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STORIA: In una mia lettera la richiesta di una targa alla memoria del sacerdote partigiano don Silvio Giurlani

6 Febbraio 2020

di Bartolomeo Di Monaco

Non fu difficile ottenere dal Comune di Lucca la targa in memoria del sacerdote partigiano don Silvio Giurlani, che fu il mio parroco quando abitavo (fino ai 28 anni) il bellissimo rione di Pelleria, che non dimenticherò mai e che mi ha formato, in pazienza, dinamismo, generosità, solidarietà, amicizia, onestà, chiarezza, lealtà, ma anche con la giusta rudezza nei confronti di alcuni vizi, tra cui la cattiveria e l’ipocrisia. Con coloro che ne fanno uso, metto in moto una cattiveria particolare non indulgente, che credo sia una di quelle forme che si generano spontaneamente quando le virtù morali sono turlupinate.

Ecco la lettera del 25 agosto 2008.
La targa fu inaugurata il 5 settembre 2009, insieme con la bella fontana che ancora oggi adorna la piccola piazza. Anche per il suo ripristino mi adoperai per riconsegnare l’antico volto al rione che è l’unico rimasto integro e che dovrebbe far parte di un percorso turistico che mostri ai visitatori la Lucca più antica.

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AL SINDACO DI LUCCA PROF. MAURO FAVILLA Palazzo Santini – Lucca

ALL’ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA Palazzo Ducale – Lucca

ALLA STAMPA LOCALE

Invio a Lei, Sig. Sindaco, all’Istituto Storico della Resistenza e alla stampa questa richiesta, a proposito di un altro protagonista dimenticato della Resistenza lucchese.
Per molti anni e fino alla sua morte avvenuta il 10 luglio 1977, fu parroco della chiesa di San Tommaso in Pelleria don Silvio Giurlani, ora sepolto nel piccolo cimitero di Collodi. Tenente cappellano, fu personaggio di spicco della Resistenza lucchese, e più volte fu sul punto di essere catturato dalle Brigate nere, alle quali riuscì sempre a sfuggire avventurosamente. Nel 1984, in occasione del 40 ° anniversario della liberazione della città di Lucca dal nazifascismo, avvenuta il 5 settembre 1944, una pubblicazione, curata dal locale Istituto Storico della Resistenza, riporta un rapporto redatto dallo stesso sacerdote sulle sue attività svolte in quel periodo, davvero numerose e determinanti. In un altro rapporto, redatto dal Serg. Magg. Rodrigo Masone, si evidenzia l’importanza fondamentale del contributo dato da don Silvio Giurlani alla Resistenza, con capacità dirigenziale di notevole rilievo, nonché con azioni che lo vedevano rischiare la propria vita. Tra tanti episodi in cui è coinvolto il sacerdote ricordati da Masone, evidenziamo quello relativo ad uno dei molti tentativi posti in essere dalle Brigate nere per catturarlo. “Il 29 agosto 1944, alcuni militi della Brigata nera capitanati dal Ten. Lio Rossi, alle ore 12,20 assaltarono l’abitazione di Don Giurlani, vicino all’Ospedale, ormai denunziato come uno degli animatori del movimento partigiano: tanto io che i miei uomini non ci abbattemmo: dovevamo salvare il nostro Cappellano che da un anno lavorava in mezzo a noi: mi aveva confidato la mattina alle ore 9,30 che si recava in Prefettura per strappare un permesso per oltrepassare il Serchio, dove doveva compiere una missione per ordine del C.L.N. Disponemmo subito un servizio di sorveglianza – via Galli Tassi era perlustrata da Bini Enzo, via San Tommaso dalla Sig.na Valeria Menestò, via S. Giustina da me: era l’ora del ritorno di Don Giurlani – e fu salvo per il tempestivo intervento nostro: lo aiutammo a nascondersi nei sotterranei del nostro Ospedale (il complesso edilizio è quello dell’ex ospedale di via Galli Tassi- n.d.A.) poi, abbattendo un muro, penetrammo nel vicino ospedale civile, e riuscimmo a rifugiarlo in una soffitta, dove per due giorni mi recai a visitarlo, a informarlo, a avere istruzioni e indicazioni importanti per noi e per il C.L.N. e per il C.M.L.N. e solo quando tutto fu sistemato Don Giurlani si allontanò la mattina, all’alba del 31 agosto per volontà di tutti, avendo i militi della Brigata nera parecchie sue fotografie.”.  Sappiamo dalle parole dello stesso don Giurlani che “ero sfuggito per miracolo, dico per miracolo, perché ogni giorno ho pregato Dio, per la Patria e per me, alle ricerche della brigata nera e mi trovavo rinchiuso nella canonica del parroco di S. Cassiano a Vico, Don Baldaccini Gino, e potei rientrare a Lucca solo dopo quattro giorni dalla liberazione, e cioè l’8 settembre, un anno preciso di sofferenze terminava, l’era fulgida della libertà cominciava.”. Questa lunga nota è dovuta all’ammirazione che ho nutrito per questo sacerdote, che fu mio parroco fino al 1970. Mi dispiace che niente nella città aiuti a ricordarlo. Da una sua confidenza, appresi che Papa Montini (Paolo VI) lo aveva fatto chiamare a Roma per offrirgli un incarico presso il Vaticano (là, o nelle sue carte, se qualcosa è rimasto, non sarà difficile ritrovare la lettera), ma lo aveva rifiutato per restare a Lucca, e, mi disse, nella sua Pelleria. Ecco, si potrebbe intitolare al suo nome la piccola corticella che si trova di fianco alla chiesa di San Tommaso in Pelleria. Lì, è la sua casa, dove ha voluto restare e morire.”

Bartolomeo Di Monaco Via Pisana 4397 55050 MONTUOLO – Lucca

Lucca, 25 agosto 2008


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Bart