Angelini, Lucio6 Novembre 2007 Grande, Grosso e Giuggiolone   “Grande, Grosso e Giuggiolone”È un storia destinata ai ragazzi, ma non solo. Come tutte le storie rivolte alla piccola età , esse hanno sempre qualcosa da insegnare anche ai grandi. Non è facile, come comunemente si crede, scrivere una storia adatta ai ragazzi. Troppi equilibri devono essere messi in conto, troppe rigidità della mente, soprattutto se acculturata, debbono essere sciolte per fluire in un linguaggio in cui tutto ciò che sappiamo, tutto ciò che vogliamo esprimere, scorra fluido e lento appena sotto le parole. Lucio Angelini ha scelto di percorrere questa strada difficile. Il suo carattere giocoso, la sua intelligente e mai spocchiosa disponibilità all’ascolto, la sua innata ironia, che gli consente di ammorbidire le asprezze di cui è strapiena la realtà , ne fanno un autore predisposto a tessere quel filo delicato e tenero che unisce i ragazzi alla vita. Questo libro ne è una prova.  Contiene due fiabe. La prima, che dà il titolo al libro, ci presenta Dario, un ragazzino che ha letto molte fiabe, ne ha la mente stracolma, ed ora vuole scriverne pure lui una, ma di quelle che resteranno per sempre, un capolavoro, come Cenerentola o Pinocchio o Il brutto anatroccolo. Si deve, però – ragiona – cominciare dal titolo, perché se il titolo è buono, tutto scorrerà più facilmente. E la fortuna gli viene incontro proprio quando disperava di trovarne uno adatto. È la mamma a fornirglielo, allorché, rimproverandolo, lo chiama: Grande, grosso e giuggiolone. È il titolo che cercava. Ora si può cominciare, ma anche un buon inizio è importante quanto un buon titolo. Fa vari tentativi, dopo che ha deciso che questi tre aggettivi diventeranno i nomi dei suoi tre personaggi, ma con una caratteristica da contrappasso: Grande sarebbe stato il più piccolo, Grosso il più magro e Giuggiolone il più riflessivo e maturo. È una specie di vendetta che il ragazzo si prende nei confronti dei grandi, autoritari ed intransigenti. Essi decidono di fare un viaggio della durata di un anno (il viaggio del cambiamento, annota l’autore, è presente in quasi tutte le fiabe); camminano insieme fino a che non giungono ad un trivio e si dividono. È questa l’occasione per offrire a Dario l’opportunità di seguire ad uno ad uno i suoi protagonisti e all’autore del libro di inserirsi nella storia per puntualizzare i vari momenti della scrittura di Dario. Se questo espediente può rischiare di appesantire lo svolgimento della storia, il suo fine di entrare dentro i meccanismi di un racconto, per mostrarne lo scheletro, la struttura e renderla quindi accessibile agli altri (che poi sono i lettori tutti, e i ragazzi in particolare, desiderosi tra i primi di trasformarsi in narratori di fiabe) rende questa soluzione originale e da condividere. L’anno è finalmente trascorso e i tre fratelli tornano a casa. Li abbiamo lasciati mentre compivano la loro avventura raccontata da Dario, il narratore, ma tornati a casa, accolti dai loro genitori con un abbraccio, si siedono alla tavola e ciascuno narra la propria storia, colmando i vuoti e le incertezze che avevano colpito Dario, ossia diventano narratori essi stessi; non solo, ma grazie ad un anello magico, i personaggi agiranno sull’autore e gli chiederanno di trasformare il loro viaggio (che è stato piuttosto sterile, a prima vista, e contrario alle regole della fiaba) in una crescita da vincitori. Da questo contatto, che risolverà le incertezze di Dario come autore della storia, egli stesso conseguirà una maturazione personale. Il secondo racconto trae il titolo – con una piccola modifica – dalla celebre fiaba di Hans Christian Andersen: La principessa sul pisello, ma qui il principe, che nella celebre fiaba resta in ombra e si sa solo che andava cercando con impazienza una moglie, è un fannullone che a tutto pensa fuorché a legarsi ad una sposa. Sono i genitori a tormentarlo, e soprattutto la regina, finché non hanno la meglio. Il principe esce sulla sua carrozza e va in giro, senza però mai mettere piede a terra, sbirciando qua e là in cerca di una ragazza piacente, che fosse anche – come lo aveva ammonito la regina – di sangue reale. La ricerca è infruttuosa e, come accade nella fiaba di Andersen, sarà in una notte di tempesta come non se ne ricordavano da un pezzo che avviene il miracolo. Si sente bussare alla porta e la serva (badate, non il re come in Andersen) va ad aprire. È una principessa che si è persa in quella notte terribile e nera, e la serva la conduce dai sovrani. La regina si propone di preparare lei il letto della sconosciuta e nasconde sotto venti materassi un pisello. La risposta che darà quest’altra principessa sarà la stessa della nota fiaba, e così la regina tutta contenta (si mise a ballonzolare come una mentecatta per la stanza) si loda di fronte al marito di essere stata abile nel trovare il marchingegno per scoprire se avessero a che fare con una vera principessa. Il principe dà un’occhiata alla ragazza e la trova di suo gradimento. Siamo giunti, così, alla fine della storia, che però ci riserva ancora una sorpresa che delizierà il lettore. Ma a questo punto è bene metterci da parte e lasciare a lui il piacere di gustarne tutta l’ironia. Questa fiaba si legge col sorriso sulle labbra, infatti, e ci si figura facilmente l’autore che sghignazza mentre scrive. Il suo divertimento è palese e dà il sugo alla storia, che ha il titolo: Un’altra principessa sul pisello, che, per quanto riguarda chi scrive, non ha niente da invidiare, in leggiadria e in bellezza, alla succinta favola di Andersen. Letto 2677 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||