STORIA: Berta: I pretendenti alla corona (5)9 Marzo 2010 di Vincenzo Moneta 1 -Lotte di potere fra la nobiltĂ italica, di stirpe franca, per  l’assegnazione della corona d’Italia e della corona imperiale. CittĂ di Pavia Alla morte di Carlo III il Grosso, Berengario I[3], figlio di Everardo marchese del Friuli e di Gisella figlia di Ludovico il Pio, fu incoronato re d’Italia[4] . Il marchese del Friuli poteva dirsi un affine dei Carolingi per parte di madre e così, secondo un’abitudine allora invalsa, fondeva il principio elettivo con quello dinastico. Egli era di stirpe franco-germanica, come quasi tutti i membri delle grandi famiglie signorili stanziate da  tempo in Italia. Consacrato dall’arcivescovo di Milano, Anselmo, Berengario pensò a organizzare il suo Stato creando una cancelleria sul tipo di quella carolingia, emanando diplomi e stipulando un patto con Venezia: ben presto, però,  si trovò coinvolto in quello che un cronista del tempo ha chiamato civile bellum, perchĂ© un altro grande feudatario si presentò a contendergli la corona. Si trattava di Guido di Spoleto nipote di Pipino e marito di Ageltrude di Benevento, ritornato dalla Francia non essendo riuscito nel suo ambizioso disegno di impossessarsi di quel regno, che egli pretendeva in base ai soliti legami di famiglia e fidando sui contrasti tra i diversi esponenti della regione. Alla fine prevalsero altre correnti ed egli si trovò a mani vuote, desideroso però di rifarsi in qualche modo dello scacco. Le trattative segrete per detronizzare Berengario furono condotte, con un subitaneo voltafaccia, dallo stesso vescovo di Milano, Anselmo, che lo aveva consacrato l’anno precedente. Il potente prelato milanese preferiva un re residente piĂą lontano dalla sua sede e, quindi, meno legato ai signori lombardi. Il marchese di Toscana Adalberto II non prese ancora una posizione aperta nonostante un’antica solidarietĂ d’interessi unisse la casa di Toscana a quella di Spoleto. –Guido di Spoleto sconfigge Berengario nel gennaio 889 nella battaglia nei pressi del fiume Trebbia [5]e conquista la coronad’Italia[6].2 –  La battaglia della Trebbia (889) e le sue conseguenze: due re d’Italia Berengario si scontrò con il suo avversario alla metĂ del gennaio 889. Guido di Spoleto[7], dopo la vittoria su Berengario I, venne proclamato re d’Italia a Pavia il 16 febbraio(?), (ma non incoronato come Berengario) con l’appoggio dei vescovi che, in cambio dell’unzione regia, ottennero un atto di subordinazione del sovrano al potere ecclesiastico. Nei loro confronti il nuovo re fu larghissimo di concessioni, come mostrano i diplomi da lui emanati in quel periodo. Berengario, chiuso nella sua marca, faceva lo stesso e i due continuarono così per qualche tempo a saggiare le rispettive forze. L’Italia si trovò così ad avere due re, che tacitamente si dividevano le sue terre. Roma 21 febbraio dell’anno del Signore 891 A Guido, però,  la corona reale non bastava: aspirava alla corona imperiale. In questo disegno fu spronato dalle ambizioni della moglie Ageltrude[8] di Benevento. Ageltrude era longobarda e in lei sembrava rivivere il sogno longobardo di dominio sull’intera Italia. Chi si preoccupò maggiormente dell’avanzata dello Spoletino era il pontefice Stefano V, che vedeva profilarsi con lui la solita situazione di accerchiamento di Roma, sempre temuta dai predecessori come un incubo; ma per il momento non vi era nulla da fare per fermarlo. Il papa si era rivolto ad Arnolfo di Carinzia per contrastare questa incoronazione: iniziava il  passaggio della politica della  Chiesa dalla tradizionale linea francese a quella tedesca. Ma Arnolfo era troppo impegnato nelle questioni interne del suo regno e non potĂ© rispondere all’invito del papa. A Stefano V non restò altra scelta che incoronare Guido di Spoleto il 21 febbraio 891, insieme all’ambiziosa moglie.  Il nuovo imperatore fece incidere sul suo sigillo il motto:Renovatio regni Francorum. Il papa in cambio ottenne il riconoscimento di tutti i diritti della Chiesa e ricevette anche nuove, insperate donazioni per il Patrimonio di San Pietro. Il neo imperatore istituì la marca d’Ivrea (comprendente quasi tutto il Piemonte) affidandola al fedelissimo Anscario, da cui verrĂ poi un altro re italico, Berengario II. CittĂ di Pavia Guido mirò soprattutto ad assicurarsi la continuitĂ dinastica sul trono del Regno Italico e pertanto a Pavia fece riconoscere come correggente suo figlio Lamberto, che aveva solo dodici anni, elargendo nuovi favori alle chiese (da Acqui a Modena) per averle amiche. CittĂ di Ravenna Da questo momento le ambizioni di Guido e di Ageltrude si completarono con il rinnovo, da parte di papa Formoso(891-896),  dell’incoronazione imperiale di Guido, che, nello stesso tempo, associò al potere imperiale il loro figlio quattordicenne Lamberto[9].  GUIDO DI SPOLETO(? – +894)——AGELTRUDE DI BENEVENTO (?-+923?) LAMBERTO(879-+898)[10] 3 – Arnolfo contro Guido Il colpo di timone decisivo fu dato dal pontefice Formoso, che, timoroso dell’invadenza spoletina e beneventana unite, si rivolse ancora una volta ad Arnolfo ripetendo quelle vecchie accuse contro i “cattivi cristiani” che i suoi predecessori avevano giĂ rivolto ai Longobardi di Astolfo e di Desiderio al momento di chiamare Pipino e Carlo Magno: la libertĂ delle “terre di San Pietro” era minacciata e urgeva intervenire. Il re di Germania mandò per il momento il figlio Sventiboldo, che ebbe subito l’appoggio di Berengario, ma non ottenne nessun successo e tornò indietro. All’inizio dell’894, Arnolfo scese egli stesso per la valle dell’Adige, assediò, conquistò e distrusse Bergamo, evitò Berengario, sempre legittimo re, ed emanò diplomi[12]  dando a vedere chiaramente i suoi propositi di arrivare all’impero.   Adalberto II, per la posizione strategica del suo marchesato, che controllava tutte le strade fra il nord e il centro d’Italia, potĂ© mantenere un certa libertĂ di movimento, tanto da permettersi di tentare, nell’ 894, di imporre condizioni ad Arnolfo di Carinzia per il suo progettato viaggio a Roma. Non solo Arnolfo non accettò nessuna condizione da parte di Adalberto, ma lo fece arrestare insieme al fratello Bonifacio. Adalberto II ottenne la libertĂ solo dopo aver fatto giuramento di fedeltĂ ad Arnolfo.  Adalberto II tornò precipitosamente in Toscana, nonostante il giuramento di fedeltĂ , per impedire ad Arnolfo di Carinzia il passaggio dalla Via Francigena, occupando con tutte le forze di cui disponeva i valichi degli Appennini dai quali l’aspirante alla corona imperiale sarebbe dovuto passare per recarsi a Roma, per ricevere la corona imperiale dal papa. Questo ci dimostra, oltre alla nullitĂ dei giuramenti a conferma della parola data, quanto importante fosse il controllo delle strade e dei valichi alpini, tanto da rendere il marchese di Toscana arbitro della corona imperiale. Arnolfo ritornò faticosamente in patria attraverso la valle di Aosta. IL CONTROLLO DELLA VIA FRANCIGENA SI RIVELA DETERMINANTE NELLA VITA POLITICA ITALIANA 896 CittĂ di Roma 4 – Arnolfo imperatore L’imperatore Guido stava risollevandosi dagli insuccessi subiti quando la morte pose fine ai suoi progetti. In nome del figlio Lamberto, la vedova di Guido, Ageltrude, continuò la politica del marito con piglio e fermezza superiore, dimostrando quella tenacia e quella forza che è propria delle donne che in ogni epoca occupano posti di dominio. Questo aumentò le preoccupazioni di papa Formoso, che aveva trovato nella vedova di Guido un nemico ancor piĂą temibile del marito, perciò rinnovò gli inviti a scendere in Italia ad Arnolfo di Carinzia per essere incoronato imperatore. Questo secondo rientro in Italia, a distanza di due anni, avvenne senza difficoltĂ . Come le consuetudini ed il cerimoniale imponevano prima di ogni incoronazione, egli si fermò alle porte di Roma. Ma qui l’imperatrice Ageltrude tentò di impedirne l’accesso in cittĂ . Soltanto con grande violenza Arnolfo riuscì a forzare l’ingresso, facendo strage di tutti i filospoletini. Ageltrude, meditando la rivincita, riuscì a fuggire nella sua sede ducale. Arnolfo chiese all’intero popolo romano un giuramento di fedeltĂ con l’impegno solenne di non dare in alcun modo aiuto o ricetto ai suoi avversari. Il 22 febbraio dell’anno 896 si recò, trionfalmente accompagnato dal clero e dal popolo romano, in San Pietro, dove assunse il titolo imperiale insieme con le insegne esterne del potere, che comprendevano l’altare portatile d’oro e il Codex Aureus.. Arnolfo aveva raggiunto l’apice della “piramide del successo” ma dopo l’incoronazione ebbe un colpo apoplettico che ne affrettò il ritorno in Carinzia[13]. MorirĂ tre anni piĂą tardi. In questo, come in altri casi, gli uomini possono porre prestigiose ed effimere corone sul capo di altri uomini, ma non possono fermare il corso del destino. [1] G. Treccani Berengario I –Dizionario Biografico degli Italiani –vol. ) anno 1967 – pagg. 1-26 – Roma – Istituto dell’Enciclopedia Italiana –coll. 920.045. [2] CORONA FERREA – Monza – Tesoro del Duomo -Luca G., sta in Medioevo– Anteprima , “Cinse il capo di Carlomagno” – “Il crisma della sacralità ” pag. 8 Anno I, n. 2, marzo 1997, Editore De Agostini Rizzoli periodici. [3] P. Brezzi. Storia d’Italia-Dalla civiltĂ latina alla nostra repubblica – Vol. III, pag. 37, Dall’Italia feudale a Federico II di Svevia- (800/1250), Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1980. [4] [5] Trebbia, fiume (115 Km) dell’Italia settentrionale, nasce nell’Appennino Ligure, sbocca nel Po a monte di Piacenza. [6] P. Brezzi. STORIA D’ITALIA –Dalla civiltĂ latina alla nostra repubblica ,Vol. III, pag. 36–Dall’Italia feudale a Federico II di Svevia, (800/1250), Istituto Geografico De Agostini , Novara, 1980. [7] Guido di Spoleto (?-894)Figlio dell’omonimo duca di Spoleto e di Adelaide, figlia di Pipino, attuò una risoluta politica espansionistica conquistando Camerino a spese della Chiesa.Membro di una famiglia dell’aristocrazia alsaziana che si era stabilita una parte in Bretagna e l’altra parte nell’Italia centrale, marchese di Spoleto (come il padre, suo omonimo) e sposato a una principessa beneventana (il che spiega i suoi interventi nel Mezzogiorno), Guido si fece eleggere re della regione occidentale dell’impero nell’888; ma abbandonò il trono al suo concorrente Oddone di Parigi e si rivolse verso l’Italia che intanto aveva scelto, come re, Berengario del Friuli; Guido lo respinse, diventò re nell’889 e venne riconosciuto in quasi tutto il regno. Ma, per assicurarsi meglio il potere nell’Italia centrale e meridionale, ispirandosi a Ludovico II, si fece incoronare imperatore (anche se non apparteneva alla famiglia dei Carolingi) nell’891.Alla deposizione dell’imperatore Carlo III il Grosso (887), Guido fece invano valere la discendenza, in quanto nipote di Pipino re d’Italia; due anni dopo, invece della corona francese, ottenne quella italica, cingendola a Pavia e, nell’891, quella imperiale. G. Fasoli, I re d’Italia (882-962), Firenze, 1949. [8] Ageltrude -G. Treccani, Ageltrude, Dizionari Biografico degli Italiani, pp. 384, 385, Roma, 1960. [9] A Roma vi era, in quel momento, un bipolarismo fondato su due partiti: uno “filogermanico” legato ad Arnolfo di Carinzia e Berengario, l’altro“nazionalista” legato a Guido e Lamberto di Spoleto e ad Adalberto di Tuscia. Inizialmente il papa Formoso si schierò con il partito “filogermanico” ma fu costretto a incoronare Guido, il capo del partito “nazionalista”. Il papa non vide di buon occhio il consolidarsi di una dinastia imperiale in casa: meglio sarebbe avere un imperatore lontano. Per cui con una mano incoronò imperatore Guido e con l’altra chiese l’aiuto – U. Broccoli – Roma, anno 89, sta in: Avvenimenti  N. 91, pag.  71, 18 aprile 1999, Roma. [10] Lamberto re d’Italia, imperatore, duca di Spoleto. – G. Treccani, Lamberto re d’Italia, Istituto della Enciclopedia Italiana, pag. 412, vol. XX, Edizione 1949, Roma. [11] P. Brezzi. STORIA D’ITALIA, Dalla civiltĂ latina alla nostra repubblica , Vol. III, pag. 37–Dall’Italia feudale a Federico II di Svevia- (800/1250), Istituto Geografico De Agostini , Novara 1980. [12] Diploma. Nell’antichitĂ romana, documento in forma di doppia tavoletta di bronzo rilasciato dall’imperatore o da altra autoritĂ come salvacondotto (permesso). PiĂą tardi nome generico di documento solenne rilasciato dal sovrano o da altra autoritĂ come attestato di facoltĂ o privilegio concesso. Oggi, attestato solenne rilasciato dall’autoritĂ sovrana o da altro organo competente mediante il quale si accorda un titolo nobiliare, un grado accademico, una laurea, un premio, ecc. -G.M. Boccabianca, A. Agnolotto et alii, Nuovissima Enciclopedia Illustrata,vol. terzo, pag. 37. Istituto Editoriale Italiano, Milano 1957. [13]  Prima di entrare in Roma le truppe imperiali si accamparono a Porta S. Pancrazio, all’inizio della via Aurelia.  Nel frattempo il partito avverso ad Arnolfo organizzò le difese della cittĂ . Forse anche questa è una delle caratteristiche storiche di Roma, e non solo di Roma e non solo di quel tempo. Negli stessi posti, lungo le stesse strade hanno marciato eserciti in cammino per liberare la cittĂ da qualcuno, attesi dal popolo, inizialmente ostile, ma sempre pronto a correre in soccorso del vincitore. La difesa di Roma durò ben poco, Porta S. Pancrazio fu aperta a colpi d’ascia e gli imperiali entrarono in Roma per liberare papa Formoso chiuso in Castel S. Angelo.  Come ricompensa logica la corona imperiale fu messa sulla testa di Arnolfo dallo stesso papa Formoso, durante una cerimonia che si svolse sulla gradinata di San Pietro in Vaticano. Il popolo romano dovette giurargli obbedienza con una formula arrivata fino a noi. “Giuro per tutti i divini misteri che senza pregiudizio del mio onore, della mia legge e della mia fedeltĂ al Signore e Pontefice Formoso, in tutti i giorni della mia vita sono e sarò fedele all’imperatore Arnolfo; che mai stringerò alleanza con alcuno per venir meno alla fedeltĂ a lui; che mai presterò aiuto alcuno a Lamberto, figli di Ageltrude, o a sua madre perchĂ© ottengano cariche temporali; e che mai, per mezzo di intrighi o speciosi argomenti, consegnerò la cittĂ di Roma a Lamberto o a sua madre Ageltrude o alla loro gente”. Formoso morirĂ in quello stesso anno e Arnolfo lo seguirĂ dopo tre anni. VerrĂ eletto papa Bonifacio VI (896) che regnò solo dieci giorni. Alla sua morte il partito nazional-spoletino elesse subito un altro suo candidato: Stefano VI (896-897) che sconfessò la politica di Formoso processandone il cadavere. Ma lo stesso papa finì in carcere e fu strangolato nell’agosto 897. U. Broccoli, Roma, anno 891, sta in: Avvenimenti N. 91, pag.. 71, 18 aprile 1999, Roma. Vincenzo Moneta Letto 3659 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Carlo Capone — 9 Marzo 2010 @ 14:02
E’ il periodo piĂą ‘arruffato’ della storia italiana. Va dato grande merito a Vincenzo Moneta di avervi gettato ampi squarci di luce.
Una curiositĂ : Ageltrude, in quanto duchessa di Benevento, viene giustamente definita di stirpe longobarda. Vorrei capire se lo stesso si può dire di Guido di Spoleto . Furono infatti Spoleto e Benevento  gli unici  lasciti della dominazione longobarda e quindi verrebbe  da dire che Guido ne rapprsentasse  la  degna discendenza. Â
Molto interessante   apprendere  che con Lamberto si rinnova il predominio dell’Impero sulla Chiesa In  effetti la crisi dinastica successiva alla morte di  Carlo Magno aveva lasciato ampi spazi rispetto all’ assoluta obbedienza  cui  l?imperatore  (formalismi a parte) l’aveva costretta. Ma è pur vero che per quest’ultima si apprestano tempi assai grami, vedi le imprese di Mamozia e sodali nel secolo X.
Carlo Capone
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