Velocità della luce

di Dino Buzzati

[dal “Corriere della Sera”, giovedì 9 gennaio 1969]

Corre voce che metteran ­no la ferrovia in Val Rita, siamo in novembre, sulle alte cime da una parte e dal ­l’altra è già nevicato, tra poco anche i tetti saranno bianchi.

Si sente dire che su per la Val Rita salirà la vapo ­riera. Nei casolari che fu ­mano ai bordi sommi dei boschi, da dove si vede lag ­giù il paese come un giocat ­tolo, certi vecchi nonni se ­duti al fuoco scuotono il capo: la ferrovia, la ferrovia, la smania degli uomini pazzi: qualcosa di brutto succe ­derà, chissà cosa faranno gli spiriti della montagna, i ca ­pricciosi e dispettosi spiriti, capaci di combinare qualche disastro, di vendicarsi, garan ­tito che non possono soffri ­re le esplosioni, i tonfi, e poi il fumo, le rotaie dove bel ­lissimi alberi vivevano felici, le martellate, gli attrezzi, i disperati fischi notturni venu ­ti su dalla pianura lontana.

Si vocifera che la ferra ­ta è cosa imminente. Nelle « stue » del paese i cacciato ­ri della Val Rita scuotono il capo: finiti, finiti i bei tem ­pi della caccia grande, il tre ­no spaventerà le bestie sel ­vatiche, i caprioli i cervi i daini le lepri le volpi, bran ­chi e becchi solitari fuggi ­ranno su ai valichi, trasmi ­grando nelle bandite della Val Berna, della Val Ligontina, intoccabili: la pace, le vecchie cose terminate per sempre.

Si discute, si brontola, si deplora. Però tutto è stato fatto, mentre quelli ancora dicevano di no. Il giorno quattordici di aprile c’è sta ­ta l’inaugurazione, su a Costamagna, il capolinea d’arri ­vo, il celebre posto dei gran signori che vengono d’estate con automobili e chauffeurs. All’inaugurazione è intervenu ­ta perfino sua maestà: le bandiere, le fanfare, i discor ­si, i fiori, il sole, l’allegria generale della circostanza, il radioso avvenire. E non si può dire che la valle sia mol ­to cambiata, chissà come gli spiriti si sono astenuti dal fare dispetti sia di giorno sia di notte, neppure le bestie selvatiche si sono troppo spa ­ventate, d’estate anzi la gal ­leria delle Cesurette serve da nascondiglio e da nido per marmotte, faine, conigli selvatici e altri. E neanche il treno si fa vedere molto, qua ­si sempre nascosto dagli al ­beri; solo quando passa sul ponte di Rio Gerasòn dà spettacolo, e allora i ragaz ­zetti corrono a vedere, man ­dando lunghi sibili anche loro.

Naturalmente hanno costruito le piccole stazioni e i caselli ferroviari, per i casellanti si sono indetti corsi speciali riservati ai valligia ­ni con licenza elementare. E’ riuscito primo Fausto da Ronc di Sisto, ventiquattro anni, giovanotto in gamba, elettri ­cista di mestiere, il suo casel ­lo è al chilometro ventotto, in corrispondenza con un’au ­dace curva, orgoglio dell’in ­gegnere progettista. Posto bel ­lissimo. Nel bosco. Una sor ­gente vicina.

*

Dal casello si domina, pri ­ma e dopo, un bel pezzo di strada ferrata, la quale a val ­le sparisce laggiù, dietro un costolone di roccia innomi ­nato, a monte è inghiottita dal tunnel detto del Traver ­so. Una vita nel complesso tranquilla, dalle undici di se ­ra alle sei del mattino nes ­sun incomodo, infatti notte ­tempo la ferrovia fa riposo. Certo, di quando in quando, l’ispettore: brav’uomo. E le nuvole, che lentamente pas ­sano, si modificano, assumo ­no forme strane, ci dicono cose personali, non ci so ­no più.

Si dice: la velocità della luce, meraviglia della fisica moderna, all’idea il nostro pensiero si smarrisce nell’im ­mensità degli spazi universa ­li. Eppure la luce è una po ­vera vecchia tartaruga zop ­pa e malata al paragone del ­l’uomo, in confronto alla ce ­lerità spaventosa con cui l’uo ­mo viene e scompare.

E’ nato un bambino deli ­zioso: le trine, i confetti, il battesimo, gli intenerimenti, i bacetti, gli auguri, la felici ­tà, il futuro glorioso; allora ripetiamo ottanta volte « Buon anno! » più svelti che si può, e il vecchio scende nella tom ­ba. Perciò danno il brivido i ragazzi che dicono: noi gio ­vani, noi giovani, come se la loro razza fosse un’altra; pri ­ma che finiscano di parlare, già la loro lingua si ingarbuglia nella opacità della sclerosi.

Non hanno fatto in tempo a dissolversi tra le rupi gli squilli che hanno salutato il re nel famoso giorno del ­l’inaugurazione. Il picchetto in alta uniforme non ha fatto in tempo ad eseguire il pied’arm. Né la sposina di Fausto da Ronc ha fatto in tempo a piantare i gerani nelle apposite cassette e ai davanzali. Ecco che ormai sono arrivati gli ingegneri, i geometri e le opere per demolire la vecchia decrepita ferrovia, ridicola trappola d’altri tempi. Due mesi fa è pas ­sato l’ultimo treno, era feb ­braio, con la neve. I terribili colpi di mazza quasi non si odono, dato il catastrofico rombo dei camion uno dopo l’altro sull’autostrada vicina come ottusi bisonti impazziti.

Liquidato il personale, per ben servito, il casellante Da Ronc, sessantatré anni, ha ot ­tenuto dalla direzione il pri ­vilegio di poter abitare anco ­ra il casello del chilometro ventotto vita natural durante.

La moglie morta. Dei due fi ­gli, uno sistemato ad Ambur ­go, l’altro pure all’estero chis ­sà dove. Solo. Ma, taciturne sopra di lui, le montagne no che non sono cambiate. A proposito: dicono che Fausto sia un po’ via con la testa. Alla sera, in coincidenza col fu accelerato delle ventuno e quattordici, il quale non esi ­ste più, egli esce ancora all’aperto con la sua lanterna, e per mezzo del lume fa se ­gnali.

*

Così il casello del chilome ­tro ventotto sulla linea fer ­roviaria abbandonata, con le finestre ancora accese, nella notte autunnale di vento â— quel mugolìo lungo del bo ­sco, come mano d’argento che perlustri il cuore â— e lui che aspetta. Chi passerà stasera sul direttissimo fantasma che illumina la luce azzurra del ­l’oltretomba?

Ci sarà al finestrino il pal ­lido arciduca suicida per amo ­re, fosforescente? Oppure (le teste dondolanti al quadrupli ­ce martello in la minore), gli insigni, i titolati, le fatali, o gli spietati condottieri dei vi ­zi e dei romanzi? O la cerea principessa che i parenti ric ­chissimi, per tentare di sal ­varla, vogliono portare a Si ­racusa, al sole e alle sirene, ma ogni volta sbaglian tre ­no, e così la giovinetta fugge e muore attraverso le steppe e le montagne per migliaia e migliaia di chilometri, mentre il vecchio casellante, fermo dinanzi alle rotaie morte, ve ­de svanire laggiù in fondo la vita, le speranze ormai lon ­tane, e dall’altra parte, ada ­gio adagio, avanza il coagu ­lo di buio, la grande cosa ne ­ra, solo per lui?

Visto 4 volte, 1 visite odierne.