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Romanzo: Cara Anna – una storia d’amore vera sbocciata a Lucca durante gli anni della Seconda Guerra mondiale #1/16

2 Settembre 2008

di Bartolomeo Di Monaco
[Per le altre sue letture scorrere qui. Il suo blog qui.]

Per circostanze fortunate, ho potuto conoscere e consultare il materiale riprodotto in questo libro, che narra di una delicata storia d’amore sbocciata nel corso della Seconda Guerra mondiale tra due lucchesi, abitanti della periferia di Lucca. Il giovane è chiamato all’età di 21 anni ad assolvere il servizio di leva. Prima di partire, furtivamente nasconde in un libro destinato ad una coetanea la sua dichiarazione d’amore. È l’inizio della loro bella avventura. A Milano, assegnato come scritturale all’Alto Comando della 1a Squadra Aerea, viene sorpreso dalla dichiarazione di guerra dell’Italia e segue giorno per giorno, dovendo redigere le quotidiane relazioni, gli avvenimenti bellici. Ne scaturisce un diario assai interessante e minuzioso, di cui abbiamo trascritto solo una parte. Trasferito a Pisa, assiste al suo bombardamento, avvenuto il 31 agosto del 1943, e anche a quello di Lucca del 6 gennaio 1944, e di entrambi ci lascia una descrizione indimenticabile.

 Cara Anna #1

Lucca, 14 gennaio 1940. XVIII °

Carissima Anna,

Data la circostanza che tra poco dovrò partire spero che non ti recherà meraviglia questa mia improvvisa decisione di scriverti. La prospettiva di dover lasciare per molto tempo la casa e gli amici mi ha spinto, in omaggio alla nostra amicizia, a renderti noti molti pensieri che in altri momenti forse non ti avrei esternato. La mia condizione di spirito si trova in una strana situazione fino ad oggi mai provata a motivo forse della mia partenza ed in questo frangente il mio pensiero s’è rivolto costantemente verso di te convincendomi della necessità di farti sapere molte cose.
Il tuo fine intuito femminile ti avrà certo detto che fin da quando ti conosco ho avuto per te una spiccata simpatia che pur non dimostrandolo apertamente si avvicinava ad un profondo affetto. Avendo per te questi sentimenti puoi capire quale sia stato fino ad oggi il mio stato d’animo e se anche a volte ho cercato di evitarti non era certamente per distaccarmi da te. Ciò era invece la conseguenza dell’imbarazzo che provavo, non potendo, contro il mio desiderio, dirti ciò che avrei voluto.
La mia situazione nei tuoi confronti, avendo i sentimenti già espresso verso di te, mi si è sempre resa imbarazzante, perché le condizioni in cui fino ad oggi mi sono trovato non mi permettevano di farti conoscere fino in fondo ciò che pensavo di te; avendo io, con esplicita dichiarazione impegnato, nel caso che tu avessi accettato, la tua libertà. Oggi ho la prova che il mio punto di vista è migliore in quanto se ci si fosse reciprocamente impegnati sarebbe oggi d’obbligo un doloroso distacco. Con ciò però non credo che la mia assenza significhi la fine delle mie aspirazioni verso di te; ma ritengo più giusto esprimerti definitivamente ciò che sempre avrei voluto dirti quando gli impegni militari e la mia condizione avranno una linea ben definita. Tutto questo ti renderà facile capire qual è in sostanza il mio punto di vista. Voglio dire che avrei sempre desiderato stringere con te un legame che fosse qualche cosa di più dell’amicizia, ma ho sempre cercato di evitarlo pensando che prima o poi avrei dovuto partire.
È inutile nascondere che fin dai primi tempi della nostra amicizia mi sei piaciuta, e lo scopo di questa lettera è appunto quello di fartelo sapere per aver modo al mio ritorno di saperti cosciente di ciò. Come vedi questa non è una formale dichiarazione, ma una semplice confessione di sentimenti, che al mio ritorno se tu lo vorrai potranno avere il coronamento che mi auguro. Tutto sta nel sapere attendere o nel volere attendere. Questa in sintesi l’espressione del mio sentimento che la prossima partenza mi ha deciso a rivelarti. Ritornando col pensiero a quelli che furono i primi istanti della nostra amicizia, sento ancora il cuore gonfio di un senso di affetto e rievoco particolari che pur essendo minimi rivelano in me episodi piacevoli di tempi passati.
Anna, è trascorso poco tempo dal giorno in cui per banali malintesi, per fanciullesche rappresaglie, abbiamo spezzato il nostro idillio, poco tempo sì, ma pur molto in considerazione del bene sia pure nascente che sentivo per te. Tu non puoi credere quanto abbia sofferto per questo nonostante l’indifferenza che dimostravo, benché tutto fosse finito non un solo istante ti ho dimenticata. Anna, ti prego, sii buona, cerca di dimenticare se un giorno ebbi a farti soffrire, abbi fiducia in me e vedrai che ne sarai contenta. Tu fosti il mio tutto… le mie speranze di un giorno e la mia felicità. Ormai più nulla chiedo alla vita, per me non esiste altra felicità di donna, mi basta solo il tuo ricordo, il ricordo più bello: il vero grande amore di una piccola bimba.
Questi i miei sentimenti, queste le mie espressioni in procinto di lasciarti. Vorrei avere la certezza di avere raggiunto il mio scopo e cioè di essere compreso.
Dopo questo non mi resta che affidare a questa carta il mio commosso saluto con la speranza di averti fatto comprendere quale sia il mio sentimento verso di te. Affezionatissimo, Giuliano  

Giuliano partì per il servizio militare di leva il 17 gennaio 1940, due giorni dopo aver consegnato – era il lunedì 15 gennaio – nelle mani di Anna la sua dichiarazione d’amore.

“Era una triste giornata. L’inverno che già dai primi inizi si era presentato molto infido e freddo, pure quella mattina voleva imperversare con la sua pioggia ed un freddolino che arrivava fino in fondo alle ossa. Era il giorno della mia partenza. Da più giorni, dietro il sollecito lavoro della mamma e dei miei familiari tutti, avevo preparato ogni cosa per la mia lunga assenza. Una piccola valigetta conteneva tutto il necessario utile per la mia nuova vita. Essa si trovava lì, davanti a me, posata su di una piccola tavola, nell’ingresso della mia casetta. Sembrava aspettarmi e, muta, guardandomi, dicesse: perché non ti decidi a prendermi, perché esiti ancora? Oh! Essa non poteva di certo immaginare l’angoscia che era nel mio cuore, il tormento che era in me stesso. Tutto era pronto. Un amico, Sirio, già era davanti alla mia porta, aspettando che mi decidessi a partire. Il babbo, avviatosi con la valigetta, era andato in Piazza San Francesco ad aspettarmi. Il momento decisivo era arrivato. Detti un ultimo sguardo a tutto ciò che avevo d’intorno affinché sempre mi fosse presente. Cara la mia casetta, il mio orticello, i miei campi, il mio piccolo salottino da studio! Cari i miei libri, lì ammonticchiati l’uno sull’altro; quanto tempo sarebbero rimasti soli e forse quanta malinconia avrebbero provato! Il mio piccolo gattino, scodinzolando, si strusciava fra le gambe quasi avesse capito della mia partenza. Cara bestiola, quanto mi voleva bene! Forse pensava che mai più avrebbe mangiato qualche bel bocconcino trafugato qua e là in cucina sotto gli occhi della mamma, oppure non avrebbe avuto più quelle carezze che sempre gli davo. Tutto osservavo come trasognato, tutto volevo tenere fisso nella mia mente. Da una finestrella, quella del mio studio, febbrilmente osservai una casetta poco distante, visibile ai miei occhi giacché le foglie degli alberi tutte erano cadute, e mi parve scorgere dietro i vetri di una finestra una testa di bimba che ben conoscevo, nessun legame mi univa a lei, ma entrambi avevamo da tempo un segreto nel cuore. Un ultimo sguardo anche a quella, un bacio lanciato dalla mia piccola mano e poi giù di corsa per le scale, deciso finalmente ad andarmene. Saluto lo zio, la zia, i vicini, abbraccio la mamma rassicurandola di me, pregandola di stare contenta. Essa mi guarda, mi stringe di nuovo a sé e mi bacia. Pure io la bacio e poi fuggo via, poiché un nodo che mi serrava la gola m’impediva di parlare e qualche lacrima già scendeva lungo le guance. Fuori ancora pioveva. In pochi minuti raggiungiamo la città, lascio la bicicletta da un amico meccanico, pregandolo di mettermela bene a posto, e quindi di consegnarla ai miei, e a piedi m’incammino verso il mio nuovo destino.”


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