STORIA: I MAESTRI: Il pugno di Licurgo29 Marzo 2011 di Roberto Gervaso Sparta diventò una grande potenza in seguito all’in vasione dei Dori, guerrieri nordici calati in Laconia in torno al decimo secolo avanti Cristo. La città fu chiamata Sparta, che in greco significa sparsa, perché nacque dalla fusione di cinque villaggi, po polati complessivamente da poco più di cinquemila ani me. I conquistatori, d’origine montanara, erano gente roz za, ignorante, belluina, tra cagnotta, con lunghe chiome e pelle olivastra, S’erano sem pre guadagnati da vivere con le armi, e infatti la società che instaurarono fu militare, guerrafondaia, gerarchica, an tidemocratica. Tutto il potere era concentrato nelle mani dei vincitori. Gli indigeni, o Iloti, erano considerati e trat tati alla stregua di schiavi, i cittadini liberi, o Perieci, era no liberi per modo di dire perché non godevano dei di ritti politici. Un sudario d’austerità in combeva su Sparta. La stessa classe dominante non si con cedeva alcun lusso, Viveva fru galmente, sorda a ogni mani festazione intellettuale. Sue uniche preoccupazioni erano la disciplina e l’efficienza del l’esercito, grazie al quale una minoranza agguerrita riuscì a sopraffare e a tenere sotto il giogo una maggioranza im belle. Il militarismo spartano trovò in Licurgo il suo grande codificatore e il suo più in transigente assertore. Non sappiamo con esattezza quan do le sue leggi furono pro mulgate perché non conoscia mo la data di nascita del loro autore. C’è chi dice che visse nel nono secolo, chi nell’otta vo, chi nel settimo. C’è addi rittura chi ne nega l’esistenza. La scarsezza di fonti c’impedi sce di fissare una data. A sentire Erodoto, Licurgo era zio e guardia del corpo di Carilao, re di Sparta. Quanto alle famose leggi a dettarglie le, secondo alcuni, sarebbe stato l’oracolo di Delfi in per sona. In realtà furono farina del suo sacco e a mettere in giro la voce dell’oracolo fu con ogni probabilità, lo stesso Licurgo al quale doveva fare un gran comodo attribuire alla divinità le sue austere ri forme. I sudditi se le sareb bero lasciate più docilmente imporre. E’ difficile dire se, plasmando il nuovo codice, Li curgo s’ispirò a quelli vecchi, ammesso che preesistessero corpi organici di leggi. Cer tamente tenne conto dello spi rito e dei costumi del suo po polo, cioè di quei trentamila Dori che avevano conquistato la Laconia e godevano dei pieni diritti civili e politici. Quanto ai trecentomila Iloti e Perieci, non erano un pro blema. Una delle grandi riforme fu quella agraria. Plutarco e Po libio smentiti da Tucidide, di cono che la Laconia fu divisa in trentamila parti uguali. Quanto al commercio e al l’industria, Licurgo proibì ai cittadini di dedicarsi a queste attività indegne di un popolo guerriero. Vietò anche l’im portazione d’oro e d’argento e ordinò di coniare solo mo nete di ferro. Ma il capola voro di Licurgo fu la riforma costituzionale imperniata con temporaneamente su tre dif ferenti forme di governo: mo narchia aristocrazia e demo crazia. La monarchia era in realtà una diarchia perché sul trono sedevano due re che, sorvegliandosi a vicenda, im pedivano l’accentramento del potere nelle mani di uno solo. I re sovrintendevano ai sa crifici, erano a capo della ma gistratura e dell’esercito in guerra. L’aristocrazia era in carnata nel senato. Ne face vano parte ventotto anziani ultrasessantenni che legifera vano, giudicavano i delitti ca pitali e indirizzavano la poli tica pubblica. La democrazia s’esprimeva in un’assemblea di ottomila cittadini d’età non inferiore ai trent’anni che si riunivano nei giorni di luna piena, dibattevano questioni di pubblico interesse e ratifi cavano le leggi votate dal se nato. L’assemblea eleggeva i cinque Efori, o ministri, che costituivano l’esecutivo. La difesa dello Stato era affidata all’esercito, il meglio addestrato, il più disciplinato, il più agguerrito dell’antichi tà. Lo spartano, dal momento in cui veniva al mondo, do veva prepararsi a diventare un perfetto soldato. Una com missione esaminava i neonati. Se erano gracili li faceva pre cipitare da un picco del mon te Taigeto, se erano robusti li obbligava a dormire all’ad diaccio anche d’inverno. Quel li che sopravvivevano, a sette anni venivano strappati alla famiglia e messi in un colle gio militare, di dove uscivano per accamparsi sotto la ten da. Erano semianalfabeti, si lavavano poco, mangiavano alla mensa pubblica, doveva no mantenersi snelli e agili, se ingrassavano oltre un cer to limite venivano confinati. Quando andavano in guerra le loro donne li ammonivano: « Torna con lo scudo, o su dì esso ». Si capisce perché fu rono dei grandi soldati, per ché vinsero tante battaglie, perché diedero nome a un certo costume e a una certa regola. L’inglese William George Forrest, professore di storia antica al Wadham College di Oxford, ha dedicato a Sparta e alla sua grandezza milita re un volume di 238 pagine (Storia di Sparta, editore La terza, L. 1300), serio, dotto, documentato, in cui si sente la mano dello specialista. Letto 2081 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||