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STORIA: Pio XII Santo?

4 Febbraio 2010

di Maria Antonietta Pinna
[Sulla decisione di elevare agli onori degli altari Pio XII si sono aperte delle polemiche, soprattutto tra la Chiesa e una parte almeno della comunità ebraica. Maria Antonietta Pinna prende con questo articolo una posizione critica contro Pio XII, del resto non nuova. La rivista lo pubblica nella speranza che possa sucitare interventi anche discordanti o contrapposti.]

Pio XII è stato “trasparente e disponibile per l’opera di Dio”? Il “pastore angelico”, il 260 ° papa della Chiesa di Roma, il pontefice del gran silenzio, il cavaliere dell’imparzialità anticomunista, che ha taciuto di fronte alle deportazioni, all’assassinio, allo sterminio di milioni di ebrei. Un uomo coraggioso, non c’è che dire.

Già nel 1933 Edith Stein, dopo l’elezione di Hitler al cancellierato, scriveva al papa, Pio XI, e al suo segretario di Stato, cardinal Pacelli.

Il silenzio della Chiesa cattolica su quanto stava accadendo in Germania, non poteva essere ammesso. Non solo gli ebrei, ma migliaia di cattolici tedeschi aspettavano che la chiesa di Roma facesse sentire la sua voce contro gli abusi criminali verso l’umanità, violenze che già stavano avvenendo.

Sembra che papa Pio XI stesse preparando un’enciclica contro il nazionalsocialismo pronta alla fine del 1938 e che la morte gli abbia impedito di prendere posizione.

Perché il suo successore, Papa Pacelli, ha rinunciato a pubblicare l’enciclica?

Eppure il Vaticano sapeva ciò che stava accadendo nei campi di concentramento hitleriani, si sapeva “della soluzione finale”.

Nel 1942 il papa ricevette informazioni sul massacro degli ebrei in un documento compilato da padre Pirro Scavizzi che parlava di due milioni di morti.

Si sapeva…

E a Natale dello stesso anno il Santo padre, sapendo del genocidio, spremeva poche frasi contenute di circostanza: Questo voto di pace in un ordine nuovo, l’umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento.

Perfino Mussolini disse che il discorso del papa, pieno di luoghi comuni, era talmente generico che avrebbe potuto essere pronunciato dal parroco di Predappio.

Poi nel 1943 il papa ancora si esprime riferendosi genericamente a coloro talvolta, destinati anche senza colpa a misure di sterminio.

Il talvolta ci sta proprio bene. È la ciliegina sulla torta di San Pio XII.

Il vescovo di Aubsburg nella sua lotta contro l’ateismo non ha forse detto che senza Dio tutto è permesso? Le società senza Dio sono l’Inferno sulla terra, come dimostra il nazismo, con campi di concentramento e omicidi di massa. Lo stesso vescovo ha detto che la più grande strage tedesca è quella consumata con gli aborti, praticati in numero superiore alle vittime del genocidio nazista.

La frase non ha bisogno di essere commentata.

Del resto il 6 ottobre 2002 Giovanni Paolo II con gran cerimonia, non ha proclamato Santo il fondatore dell’Opus Dei, la Santa Mafia? Josemarí­a Escrivá, uomo freddo, pragmatico, iniziatore di un culto personale, simpatizzante del dittatore Francisco Franco, amico di Pinochet, a capo di un’organizzazione potentissima, tentacolare, che mette becco in affari, politica e finanza. Santo?

Ma torniamo indietro nel tempo. Ecco, San Luigi, Luigi IX, re di Francia, il cacciator di reliquie, il moralizzatore, quello che ha guidato due sanguinose crociate fallimentari, per devozione religiosa, s’intende.

E da chi fu canonizzato questo re nel 1297? Da Bonifacio VIII, altro grande campione della cristianità, quello della vendita delle indulgenze, tanto per intenderci: Quando il soldin cade nella cassetta l’anima sale in cielo benedetta.

Il Paradiso comprato, la religione del lucro, dell’affare o del malaffare.

Eppure Cristo andava in giro con poveri panni e mai ha pensato di farsi pagare per salvare un’anima.

Ma si sa, con Dio tutto è permesso.


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4 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 4 Febbraio 2010 @ 21:31

     

    Concordo  sulle ambiguità   pacelliane e, a voler sintetizzare,         santo proprio non ce lo vedo. Se però valutiamo   Pio Duodecimo in ottica storica,   alle opinioni subentra il giudizio sugli atti   di  Capo di uno Stato.   Come tale Pacelli  operò  in maniera   accorta,  specie date le circostanze, anche se il merito sulle qualità eroiche ne esce fatalmente sminuito.    
    Di Eugenio Pacelli potremmo dire, in metafora, quanto sarcasticamente ebbe a osservare Gian Carlo Pajetta su Berlinguer: ”    si iscrisse  presto  alla segreteria del partito”.   E che  Pacelli fosse un predestinato lo dimostrano  le virtù   e le attribuzioni di Principe della Chiesa:  di ascendenza  nobilissima, colto, ieratico, severo,    distaccato, infine   abile  tessitore. E in effetti   il suo primo   incarico  di    levatura fu    prettamente diplomatico. Dal 1917 occupò la Nunizatura  di Germania, carica che ricoprì fino al ’29. E’ probabile che la sua cultura fosse già impregnata di germanesimo (pensiamo alla fioritura di geni letterari tedeschi  dal sette ottocento ad allora, un’influenza che in Italia ha   sempre avuto sacrosanti   accettori, senza   dimenticare    l’ambiguità dei nostri sentimenti   verso i cosiddetti ‘todesch’) ma   tutto questo nulla attiene con presunte simpatie per il  nazismo. Certo con Hitler si incrociò almeno una volta ma, leggo dalla sua biografia, per stipulare nel ’33  il Concordato con il Reich, cosa già avvenuta con il Baden e la Baviera 10 anni prima. Era la politica internazionale di Pio XI, non certo un sostenitore di quel regime.
    Possiamo allora dire che basta quel trattato, la cui tessitura pur curò di persona,      ad   alimentare le accuse  di antisemitismo? a mio modesto parere  no. Pacelli fu eletto nel ’39 e i  suoi più convinti  acclamatori furono inglesi e americani, che speravano in un’opera mediatrice vista la conoscenza dei problemi della gente tedesca. Sembra anzi che Hitler non fu affatto contento: avere tra i piedi quel tipo, in vista dei  piani di aggressione, non era motivo di compiacimento.

    Ma a favore del Pacelli politico giocano altri due fattori, credo. Intanto se avesse pubblicamente condannato, come eroicamente era suo dovere, le stragi dei lager avrebbe solo raggiunto lo scopo di aggiungere sangue al sangue, Hitler non se ne sarebbe stato con le mani in mano. Prima avrebbe eliminato lui, poi distrutto la sua Chiesa, insieme a tutti gli ebrei che si dice Egli abbia salvato. In seconda istanza vanno chiariti i rapporti col fascismo, che non furono del tutto idilliaci.     Pacelli aveva raccolto le accorate richieste di Churchill affinchè l’Italia restasse fuori dal conflitto. A riprova c’è una feroce replica di Mussolini, che mandò a dire: “Stia attento il Papa, chè agli italiani gli scortico la pelle e li faccio diventare quel che sono, dei falsi e ipocriti osservanti”. Bei tempi, e bei figuri. Con essi si trovò a duellare il principe  Eugenio, da essi senza dubbio scaturì la sua prudenza, poca o eccessiva a seconda del sentire.
    A me, lo ricordo nei pallidi filmati tivvù di quando ero bambino, non fu mai simpatico. Mi incuteva un rancoroso timore, lo vedevo severo e sprezzante: ma quant’è brutto, sbottai una volta con mia mamma davanti al televisore. Sciocchezze di bambini, certo, ma ai bambini si rivolse un  magico Natale il suo Successore. A noi bambini. E   questo non me lo scordo.

    Carlo Capone

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 5 Febbraio 2010 @ 00:20

    Ottimo ricordo, Carlo

  3. Commento by Carlo Capone — 5 Febbraio 2010 @ 14:24

    E’ un ricordo sospeso al filo  degli avvenimenti  di infanzia. Essi a volte assumono    colori caldi e sgargianti, altre   si vestono di bianco e nero.   Qui sta nevicando a larghe falde, ad esempio, e  poco fa, mentre guardavo attreverso la finestra del mio studio,    il pensiero  è andato  alla nevicata del 56 a Napoli. Dovrebbe essere un ricordo   in bianco e nero e invece assume le tinte della    felicità. La mia prima neve, il caldo  del letto  mentre fuori fioccava, i pupazzi, il contatto stupito con la strana sostanza  depositatasi sul davanzale. Vabbè, sono uscito fuori tema,

    grazie e un saluto, Bart.

     

  4. Commento by alessio di benedetto — 6 Febbraio 2010 @ 17:18

    In pratica, quando il Führer sale al potere, mons. Pacelli sa benissimo chi sia il caporale di Braunau, poiché era stato Nunzio apostolico in Germania dal 1917 al ’29. Conosce a menadito i programmi politici del partito nazista, chiaramente espressi nel Mein Kampf del 1925. Non ignora quali forze finanziarie appoggino la politica razzista e violenta del Nazionalsocialismo, gli scopi ultimi di simile vertiginosa ascesa, gli interessi dell’industria bellica e dei potentati aristocratici di una Germania ridotta alla fame dal trattato di Versailles del 1918, dal crollo borsistico di Wall Street del ‘29 e dall’inflazione ormai alle stelle, voluta dagli azionisti privati della Reichbank per destabilizzare la Repubblica di Weimar e comprende tutte le implicazioni dei moti popolari che avevano portato i comunisti al governo.

     

    Eugenio Pacelli, quattro giorni dopo la sua elezione a papa, il 6 marzo 1939, mentre le truppe tedesche invadevano la Cecoslovacchia, così scrive al “caro” dittatore:

     

     

     

                          “Al molto onorando signor Adolfo Hitler, Führer e Cancelliere del Reich tedesco, Pio papa XII.

     

                          (…) Fin dall’inizio del nostro pontificato noi intendiamo assicurarla che restiamo intimamente affezionati al popolo tedesco affidato alle sue cure (…).

     

                          In grato ricordo dei lunghi anni nei quali, come Nunzio apostolico in Germania, con gioia, tutto abbiamo messo in opera per ordinare le relazioni tra Chiesa e Stato in reciproco accordo e in efficace collaborazione, a vantaggio delle due parti, e per portarle a ulteriori vantaggiosi sviluppi (…).

     

                          Frattanto noi imploriamo per lei, molto onorando signore, e per tutti i membri del suo popolo, coi migliori auguri, la protezione del Cielo e la benedizione di Dio onnipotente[1].

     

     

     

                          Questa lettera non è stata riportata negli Actes stampati dalla Santa Sede, a riprova ancora una volta del fatto che – come scrive Ernesto Rossi: “I clericali non hanno bisogno che noi laici si dia loro una mano per scagionare la Santa Sede dall’accusa di collaborazionismo coi regimi totalitari; la storia la sanno falsificare da sé”[2].

     

    da:

    LA RELIGIONE CHE UCCIDE

     

    COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITí€

     

     

     

    http://alessiodibenedetto.jimdo.com/novita-2010/

     

    http://www.macroedizioni.it/libri/la-religione-che-uccide.php

     

    [1] A. Martini, “Pio XII e Hitler, Civiltà Cattolica, 20 febbraio 1965, 349-51.

     

    [2] Ernesto Rossi, Pagine anticlericali, op. cit. 54.

     

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