noti i rigorosi studi di Piero sulla prospettiva. I primitivi di Fénéon non erano Ma saccio e i Quattrocentisti ma Benozzo Gozzoli e Gaddo Gaddi che cita a proposito di Puvis de Chavannes. A tanta distanza, circa un secolo, noi possiamo leggere meglio di Fénéon la paren tela di Seurat con Mallarmé. Non il Mallarmé di « Hèrodiade » ma quello dell’« Après- midi d’un faune », di « Tristesse d’été », di « L’azur », « Brise marine » tutte scritte in provincia, a Tournon. La poesia di Seurat è più dimes sa di quella di Mallarmé, in cambio è più sincera, meno astratta. La stilizzazione è più palese e fastidiosa in cer te contorsioni del Poeta che nel piumoso, schiumoso, esta tico universo del Pittore. Seu rat accettando di lavorare dietro un compenso di 7 franchi al giorno produsse dal 1884 al 1891, quando mo rì a 32 anni di età, una die cina di capolavori che Fé néon ebbe modo di vedere e ammirare uno per uno. A meno di trent’anni, Fé néon che visse ancora 53 an ni, smise di scrivere, dichia rando nelle rare apparizioni di non avere altro gusto che il « farniente ». Ma bisogna ricordare che ebbe tra le ma ni e lesse e pubblicò in ante prima le Illuminations di Rimbaud nei cinque numeri consecutivi di « La Vogue » (di cui era redattore) dal 13 maggio al 21 giugno 1886, e i Derniers vers di Laforgue in una « plaquette » di cinquan ta esemplari numerati, nel 1890. Gli amici lo chiamava no Budda, Mefisto, per via della sua figura spiritata, e fu anche coinvolto negli at tentati anarchici che lo por tarono nel 1894 sul banco de gli accusati. Mallarmé chia mato a testimoniare disse che era un onest’uomo e un critico « aigu et subtil ».
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