Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

PITTURA: I MAESTRI: Unità di Birolli

28 Febbraio 2014

di Dino Buzzati
[dal “Corriere della Sera”, domenica 17 maggio 1970]

Ferrara 16 maggio, notte.

Il figlio primogenito Zeno, 29 anni, assistente di sto ­ria dell’arte all’Università di Milano, mi ha accompagnato a vedere la mostra celebrati ­va, ancora incompiuta, di Renato Birolli (Verona, 1905 – Milano, 1959) nel Palazzo dei Diamanti, da lui ordinata in ­sieme con Franco Farina, di ­rettore delle Gallerie Civiche; e che si inaugura domani.

(« Sono soltanto un’ottanti ­na di dipinti. Abbiamo volu ­to evitare una delle tante esa ­gerate mostre-fiume. Più c’è una serie di opere grafiche. Abbiamo rintracciato vari quadri del primo periodo, pressoché sconosciuti. Altret ­tanto inedita, o quasi, una parte dell’ultima produzione rientrata dalla Germania »).

Le sue stagioni

Birolli, una delle figure più notevoli della nostra pittura moderna, può sconcertare. Ogni vero artista, di solito, ha una sua strada, che segue dal principio alla fine, maga ­ri con evoluzioni, innovazio ­ni, ma sempre sulla stessa traiettoria. Di Birolli, quan ­ti ce ne sono? Quale è l’au ­tentico? Il pittore del San Zeno (1931) favolista, chiari- sta, primitivi sta, che può ri ­chiamare Del Bon? O l’auto ­re dei « Ginecei », il cui colo ­re, già steso in campiture piatte, si accende, lasciando i toni lievi e delicati per as ­sumere un’ambrata sensuali ­tà, di un espressionismo non lontano da Scipione? O il Bi ­rolli dei memorabili, tragici, disperati, però non velenosi, disegni della Resistenza (qui ce n’è una dozzina ritrovata dal figlio, praticamente igno ­ti)? O il pittore che dopo il soggiorno a Parigi del 1947, nell’aspirazione di un inseri ­mento europeo, assunse modi decisamente picassiani? O colui che dopo il 1954 si li ­berò in un’« astrazione emo ­zionata » come disse lui, astrazione lirica che tuttavia manteneva un forte legame con la natura? Oppure l’ulti ­mo Birolli, già sul ciglio del ­l’informale?

(« La chiave, mi diceva pa ­pà, non sta nel codice usato, sta in un rinnovamento del rapporto sociale. Il rapporto tra arte e vita era per lui fondamentale. Realtà, diceva, è ciò che pensiamo e come la pensiamo »).

In realtà Birolli è stato sem ­pre se stesso, con identica onestà. « Un uomo che non è rimasto immobile come una pianta » ha detto Enrico Emanuelli che curò l’edizio ­ne (Einaudi, 1960) dei suoi im ­portanti Taccuini. Nei quali si leggono due notazioni ri ­velatrici. « Non posso, nei miei quadri, rappresentare sempre il primo amore »  (mag ­gio-giugno 1942). E il 30 giu ­gno 1958 scriveva: « Io amo ciò che non amo ancora. E’ così, perché il resto è già nel novero delle cose amate, e che presto non saranno ama ­te più. Compiuto l’accerta ­mento che la tal cosa è ama ­ta, non potrà continuare ad essere amata che per inter ­vento della ragione morale e dell’abitudine, ma è già in de ­clino, come la luna al tra ­monto, che non cessa d’esse ­re luna, ma non ha più la forza illuminante ed è fosca ».

Ecco la chiave per spiegare i mutamenti. La schiavitù di ogni formalismo era il suo incubo. («Il carattere, mi di ­ce il figlio, lo portava a espe ­rimentare continuamente, nel senso di attuare una continua ricerca. Di qui profonde crisi, naturalmente, ogni volta che si trovava a dover quasi con ­traddire il lavoro preceden ­te »).

Di fatto, si ha una netta sensazione di coerenza spiri ­tuale, non formale, mai ve ­nuta meno nonostante le ap ­parenze. e bene sottolineata da Marco Valsecchi nel sag ­gio pubblicato dal « Milione », quattro anni fa. Birolli è se stesso ai tempi di « Corren ­te » (1938-1943), da lui fonda ­ta, come ai tempi del « Fron ­te nuovo delle arti » subito dopo la guerra, come ai tem ­pi del Gruppo degli Otto (1950 – Con lui Afro, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova), come dopo l’esperienza parigi ­na, come negli anni di Manarola nelle Cinque Terre. Il colore, per lui « nucleo emo ­zionale », lo accompagnò sem ­pre, arma numero 1, in cia ­scuno dei viaggi.

Ultimi fuochi

(« L’educazione dei figli lui la concepiva come un rap ­porto tra persona e persona, estremamente democratico. A Manarola, negli ultimi anni, lui ed io abbiamo passato dei mesi da soli. Uno studio e un paio di stanze. Si faceva la cucina, si lavava. Autonomia e aiuto reciproco. Era molto estroverso, qualità che non ha lasciato al figlio »).

Quale Birolli verrà ricorda ­to, codificato, esaltato? Sarei imbarazzato a rispondere. Per ­sonalmente mi sembra più ge ­niale il pittore dell’Eldorado, dei Poeti, esemplare maestro della stagione che fu chiama ­ta « Corrente ». Ma forse la maggiore libertà e felicità il suo talento lo ebbe al tempo delle Cinque Terre, quando le macchie e le sterpaglie arde ­vano in grandi fuochi. Sono passati ormai parecchi anni. Una poesia, che allora poteva sembrare astrusa, o arbitraria, o perfino irritante e noiosa, oggi ci parla con un accento umano, con ferma autorità.


Letto 1458 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart