Il Risorgimento visto da “Il Conciliatore” toscano #5/33

[da “Il Conciliatore” toscano, martedì 3 aprile 1849]

Firenze, 2 Aprile (1849)

Per quanto si ritrae dai Giornali e per le voci che corrono, sembra che Genova commossa dalla sconfitta e indignata dell’armistizio, siasi levata in armi ed abbia protestato di voler durare nella guerra.
Da questo fatto che onora l’indole generosa del popolo Genovese, traggono alcuni argomento di nuove spe ­ranze, e si affidano di veder risorta con migliori auspici l’impresa d’indipendenza.
Noi non arriviamo a comprendere le ragioni di que ­sta fiducia, e siccome è tempo di abbandonare le illu ­sioni, esponiamo francamente la opinione nostra.
È vero che Genova può lungamente difendersi, ed avendo oggi aperto il mare, può sfidare anche più lungo assedio di quello che non sostenne con Massena. Se il nuovo Re di Piemonte rifiutando l’Armistizio vi si fosse chiuso, niun dubbio vi sarebbe stato che Genova non riuscisse ultimo baluardo d’indipendenza. L’austriaco avrebbe dovuto attaccarla per avere intiera la vittoria o la pace.
Ma se il Piemonte  si accomoda all’armistizio, la resistenza di Genova di nulla può vantaggiare la causa nazionale. Genova si staccherà dal Piemonte, e farà guerra non cogli Austriaci ma coi Piemontesi.
L’Austria lungi dal molestarla per aver rifiutato la pace, vedrà non senza compiacenza questa nuova briga affievolire il suo avversario. E se Genova arriva a separarsi, ciò sarà con suo danno e senza alcun vantaggio d’ Italia.
Ecco a che condurrà la resistenza isolata di Genova, se si conchiude la pace: una divisione di più, una guerra da aggiungere a quella che riarde fra Napoli e Sicilia.
Venezia finché potrà combattere, combatterà sem ­pre contro l’Austriaco: ma Genova e Sicilia, sebbene inalzino la bandiera Italiana, non potranno combattere che per la loro speciale autonomia e contro Italiani.
Questo ci sembra il vero stato della questione, que ­sto il criterio onde giudicare dal punto di vista nazio ­nale i fatti di Genova. Della possibilità di rivoluzioni più larghe, dell’imprevisto degli avvenimenti, non siamo usi di tener calcolo, e chi lo fece non ebbe a gloriarsene.

[da “Il Conciliatore” toscano, martedì 3 aprile 1849]

CASALE, 27. – Il 24 ed il 25 del marzo 1849 sono stati per questa antica capitale del Monferrato giorni solenni che ricordano il suo antico splendore ed eroismo, di cui la storia del Piemonte saprà fare il debito conto. Situata essa alla destra del Po, fiancheggiata da un piccolo Castello provvisto solamente di 10 ad 11 cannoni e di altrettanti cannonieri invalidi, e circondate da vaste mura si trovò in questo generale scompiglio quasi all’improvviso senza alcun soldato ed uffiziale, a fronte del nemico austriaco, che forte di due altri mila uomini voleva varcare il Po ed entrare nella Città e nel Castello.
Il municipio  considerati i propri mezzi di difesa e la poca speranza di soccorso della nostra truppa propose di capitolare, ma il nemico insolente confondendo l’uno coll’altra non volle nem ­meno trattare se non si arrendevano ad un tempo ambidue. Quin ­di concesse solo due ore per deliberare, e la sua insolenza giunse a tale, che nascendo questione su alcuni punti egli rispose gene ­rosamente che ce ne faceva grazia. Avendo ciò non ostante il Governatore del Castello persistito, siccome era suo dovere, nel pen ­siero di difendersi, il municipio dovette pensare anch’esso a resistere, considerando più al suo onore, ed alla causa per cui si combatteva, che non alle enormità del nemico alle quali colla resistenza si andava tutta la popolazione esponendo. Erano i suoi difensori la Guardia Nazionale, i veicolari della Città e della provincia, non che alcuni soldati che qui si trovavano, dietro ai quali stavano a riserva tutti coloro che al primo tocco delle campane sarebbero accorsi dalle vicine terre, e quegli altri della Città i quali non vilissimi e non nemici della comune Patria, scossi al ­fine al grido supremo, avrebbero amato meglio di schiacciare il Barbaro fra le nostre mura piuttosto che essere passati a fil di spada.
Si ordinarono pertanto barricate, si distribuirono armi e mu ­nizioni da guerra a chi ne faceva domanda si mandò in Alessan ­dria e vi accorse pure il R. Commissario deputato Mellana per soccorso di munizioni da Guerra che si ottennero, per soccorso di un Generale e di soldati che vennero niegati, e della Guardia cittadina la quale generosa volò al primo grido dei loro fratelli, con militi, cavalieri, ed artiglieria, ma non più a tempo.
Intanto al pomeriggio del 24 cominciò e continuò fino a sera il fuoco dell’artiglieria nemica contro la Città ed il castello, alla quale questo virilmente rispose. A mattino avanzato del giorno successivo cominciò un vivo fuoco di moschetto che durò fin ad un’ora circa pomeridiana, al quale poscia si unì, dopo qualche sospensione, quello dell’artiglieria con maggior vivacità del giorno precedente tentando anche con razzi di incendiare la Città. Era uno spettaccolo da trar lagrime dai sassi, se in tali supremi momenti pianger si potesse, il vedere il coraggio e l’ardore dei no ­stri nuovi combattimenti, i quali non contenti di stare in difesa delle mura ed alle porte della Città, si avanzavano al di là del ponte e con valore incredibile respinsero per tre volte il nemico che tentò di impadronirsi delle case che gli sono vicine. Tale era l’ar ­dore, e diremo il furore con cui combattevano, che alcuni con modi che certamente riprovan ora perfino da essi medesimi, non vollero a niun conto intendere né i delegati del municipio né il Vescovo i quali fatti certi dell’imminente arrivo di una ben più grossa colonna di nemici proponevano di domandare nuovamente una capitolazione affine di non sacrificargli ad una morte sicura: finché lo stesso nemico venuto a parlamento, e fatto conoscere il nuovo armistizio conchiuso tra i due capi supremi dell’esercito Sardo e dell’Austriaco, si obbligò ad allontanarsi senza ritardo, e rivarcare la Sesia nel giorno successivo.
Due soli sono finora i morti che abbiamo a deplorare per no ­stra parte, ed otto i feriti, oltre il capitano dei carabinieri conte Morozza la di cui vita è in pericolo. Nessun incendio e pochi i guasti. Il nemico invece ebbe tra feriti e morti ben oltre 60 indi ­vidui, e fra questi ultimi un maggiore.
Così terminò la gloriosa nostra impresa, dalla quale se il pae ­se condannando al disprezzo quelli che dimentichi di ogni loro do ­vere spinsero la loro viltà, o l’avarizia, od il maltalento al segno, da o disapprovare la santa difesa, o rifiutarsi dal concorrervi, o prendere persino vergognosamente la fuga tuttoché validi, ebbe argomento di consolazione nel valore dei suoi cittadini, e nel co ­raggio, operosità e senno di non pochi suoi amministratori, (e fra questi dell’ottimo caus. Carlo Lanza), i quali col bravo suo sindaco Avv. Degiovanni concorsero a provvedere alla somma delle cose di concerto col nuovo intendente Panizzardi, i prudenti apprende ­ranno ciò che tutto il corso di questa guerra insegnò cioè volervi ai casi straordinari risoluzioni straordinarie, ed esser sempre vero il detto antico specialmente in guerra audaces fortuna juvat; ed il nemico poi prima di dettare al Piemonte le condizioni della pace, seppure non le ha già dettate, ricorderà, che se egli non è ra ­gionevole, tardi o tosto il Piemonte meglio edotto, e più compat ­to, sorgerà collegato cogli altri Stati Italiani a domandargli severo conto delle ingiustizie ed enormità commesse, pronto a rinnovare, quando occorra, l’esempio di Sarragossa piuttosto che a sopportare più a lungo la sua presenza in Italia.

(Corr. Dell’Opinione.)

[da “Il Conciliatore” toscano, mercoledì 4 aprile 1849]

LONDRA.

Prendiamo dal Morning Herald la lettera officiale dell’Am ­miraglio francese al Governo Siciliano.

«A bordo del vascello repubblicano francese il Friédland a Palermo, 1 marzo.

Il Vice-Ammiraglio, sottoscritto, commandante in capo delle forze navali della Repubblica Francese nel mediterraneo ha l’onore di trasmettere a Sua Eccellenza il ministro degli affari esteri della Sicilia i documenti qui uniti. – 1 ° Copia certificata d’una lettera diretta dal sig. de Rayneval, ministro plenipotenziario della Repubblica Francese presso S. M. il re delle due Sicilie, al Vice-Ammiraglio Raudin in data di Napo ­li il 3 marzo, 2 ° copia autenticata d’una nota in data del 28 febbraio scorso del principe di Satriano al sig. de Rayneval, – 3 ° Due copie stampate d’un proclama di S. M. il re Ferdinando II in data di Gaeta del 28 febbraio ultimo scorso. Fra nove giorni, sei mesi saran trascorsi da che i vice-ammi ­ragli, commandanti in capo delle forze navali di Francia e d’Inghilterra nel mediterraneo mossi da un sentimento di cristiana compassione per le calamità di ogni genere, che hanno decimata la città di Messima, e che adesso minaccia ­no di estendersi rapidamente in tutta la Sicilia, hanno intrapreso, sotto la loro responsabililà personale, di opporsi alla continuazione delle ostilità per parte dell’armata napo ­letana.
In tutto questo lasso di tempo, i governi di Francia e d’Inghilterra, approvando la condotta dei loro respettivi ammiragli, ed animati d’un comune sentimento di buon volere in favor della Sicilia, si sono adoperati a condurre fra questo paese ed il regno di Napoli una riconciliazione van ­taggiosa alle due nazioni, e che potesse assicurare alla Sicilia una libera costituzione tale, che essa da molt’anni de ­siderava. Gli sforzi delle due Potenze mediatrici furono co ­ronati dal successo. Esse hanno ottenuto da S. M. il re Ferdinando II un atto che garantisce alla Sicilia la base della Costituzione del 1812, con un parlamento separato, un governo separato, tutti i posti del quale saranno esclusivamente riempiti da dei Siciliani. Questi vantaggi sono accom ­pagnati da una formale promessa di obbliare tutte le colpe e tutti gli errori politici commessi nell’ultima rivoluzione Siciliana. È parso allora ai Governi di Francia e d’Inghilter ­ra che da quel momento non si affrisse alcuno ostacolo serio al rinnovellarsi di quei legami fra la Sicilia ed il Regno di Napoli, che per lungo tempo ha riuniti i due paesi in una sola e medesima monarchia.
Il Vice-ammiraglio sottoscritto è stato in conseguenza, incaricato, congiuntamente al vice-ammiraglio sir William Parker, comandante in capo delle forze navali di S. M. Britanica nel Mediterraneo, di trasmettere al Governo Siciliano le condizioni di un progetto di riconciliazione, e di una nuova unione fra i due paesi. Egli spera che tali condizioni, che esso risguarda come perfettamente ragionevoli ed onorabili, saranno accettate, e che invece di ricorrere alle armi, e di impegnarsi in una lotta disuguale ed incerta colle forze napoletane, la Sicilia si affretterà ad accettare con gioia il beneficio delle Istituzioni che le sono offerte, senza che ciò le costi   né una stilla di sangue né una lagrima.
Il sottoscritto prega il ministro degli affari esteri della Sicilia ad aggredire l’attestato dell’alta sua stima – Sotto ­scritto Baudin.A Sua Eccell.  il Ministro degli affari esteri da Sicilia a Palermo. »

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