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VARIE: LETTERATURA: Le parole di santa Gemma Galgani, un’esperienza di fede tra le più coinvolgenti

18 Gennaio 2021

di Bartolomeo Di Monaco
(9 novembre 2015)

Finora il mio accostamento alla “stimmatizzata di Lucca”, santa Gemma Galgani, era avvenuto tramite il libro “Gemma e altre storie lucchesi” a cura di padre Lorenzo Del Zanna, edito da Maria Pacini Fazzi nel 1983, che ha la prefazione dell’allora arcivescovo di Lucca, Mons. Giuliano Agresti. Quando vi si parla di santa Gemma, si citano brevi frasi tratte soprattutto dalle lettere scambiate da santa Gemma con il padre passionista Germano Ruppolo, suo direttore spirituale e autore della biografia “Santa Gemma Galgani” (Roma, Edizioni Postulazione dei Padri Passionisti, ristampa 1992), sepolto nella stessa basilica dove si trova la tomba della santa. Troppo poco, e dunque, mi sono messo a cercare altri testi.

Tra le offerte di libri trovate su internet, due erano le più interessanti al mio scopo: “«Amore vuole amore ». Vita, scritti ed eredità spirituale di santa Gemma Galgani, mistica di Lucca” di Farinelli Giuseppe e Giannini Gemma (che ho ordinato oggi) e il libro che ho scelto di leggere per primo: “Sola con Gesù solo” di Gemma Galgani. Non ho trovato, al momento, il libro di Cecilia Giannini. La ragione di questa prima scelta sta nel mio desiderio di attingere subito alla voce diretta della santa, evitando per il momento l’intervento e le testimonianze di terzi.

Il libro di santa Gemma Galgani: “Sola con Gesù solo”, composto unicamente da scritti suoi, salvo la presentazione delle monache passioniste del santuario-monastero di santa Gemma e l’introduzione di padre Tito Zecca, non contiene altri scritti significativi (e diretti) della santa, che esistono, e dunque l’efficacia del suo pensiero sulle mie ricerche di Dio non dispiegherebbe su di me i suoi effetti esaustivi. Ma intanto mi dà ugualmente modo di trarre alcuni convincimenti. Vediamo.  

È indubbio che ciò che rappresenta la linea guida del libro è la fervente ed esclusiva dedizione a Gesù “solo” (nel significato di soltanto) sin dalla fanciullezza (per la precisione, dagli anni della sua Prima comunione), una dedizione ispirata dall’amore incondizionato verso di lui:

“Quando la mattina tu mi vieni sulla lingua, e poi discendi nel mio cuore, dimentico tutto: le afflizioni… la terra… io gusto te solo.”; “Io vorrei che il mio cuore non palpitasse, non sospirasse che per Gesù”; “Il cuore che è già vostro, torno a donarvelo.”; “Gesù dove dovrei andare a cercare la felicità, se non da te che tutte le volte me la offri?”; “O chi mi darà le penne dell’aquila, chi mi darà le penne di colomba per volarmene a te?”.

Sono espressioni struggenti.

Allo scopo di rendere esclusivo il suo amore, non le importa più nulla del mondo: “Il mondo sia pur falso, non me ne importa nulla”; “Per amar te, amo non amar altri.”; “E che cosa amerò mai su questa terra ora che posseggo Gesù? Mondo, creature, non vi posso più amare!”.

È anche un amore dolce, fatto di tenerezza e di fiducia illimitata: “Vuoi, o Signore, che cambi la tua corona di spine in una corona di gigli?”; “Vedi, o Gesù, ho tanta confidenza in te, che se anche vedessi aperte le porte dell’inferno, e mi trovassi nell’orlo dell’abisso, non mi dispererei. E quand’anche vedessi l’inferno e il paradiso contro di me, non diffiderei della misericordia: perché confiderei in te.”; “Tra il timore e la speranza, mi abbandono a Dio.”; “Non ti ricordi più, o Gesù, che ci sono io che voglio soffrire con te?”.

È anche un amore che non vuole essere gridato, ma restare in una intima solitudine: “ti chiedo che tu mi nasconda agli occhi di tutti.”.

Ma qualche volta vorrebbe gridarlo: “Vorrei che in questo momento la mia debole voce arrivasse ai confini della terra, vorrei che tutti i peccatori mi intendessero, vorrei gridare: cattivi! Preferite strapazzare, deridere Gesù, anziché essere strapazzati voi stessi?”.

Santa Gemma è una di noi, ha le stesse nostre debolezze: “O Gesù, in tutti i giorni della mia vita io ho sempre peccato; molte offese le ho già piante; ma quel che è peggio, che ne faccio sempre di nuove.”; “Tante volte sì mi lamento, perché o mi si dice qualche parola pungente, o non si apprezza quel che faccio io.”; “Ma perché, Gesù, tutto il bene che dico di volerti, è tutto consumato in parole?”; “Mille promesse di emendarmi dei tanti difetti, e non commettere tanti peccati; ma son tutte promesse fatte a fior di labbra: mai vengo ai fatti.”.

Si sforza anche di rispondere alle nostre diffidenze: “Quanti ancora nella rabbia dicono che Gesù non si occupa di noi, che ci ha abbandonati, e che non è appunto giusto!… (omissis)… Eppure tutta la terra è ripiena di Gesù, delle opere sue continue!”.

Il contatto con Gesù è continuo: “E spesso lo sento piangere, lo sento afflitto, e mi dice che ciò fa per i peccatori!”; “E quando il mio caro Gesù amorosamente mi dice che tutta la sua gioia la prova quando si trattiene con me, o Gesù mio, gli dico, e dove mai è fondato il vostro piacere?”; “Io non so capire, Gesù, come mai sei tanto glorioso nel cielo, e vieni a nasconderti nel mio cuore.”; “Mi fa spesso vedere le sue piaghe, le sue mani grondanti sangue di redenzione, col suo cuore consumato in un incendio di carità, con le braccia aperte per stringerci, e mi dice che è tutto vittima del suo grande amore per noi.”.

Qualche volta però è presa dallo smarrimento, da una sorta di disperazione: “Ma oh! Quante volte, in certi giorni, in certe ore chiamo Gesù! Ma Gesù si nasconde e mi fugge: più non si cura se soffro!”; “O Dio, eccomi nelle tue mani! Signore! Fatti sentire… “; “Quand’ero piccina mi dicevano che eri sempre presente… o come va che non ti vedo?”; “Gesù spesso non mi risponde: io cerco, e non si fa trovare; e quando mi sente lamentare e sospirare, allora si rende sempre più sordo.”; “O mio Dio, mio Dio, ti cerco, ti chiamo; ma tu?…”.

C’è un momento in cui sembra invocare le stimmate, ossia le stesse piaghe di Gesù: “Come si fanno sentire bene le piaghe di Gesù, che mi parlano sempre d’amore, con una violenza tanto dolce che vorrei… Caro mio Gesù, vorrei avere un trasporto solo: il più ardente che ebbero i santi per potervi in qualche maniera amare.”. Quel vorrei interrotto dai puntini nasconde quasi certamente una richiesta ardita, quella di soffrire al modo di Gesù, il suo amato.

Anche in quest’altro passaggio, l’invocazione può essere interpretata allo stesso modo: “Il cuor di Gesù, tutto pieno di fiamme, non potrebbe ora comprendermi tutta, in modo da restare una vittima fortunata? O almeno da restarne ferita profondamente, da recarmi in tutta la vita quella pena dolcissima, che forma la felicità sulla terra di un cuore tutto di Gesù?”.

Qui l’invocazione si fa esplicita: “Mio Dio, a me le vostre piaghe: sono mie, non più vostre; datemele.”. E ancora: “Avrei anche il desiderio del martirio, avrei tanta forza…”.

Il pensiero più bello che sintetizza tutta la personalità della santa è, a mio avviso, questo: “Signore mio Gesù, quando le mie labbra si avvicineranno alle tue per baciarti, fammi sentire il tuo fiele. Quando le mie spalle si appoggeranno alle tue, fammi sentire i tuoi flagelli. Quando la carne tua si comunicherà alla mia, fammi sentire la tua passione. Quando la mia testa si avvicinerà alla tua, fammi sentire le tue spine. Quando il mio costato si avvicinerà al tuo, fammi sentire la tua lancia.”.

Nel corso della lettura si può osservare che solo poche volte vi è la distinzione della Trinità nelle sue espressioni di Padre, Figlio e Spirito Santo. Sovente Dio e Gesù corrispondono, e rivolgendosi a Gesù spesso la santa alterna il tu al voi.

Una frase che mi ha colpito perché inerisce il mio percorso di conoscenza di Dio è questa: “ci pensi lui a me, se non mi riesce amarlo.”

È ciò che personalmente vado cercando, quando nel comunicarmi ogni domenica lo invoco di farsi sentire e conoscere da me. Qualche volta ho cercato Dio nei miei racconti, come in “Incontro con Dio”.

Ma, a differenza che in santa Gemma, il silenzio di Dio in me continua ed è ostinato.

Scrive la santa: “Ma Gesù con le sue parole mi mise tanta calma”. Così non avviene in me.

Addirittura, vicina a morire, sussurra alla signora Cecilia Giannini (questa è una fonte indiretta), la quale l’accudiva: “Non mi lasci finché non sono inchiodata in croce. Ho da essere crocifissa con Gesù. Gesù mi ha detto che i suoi figli debbono morire crocifissi.”. Il suo lungo percorso colloquiale con Gesù si trasforma così  in una adesione al suo martirio.

Santa Gemma parla anche della fede, ma la sua fede è qualcosa di più di ciò che intendiamo noi comuni mortali. Anche se la parola usata è la stessa, l’intensità di cui è pervasa la fede della santa la trasforma in una illuminazione divina, preclusa ai più: “Ti chiamo, o Gesù, e t’invoco tutti i momenti, solo con la fede… e con quale fede? Con quella che tu mi hai dato per la salute dell’anima mia e per tutta la tua bontà. Forse mi troverai più fredda; ma anche l’anima mia riceve aiuti speciali, lo sento. La fede mi basta, Gesù, vivo bene con la fede.”; “Nell’orazione mi sento come fuori di me (non distinguo dove mi trovi, se sia fuori dei sensi oppure…) in una pace e in una tranquillità che non può spiegarsi.”.

Il soccorso della Madonna è invocato a più riprese: “Mamma mia, tu devi mettere pace fra me e Gesù. Altre volte hai potuto trattenere Gesù quando era per abbandonarmi, e l’hai trattenuto; interponiti ancora fra Gesù e me. O Madre! Che tu rimetta la pace tra Gesù e me! Di’ a Gesù che sarò più obbediente.”; “Quanto bene voglio alla Mamma mia! Essa lo sa; e poi Gesù stesso me la diede, e mi disse di amarla tanto. (omissis) Mi ha preservata da tanti pericoli; mi ha liberata dalle mani del diavolo, che sempre veniva a darmi molestia; mi ha scusata presso Gesù quando peccavo”; “Oh! Se mi facesse degna di portare il nome di figlia sua!”; “Io voglio Gesù e la Mamma mia; la cerco sempre, e vorrei non lasciare mai occasione per piacere a lei e a Gesù. Se devo ancora un altro po’ vivere, non voglio star lontano da loro.”. Ma l’immagine della Madonna che più mi ha colpito e che mostra tutta la compenetrazione della santa nel mistero del suo dolore, è questa, che riguarda il momento della crocifissione: “Oh! Che pena fu la tua… Gesù non si riconosce più. O Dio… Gesù è morto… La Mamma piange, ed io sola devo restare insensibile? Io non vedo più un sacrificio solo, ne vedo due: uno per Gesù, uno per Maria! O Mamma mia, chi ti vedesse con Gesù, non lo saprebbe dire chi è il primo a spirare! Sei tu, o Gesù?”.

Santa Gemma ci offre, parlando dell’Aldilà, uno dei suoi doni più struggenti e suggestivi, tale da infondere la speranza a tanti di noi, più deboli nella fede: “E chi sono mai io da mettermi così a parlare ogni momento col mio Gesù? O Paradiso, o Paradiso, lasciami pensare a te!… Almeno quando sarò lassù non soffrirò più, non patirò più le pene e i dolori di quaggiù. O Paradiso! In te non vi sarà più notte, né tenebre, né mutazioni di cose e di tempo!… O Paradiso! In te vi sarà il Dio da Dio, la luce dalla luce! Il sole della giustizia è quello che t’illumina. Il suo cuore immacolato sarà quello che ti darà la chiarezza del sole… perché appunto la consolazione è contemplare Iddio, il re dei re, che sta nel mezzo del Paradiso. Oh! bene! O paradiso! È tanto che ti desidero! Chi te lo potrà mai dire?… Un desiderio che mai non tormenta, una sazietà che mai viene a noia! Come devono essere quelle anime? Come mai vicino a te, che sei tutto luce, son divenute così luminose? Come mai in mezzo alla tua immutabile eternità, di mutabili che erano, son divenute immutabili?”.

Ha fretta di raggiungerlo, il Paradiso, ed è presa da una tale smania che suscita nel lettore il desiderio di seguirla, segno della forza di una fede fortemente intrisa della divinità: “Sono contenta, sono contenta, o Gesù! O che m’importa di tutte queste cose? Io vorrei una cosa sola: in Paradiso con te. E come fare a non desiderare Gesù, a non desiderare il Paradiso. Sì, ti voglio, ti voglio. Presto, Gesù, fa’ presto! Che io possa stare così, lo dici da te, non posso stare… Via Gesù, fa’ presto… Via Gesù, partiamo, andiamo, andiamo… nel tuo Paradiso!”.

Che cosa ricavo, pertanto, da questa prima lettura?  Che santa Gemma è riuscita ad arrivare ad una tale intensità di raccoglimento da avvertire ed anche udire la presenza di Gesù e di Dio. Il dono straordinario delle stimmate conferma questo potente contatto spirituale. Ma un uomo che non riesce a raggiungere un tale livello di misticismo come può riuscire a contattare Dio e a riconoscere la sua esistenza? Si potrebbe rispondere: Guardandosi intorno, immergendosi nella creazione. Ma la mia esperienza personale mi induce a credere che ciò non sia sufficiente, poiché il contatto con Dio è una unione spirituale intima e forte, cui la creazione può portare un contributo soltanto sussidiario.

All’uomo che è lontano dal misticismo, resta unicamente la fede (più o meno ardente, diversa e irraggiungibile tuttavia da quella data dal misticismo), e una tale fede, per la sua fragilità, non può non mettersi quotidianamente in conflitto con la ragione. Infatti, solo il misticismo riesce a sopravanzare la ragione. In sua assenza, la ragione, nell’uomo comune, si trasforma in una specie di pervicace e quotidiano diavolo tentatore. Credo che, ad eccezione dei mistici, il conflitto tra ragione e fede coinvolga gran parte dell’umanità, e siano pochi quelli che, in assenza del misticismo, riescano ad entrare in contatto con Dio. Per gli altri, il conflitto permane fino al termine della vita, e spesso si addolcisce con la rassegnazione a credere, senza mai conseguire, però, la certezza.

Continuerò comunque la mia ricerca di Dio (leggerò il nuovo libro che ho appena ordinato), nella speranza di poterlo incontrare, così come accadde nel mio racconto “Incontro con Dio”.


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Bart