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TEATRO: I MAESTRI: Chiari, fuoriclasse del monologo

12 Gennaio 2012

di Max David
[dal “Corriere della Sera”, mercoledì 25 febbraio 1970]

Sul conto di Walter Chiari me ne avevano raccontate di tutti i colori, prima che lo in ­contrassi. Dice uno: « Quello è un tipo che vola dall’Europa all’Australia pilotando a mille il suo bireattore personale ». Un altro dice: « Walter non è con ­tento se non fa cento tuffi al giorno dal trampolino di dieci metri. Lui, se in albergo non c’è la piscina olimpionica, non ci sta ». E un altro ancora: « Una volta, prima di sposarsi, stracciava una donna nuova al giorno ». E infine: «Va a cac ­cia con un fucile a ripetizione da ventiquattro colpi, e ogni colpo è un pazzetto ».

Eppure, a prima vista, l’uo ­mo mi era sembrato assai di ­verso dal suo mito. Anzi, l’uo ­mo mi era sembrato semplice e bonario, uno di quegli uomi ­ni che, per freschezza, si è sempre tentati di chiamare ra ­gazzi, anche se i loro quaran ­tasei anni sono ben suonati. Sarà che ho incontrato Walter Chiari in un ambiente semplice e familiare (in casa di suo fra ­tello Osvaldo, in compagnia di sua moglie Alida e della moglie di Osvaldo, di cui purtroppo non ricordo il nome, con dei bambini, figli di Osvaldo, che trottignavano in salotto, men ­tre una domestica attillata si accingeva ad apparecchiare la tavola per la cena) ; sarà che a me i personaggi di un certo nome fanno sempre soggezione e prima ancora di vederli li im ­magino astrusi e quasi immo ­bili, appollaiati su un enorme trespolo d’oro, ma devo ammet ­tere che poche volte mi sono inteso tanto bene e tanto pre ­sto con una persona avvicinata per motivi professionali.

Sempre il suo mito. Un ami ­co, al quale avevo rivelato di avere, per quel giorno, un ap ­puntamento con Walter Chia ­ri e che aveva affermato di co ­noscerlo bene, mi aveva det ­to delle parole curiose. Aveva detto: « Sì, Walter va forte, ha la vita facile ». Ma ora che gli avevo parlato non cre ­devo che Walter Chiari avesse avuto o abbia la vita facile. Credevo invece che la sua pri ­maria virtù consistesse nel de ­terminare situazioni facili an ­che quando apparivano difficili; anche quando difficili sarebbe ­ro state veramente, per un uo ­mo diverso. E come avveniva tutto questo? Avveniva per la sostanziale «adrammaticità » di Walter Chiari, derivazione, ri ­peto, della sua semplicità e del suo galantomismo.

Si è letto sui giornali che, alcune sere orsono, in un tea ­tro milanese, Walter Chiari era stato contestato da un certo numero di spettatori per essere arrivato con quasi due ore di ritardo sull’ora fissata per l’ini ­zio dello spettacolo. Un non galantuomo avrebbe potuto tro ­vare mille scappatoie per non affrontare, faccia a faccia, il pubblico scontento. Non lui, che sotto la mareggiata delle invet ­tive si ferma, si avvicina ai più scalmanati, discute, fornisce spiegazioni e infine, a ritardo aggravato, inizia la recita e ve ­locemente la conduce a termi ­ne. Ho usato il termine « ga ­lantomismo » perché, rievocan ­do l’episodio, Walter Chiari mi aveva detto di essersi compor ­tato in quel modo, per defe ­renza verso il suo pubblico, per essere onesto col suo pubblico.

Sarchiapone

Ha una voce scorbutica e rin ­ghiosa, come se ogni mattina facesse dei gargarismi con mez ­zo bicchiere di puntine di gram ­mofono e si potrebbe pensare che sia giusto la voce a dargli un’aria tanto spavalda. Ha una stretta di mano forte, atletica e si potrebbe pensare che sia questa stretta di mano a dargli un’aria quasi di prepotente.

Invece tutto forse gli deriva da una eccezionale vitalità ac ­compagnata da un eccezionale numero di passioni. Mito a par ­te, leggenda a parte, bisogna ammettere che di voglie Walter Chiari ne ha parecchie: ten ­nis, buone letture, calcio, cine ­matografo, caccia, teatro, fami ­glia, viaggi, soprattutto viaggi. Walter Chiari oggi è in Euro ­pa, domani in America, dopo ­domani in Australia e il giorno successivo in teatro, a recitare. Viene da domandarsi se gli ri ­manga il tempo per leggere i copioni, per studiarli, per pre ­pararsi. Sì, il tempo gli resta perché il copione, per lui è la base, la traccia sulla quale egli costruisce, col suo estro e con la sua fantasia, un tipo di spet ­tacolo che è particolarmente suo e che non ha molti precedenti. Si pensi al « Gufo ela Gatti ­na » che fu un fiasco, in Ame ­rica. In Italia, nella manipo ­lazione di Walter Chiari, la stessa opera è diventata un grosso successo.

Mi è anche sembrato di capi ­re che, più del teatro conven ­zionale, cioè più della recita nei suoi limiti classici, a Walter Chiari piacciano le macchiet ­te, i monologhi, le imitazioni, le storielle mimate e animate. Quella sua voce gorgogliante gli si era quasi intenerita ed era diventata come bambinesca, mentre mi parlava di « Il Busin » (il contadinotto brianzolo che si reca per la prima volta a una partita di calcio) e di « Sarchiapone » (con Campani ­ni in funzione di «spalla ») e dell’« Ubriaco », e della sua imi ­tazione di De Rege (dice: « De Rege ha anticipato perfino Ionesco »). Forse per motivi sen ­timentali, il personaggio che gli è più caro è proprio De Rege e gli è caro il ricordo di De Rege per qualcosa connesso al loro primo incontro. Finita la guerra, all’Olympia di Milano si dava uno spettacolo di varie ­tà al quale potevano parteci ­pare anche i « volontari », le persone, tra il pubblico, che avessero voluto tentare la via del teatro. Recitava anche De Rege, e Walter Chiari si era presentato in palcoscenico, si era esibito in non so quale mo ­nologo o macchietta e il giorno dopo, di punto in bianco, l’im ­presario gli aveva offerto una scrittura. Così era diventato at ­tore il figlio di una famiglia me ­ridionale, nato a Verona e, successivamente, domiciliato a Mi ­lano.

Senza «spalla »

In Walter Chiari la tendenza al monologo, cioè la solitudine sul palcoscenico, è una costan ­te ben definita. Lo dimostra, tra gli altri, un caso verifica ­tosi a Trieste lo scorso anno. Si rappresentava, ancora una volta, « Il Gufo ela Gattina ». Improvvisamente Alida Chelli, la seconda interprete, perde la voce e non può assolutamente recitare. Allora Walter si pre ­senta al pubblico e gli doman ­da se preferisca la restituzione del prezzo del biglietto oppure assistere alla recita condotta da uno solo dei suoi due unici personaggi: lui. Il pubblico pro ­pende per la recita con un solo attore e Walter Chiari te lo inchioda per tre ore alle pol ­trone. Aveva fatto tutto lui.

Sicché, anche se succedesse un fatto che, sul finire della nostra conversazione, ci era ve ­nuto in mente, Walter Chiari se la caverebbe lo stesso. Ave ­vamo immaginato che tutte le « spalle » per esempio, tutti i Campanini, e tutti i Gianni Agus di questo mondo si ribel ­lassero, e decidessero di non fare più le « spalle » e portas ­sero a buon fine quella che sa ­rebbe definita la prima grande rivoluzione delle « spalle » nel ­la storia dell’umanità: Walter Chiari avrebbe già in se me ­desimo, pur con molto rincre ­scimento, la giusta soluzione: solo al centro del palcoscenico; solo come nel mezzo di un de ­serto che non gli fa paura.


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Bart