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STORIA: SCRITTORI DI GUERRA LUCCHESI: Marco Vignolo Gargini: “Paragrafo 175. La memoria corta del 27 gennaio”

26 Maggio 2019

di Bartolomeo Di Monaco

L’autore denuncia con sdegno la poca attenzione che la Storia e le Istituzioni, in particolare quelle italiane, hanno dedicato alle condizioni di vita degli omosessuali durante il nazifascismo e al duro trattamento loro riservato nei campi di prigionia.

La Germania istituì la Giornata della Memoria con un discorso (che viene riportato) del 3 gennaio 1996 dell’allora presidente della Repubblica Federale tedesca, Roman Herzog, facendola coincidere con il giorno 27 gennaio 1945 in cui “i soldati russi del primo reparto facente parte della LX Armata del generale Kurockin, del 1 ° Fronte Ucraino del maresciallo Ivan Konev, aprirono i cancelli del Campo di concentramento e sterminio tedesco nazista di Auschwitz”. L’Italia fece lo stesso con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, ma “ci si accorge che il ‘Giorno della Memoria’ è stato istituito dal nostro Parlamento per ricordare alcune vittime italiane del nazionalsocialismo, ma non tutte. Solo gli ebrei, i prigionieri politici e quelli IMI (Internati militari italiani) fanno parte dell’elenco delle vittime citate nel testo della legge; mancano all’appello gli omosessuali, i Rom e i Sinti, i Testimoni di Geova e tutte le altre categorie presenti all’interno dei Lager.”. Ricorderà poi anche i Pentecostali e i portatori di handicap (in Appendice è riportato il resoconto stenografico della seduta della Camera dei deputati n. 725 del 24/5/2000, e altri documenti sul tema).

Marco Vignolo Gargini intende colmare questa lacuna ripercorrendo ciò che accadde in Europa alle categorie non prese in considerazione dalla legge italiana.

Si parte ricordando la devastazione di tutte le sedi dei Testimoni di Geova colpevoli di non “legittimare nessun tipo di regime aderendo a politiche che entravano in contrasto con il proprio credo.”. E si segue con i Rom e i Sinti: “La popolazione Rom e Sinti iniziò ad essere perseguitata e internata prima della guerra, già durante la preparazione e lo svolgimento dei Giochi Olimpici di Berlino del 1936 furono arrestati e deportati i primi appartenenti a questa categoria, e alla fine del conflitto mondiale si presume che oltre mezzo milione di Rom e Sinti siano stati uccisi nei campi di sterminio.”; “L’aspetto più terribile della detenzione dei Rom e Sinti fu soprattutto quello degli esperimenti scientifici cui fecero da cavie, a partire dal 1943, ad Auschwitz e in altri campi di concentramento. A molti di loro furono inoculati germi e virus patogeni per osservare la reazione dell’organismo di fronte alle malattie, altri vennero obbligati a ingerire acqua salata fino alla morte. Particolarmente duro fu il trattamento riservato alle donne. Le più giovani venivano sottoposte a dolorose operazioni di sterilizzazione, mentre quelle mature erano utilizzate per riscaldare, nude, i corpi di coloro che erano stati soggetti agli esperimenti sul congelamento.”. I Rom e i Sinti perseguitati in Italia  e rinchiusi nei campi di concentramento sparsi nel nord del  Paese erano “italiani, ma anche di altre nazionalità; in particolare un gran numero erano Rom slavi, fuggiti in Italia dalle persecuzioni in patria. Molti di loro riuscirono a fuggire e si unirono alle bande partigiane.“.

Quando s’inizia a trattare degli omosessuali si ricorda il duro cammino da essi percorso per avere un primo riconoscimento. Ci furono contestazioni dolorose e l’autore ne ricorda due in particolare, quella di “Lunedì 30 maggio 1994” a Gerusalemme in cui l’accenno alle persecuzioni sugli omosessuali venne tacciato di blasfemia, e quella del 29 maggio 2008 a Berlino in cui gli ebrei si opposero alla parificazione delle sofferenze degli omosessuali alle loro. Gli omosessuali furono accusati di tutto, di essere “complici dei nazisti, addirittura si sono costruite teorie secondo cui il Partito Nazionalsocialista sarebbe stato fondato da omosessuali. L’origine principale di questa montatura risale agli anni ’30 e fu architettata in Unione Sovietica.”. A confermare questa tesi viene citato il libro di Wilhelm Reich, “The Sexual Revolution”, del 1945: “La stampa sovietica aveva iniziato una campagna contro l’omosessualità come manifestazione di ‘degenerazione della borghesia fascista’. Il notissimo giornalista sovietico Koltsov aveva scritto una serie di articoli sugli ‘amichetti del ministro della propaganda Goebbels’ e sulle ‘orge sessuali nei paesi fascisti’.”. Sempre nel libro si riporta quanto scriveva Gorky: “Nei paesi fascisti, l’omosessualità, rovina dei giovani, fiorisce impunemente; nel paese dove il proletariato ha audacemente conquistato il potere, l’omosessualità è stata dichiarata crimine sociale e severamente punito.”. L’Unione Sovietica puniva gli omosessuali “con cinque anni di prigione e lavori forzati, o con la deportazione in Siberia”.

Il titolo del libro di Marco Vignolo Gargini è suggerito dal film-documentario “Paragraph 175”, “diretto nel 2000 da Rop Erbestein e Jeffrey Friedman.”. Il 175 era il numero dell’articolo del codice penale tedesco che, fino al 1969, considerava l’omosessualità un reato e per il quale furono processati “circa 100.000 tedeschi”. A questo articolo, che copiava un precedente articolo 141 “di un altro codice penale promulgato nel 1507”, sono dedicati più capitoli, che ricordano come, con il numero 143, sia entrato nel codice penale prussiano e poi, con l’unificazione della Germania, abbia assunto nel codice penale tedesco il numero 175 e la seguente stesura: “L’atto osceno contro natura, che viene commesso tra persone di sesso maschile o tra uomini ed animali, è punito con la reclusione; può essere emessa anche una sentenza di interdizione dai diritti civili.”. Sarà aggiornato con l’avvento di Hitler. Faccio notare che non viene inclusa la omosessualità tra le donne (ma vedremo in seguito il trattamento che sarà riservato alla omosessualità femminile), ricompresa invece nell’articolo 116 della “Constitutio Criminalis Carolina” emanata dall’imperatore del Sacro romano impero Carlo V nel 1532, “che ha fatto da modello all’intera legislazione del mondo teutonico”, il quale recitava, ben più duramente: “Inoltre, quando un uomo con un animale, un uomo con un uomo, una donna con una donna, commettono atti osceni essi hanno perso la propria vita e, secondo l’uso comune, sono condotti dalla vita alla morte con il fuoco.”. Già la Prussia con la prima stesura, nel 1794, dell’art. 143, aveva attenuato la portata dell’articolo 116, che limitò con la seguente nuova definizione: “L’atto osceno contro natura, che viene commesso tra persone di sesso maschile o tra uomini e animali, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la pena aggiuntiva dell’immediata perdita dei diritti civili.”. Il 175 sarà ancora di più attenuato introducendo la discrezionalità circa l’interdizione dai diritti civili. Infine, “Con la riunificazione delle due repubbliche tedesche del 1990 il paragrafo 175 rimase presente nel codice penale fino al 10 marzo 1994, quando fu abrogato e poi definitivamente derubricato il 13 novembre 1998.”.

Un capitolo è dedicato alla figura del medico e sessuologo tedesco Hans von Hirschfeld, morto nel 1935, “paladino di una battaglia senza precedenti per l’abrogazione del paragrafo 175.”, il quale dovette far fronte alla ostilità della popolazione del suo Paese contro la sua persona e le sue idee: nel 1907, chiamato come esperto in un processo di omosessualità, “fu pubblicamente insultato, minacciato dai movimenti nazionalisti e antisemiti”. Il medico era ebreo. Non si arrese, e nel 1919 realizzò “il suo capolavoro”, l’Institut für Sexualwissenschaft, “l’Istituto per la ricerca sessuale, sempre a Berlino nel palazzo acquistato dallo stesso Hirschfeld.”; “Il 6 maggio 1933 la furia nazista” distrusse l’Istituto e bruciò tutti i suoi documenti. Il medico, “che si trovava all’estero per tenere delle conferenze, non tornò più in Germania. Due anni e otto giorni dopo la distruzione dell’Istituto, nel giorno del suo sessantasettesimo compleanno, Magnus von Hirschfeld, deluso e depresso, morì in esilio a Nizza, dove è sepolto.”.

Viene fatto riferimento alla “Notte dei lunghi coltelli”: “l’eccidio delle SA, ordinato da Hitler in persona e consumato nella notte del 30 giugno 1934, ebbe motivazioni di carattere morale oltre che politico, essendo chiaro alle autorità naziste che l’organizzazione capeggiata da Ernst Röhm propagandava il principio del Männerbund omosessuale, del cameratismo tra soldati.”. Di questo eccidio, avvenuto nella cittadina di Bad Wiessee, “località termale a sessanta chilometri da Monaco di Baviera”, troviamo una efficace descrizione nel film di Luchino Visconti, “La caduta degli dei”, del 1969.

Hitler, coadiuvato dal comandante delle SS Heinrich Himmler (in Appendice troveremo il “Discorso sull’omosessualità tenuto da Heinrich Himmler il 18 febbraio 1937 ai generali delle SS”), fu spietato con gli omosessuali, considerandoli “nemici dell’ordine pubblico e potenziali sovvertitori del regime politico.”. Durante le Olimpiadi di Berlino del 1936, “centinaia di omosessuali furono internati per ‘ripulire le strade’.”

Il nazismo si occupò anche delle donne omosessuali, senza però includerle nel paragrafo 175; furono rese riconoscibili con un triangolo nero appuntato sulla divisa, “essendo considerate ‘asociali’ e classificate come pervertite, alla stregua delle prostitute.”. Agli uomini, invece, i nazisti applicarono un triangolo rosa, che appare in copertina del libro.

Sugli omosessuali, soprattutto quelli “abituali”, furono compiute le più orribili persecuzioni; si arrivò al trapianto di testicoli sani fino addirittura alla lobotomizzazione.  Il medico danese Carl Ví¦rnet si distinse per questi diabolici esperimenti: “A tutt’oggi non abbiamo una cifra precisa che attesti quanti omosessuali siano stati arrestati, deportati e sterminati nei campi di concentramento, specie nel periodo finale del secondo conflitto.”.

Il libro, al termine, riporta i titoli di alcune opere teatrali e cinematografiche che hanno avuto come tema la persecuzione dell’omosessualità e tratteggia una breve biografia dei loro protagonisti.

 


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Bart