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A Napolitano la Costituzione gli fa un baffo

16 Febbraio 2013

E anche la democrazia.
Sono passati tanti anni da quel novembre del 1956 quando il mondo assistette inerme all’invasione sovietica dell’Ungheria, ma Napolitano è rimasto lo stesso che pronunciò queste orribili parole (qui):

Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato? E’ assurdo oggi continuare a negare che all’interno del partito ungherese – in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese – non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E’ assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.
Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l’obiettivo della nostra lotta. Ma poi ci ha detto che l’intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere – e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato – che l’intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell’Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo.
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Se è vero che molto più tardi egli si pentì di queste parole, è anche vero quanto affermò, alla vigilia della sua visita in Ungheria nel 2006, un superstite di quelle stragi: “Tardivo il suo ripensamento, chi pagò con la vita non vorrebbe essere commemorato da lui“.

Indubbiamente per l’Ungheria sarebbe stato ben altro conforto se il più potente partito comunista dell’Occidente, il Pci, avesse preso posizione contro l’invasione sovietica. Forse i sovietici non si sarebbero fermati per questo alle porte di Budapest, ma il loro isolamento avrebbe avuto ben più grave risonanza.

Il fatto che un partito dell’importanza del Pci, con le sue radici in Occidente, approvasse quella inaudita violenza e quella strage di popolo, lasciò credere a molti che tutto ciò fosse davvero necessario per “salvare la pace nel mondoâ€.

Il settennato di Napolitano è cosparso, soprattutto negli ultimi tempi, di segni rivelatori di una personalità che è rimasta inalterata da quel 1956. Quella visione distorta della democrazia ha continuato a farla da padrona nella coscienza e nella pratica dell’uomo. Al punto che, non appena ci si è avvicinati al termine del mandato, si sono liberate le empatie dell’inconscio, e l’uomo non è riuscito più a contenere la sua vera natura.

Oggi, per la solita ed invereconda ipocrisia, qualcuno ancora tenta di accreditarlo come un politico e un capo di Stato avveduto e lungimirante (tra questi l’Obama di questi giorni), altri per ragioni di parte lo difendono e lo osannano qualunque cosa faccia, o al limite si rinchiudono in un desolante silenzio, come il Pd, ma i fatti ci dicono che l’uomo ha superato ogni limite e l’esercizio della sua funzione istituzionale è avvenuto travalicando i confini assegnati severamente dalla Costituzione.

Cito solo pochi ma importanti esempi: il silenzio di fronte ai comportamenti eterodossi del presidente della camera Gianfranco Fini; la nomina di Mario Monti a senatore a vita senza che vi fossero i presupposti costituzionali e in un momento di grave crisi economica e di grossi sacrifici imposti ai cittadini; il ribaltamento del governo Berlusconi del novembre 2011;  i continui interventi politici attraverso occasioni e strumenti anomali quali: articoli e interviste sulla stampa, visite istituzionali in Italia e all’estero, in contrasto con la Costituzione che prevede tassativamente il messaggio alle camere; prese di posizione contro questo o quel politico: contro Berlusconi, ad esempio, e a favore di Monti. Da ultimo ieri, qui. Infine la pretesa di ottenere dalla corte costituzionale l’allargamento delle sue immunità, una battaglia che è riuscito a vincere grazie ad una sentenza scandalosa che ha fatto a pezzi il diritto.

Non so se l’uomo sia orgoglioso di quanto ha fatto, e se le lodi interessate e partigiane lo abbiano colmato di presunzione, ma quello che è certo è che egli non si sottrarrà al giudizio della Storia e i fatti a cui ho appena accennato non deporranno affatto a suo favore.

Anche le “scottanti†telefonate con l’indagato Nicola Mancino, che egli ha chiesto e ottenuto che fossero distrutte (e al momento non lo sono, in attesa dell’esito del ricorso di un imputato in Cassazione), prima o poi compariranno nelle mani di una nemesi che, con un sorriso beffardo, gliele appunterà a mo’ di una nuova lettera scarlatta.


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Bart