PITTURA: I MAESTRI: Unità di Birolli28 Febbraio 2014 di Dino Buzzati Ferrara 16 maggio, notte. Il figlio primogenito Zeno, 29 anni, assistente di sto ria dell’arte all’Università di Milano, mi ha accompagnato a vedere la mostra celebrati va, ancora incompiuta, di Renato Birolli (Verona, 1905 – Milano, 1959) nel Palazzo dei Diamanti, da lui ordinata in sieme con Franco Farina, di rettore delle Gallerie Civiche; e che si inaugura domani. (« Sono soltanto un’ottanti na di dipinti. Abbiamo volu to evitare una delle tante esa gerate mostre-fiume. Più c’è una serie di opere grafiche. Abbiamo rintracciato vari quadri del primo periodo, pressoché sconosciuti. Altret tanto inedita, o quasi, una parte dell’ultima produzione rientrata dalla Germania »). Le sue stagioni Birolli, una delle figure più notevoli della nostra pittura moderna, può sconcertare. Ogni vero artista, di solito, ha una sua strada, che segue dal principio alla fine, maga ri con evoluzioni, innovazio ni, ma sempre sulla stessa traiettoria. Di Birolli, quan ti ce ne sono? Quale è l’au tentico? Il pittore del San Zeno (1931) favolista, chiari- sta, primitivi sta, che può ri chiamare Del Bon? O l’auto re dei « Ginecei », il cui colo re, già steso in campiture piatte, si accende, lasciando i toni lievi e delicati per as sumere un’ambrata sensuali tà, di un espressionismo non lontano da Scipione? O il Bi rolli dei memorabili, tragici, disperati, però non velenosi, disegni della Resistenza (qui ce n’è una dozzina ritrovata dal figlio, praticamente igno ti)? O il pittore che dopo il soggiorno a Parigi del 1947, nell’aspirazione di un inseri mento europeo, assunse modi decisamente picassiani? O colui che dopo il 1954 si li berò in un’« astrazione emo zionata » come disse lui, astrazione lirica che tuttavia manteneva un forte legame con la natura? Oppure l’ulti mo Birolli, già sul ciglio del l’informale? (« La chiave, mi diceva pa pà, non sta nel codice usato, sta in un rinnovamento del rapporto sociale. Il rapporto tra arte e vita era per lui fondamentale. Realtà, diceva, è ciò che pensiamo e come la pensiamo »). In realtà Birolli è stato sem pre se stesso, con identica onestà. « Un uomo che non è rimasto immobile come una pianta » ha detto Enrico Emanuelli che curò l’edizio ne (Einaudi, 1960) dei suoi im portanti Taccuini. Nei quali si leggono due notazioni ri velatrici. « Non posso, nei miei quadri, rappresentare sempre il primo amore » (mag gio-giugno 1942). E il 30 giu gno 1958 scriveva: « Io amo ciò che non amo ancora. E’ così, perché il resto è già nel novero delle cose amate, e che presto non saranno ama te più. Compiuto l’accerta mento che la tal cosa è ama ta, non potrà continuare ad essere amata che per inter vento della ragione morale e dell’abitudine, ma è già in de clino, come la luna al tra monto, che non cessa d’esse re luna, ma non ha più la forza illuminante ed è fosca ». Ecco la chiave per spiegare i mutamenti. La schiavitù di ogni formalismo era il suo incubo. («Il carattere, mi di ce il figlio, lo portava a espe rimentare continuamente, nel senso di attuare una continua ricerca. Di qui profonde crisi, naturalmente, ogni volta che si trovava a dover quasi con traddire il lavoro preceden te »). Di fatto, si ha una netta sensazione di coerenza spiri tuale, non formale, mai ve nuta meno nonostante le ap parenze. e bene sottolineata da Marco Valsecchi nel sag gio pubblicato dal « Milione », quattro anni fa. Birolli è se stesso ai tempi di « Corren te » (1938-1943), da lui fonda ta, come ai tempi del « Fron te nuovo delle arti » subito dopo la guerra, come ai tem pi del Gruppo degli Otto (1950 – Con lui Afro, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova), come dopo l’esperienza parigi na, come negli anni di Manarola nelle Cinque Terre. Il colore, per lui « nucleo emo zionale », lo accompagnò sem pre, arma numero 1, in cia scuno dei viaggi. Ultimi fuochi (« L’educazione dei figli lui la concepiva come un rap porto tra persona e persona, estremamente democratico. A Manarola, negli ultimi anni, lui ed io abbiamo passato dei mesi da soli. Uno studio e un paio di stanze. Si faceva la cucina, si lavava. Autonomia e aiuto reciproco. Era molto estroverso, qualità che non ha lasciato al figlio »). Quale Birolli verrà ricorda to, codificato, esaltato? Sarei imbarazzato a rispondere. Per sonalmente mi sembra più ge niale il pittore dell’Eldorado, dei Poeti, esemplare maestro della stagione che fu chiama ta « Corrente ». Ma forse la maggiore libertà e felicità il suo talento lo ebbe al tempo delle Cinque Terre, quando le macchie e le sterpaglie arde vano in grandi fuochi. Sono passati ormai parecchi anni. Una poesia, che allora poteva sembrare astrusa, o arbitraria, o perfino irritante e noiosa, oggi ci parla con un accento umano, con ferma autorità. Letto 1458 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||