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ARTE: I MAESTRI: Surrealismo: I grandi maestri del mistero #4/7

15 Agosto 2008

di Dino Buzzati
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 9 novembre 1967]

DAL NOSTRO   INVIATO SPECIALE

Torino 8 novembre, notte.  

Una bambina, giocando al cerchio, corre sulla strada de ­serta e sta per sbucare in una piazza di cui si vede solo una fetta. Accanto, un carrozzone per traslochi, giallo come si usavano una volta, aperto e vuo ­to. Anche sotto i portici, a si ­nistra, non si vede anima viva. Soltanto un’ombra lunga co ­mincia a spuntare, di là dall’e ­dificio che a destra fa da quin ­ta. E’ un pomeriggio di sole sen ­za una nuvola. Tutto è regolare, silenzioso e tranquillo. Eppure, è tesa nell’aria una inquietitudine, come se da un momento all’altro qualcosa dovesse succe ­dere, come se dietro le colonne del porticato, dietro le finestre chiuse, una legione di spiriti fos ­se appostata aspettando.
Questa famosa scena, intito ­lata «Mistero e malinconia di una strada », fu dipinta nel 1912 da Giorgio De Chirico ed è probabilmente il quadro più bel ­lo ed emozionante della stupen ­da mostra « Le muse inquietan ­ti » (titolo di altra celebre ope ­ra di De Chirico) dedicata ai grandi maestri del surrealismo e che si è inaugurata oggi alla galleria civica d’arte moderna. A promuoverla, sotto il patro ­nato della città di Torino e con la collaborazione dei musei ci ­vici, è stata l’associazione «Ami ­ci torinesi dell’arte contempo ­ranea » sorta di recente, presi ­dente la signora Marella Agnel ­li. Un debutto singolarmente fe ­lice per un ente che si propone di avvicinare il grande pubbli ­co a forme artistiche finora frequentate soltanto da una éli ­te. Non per niente l’ingresso è gratuito.
Deve essere stata una grossa fatica mettere insieme una si ­mile esposizione, che allinea ol ­tre duecento opere appartenen ­ti a musei e collezionisti per lo più stranieri, anche americani. Ci sono dei pezzi che si sono dovuti assicurare per oltre cen ­to milioni. Il segretario, e ordi ­natore, il critico Luigi Carnic ­cio, autore anche del catalogo, ha diviso il materiale in due se ­zioni; la prima, al pianterreno, comprende la lunga vigilia, quando il surrealismo non era stato ancora ufficialmente bat ­tezzato e qui risaliamo da Moreau a Fuessli, da Odilon Redon al De Chirico appunto metafi ­sico degli anni Dieci, da Duchamp al primo Max Ernst; la seconda, al primo piano, illu ­stra gli sviluppi più notevoli della scuola dopo il 1924, anno in cui il movimento fu codifica ­to dallo storico manifesto di An ­dré Breton e, attraverso De Chirico e Max Ernst degli anni Venti, Masson, Picasso, Picabia, Savinio, Tanguy, Mirò, Oelze, Léonor Fini, Italo Cremona, Delvaux, Brauner, Magritte, Dorotea Tanning, Dalì, arriva fino a Lam, Gorky, Sutherland, Ba ­con e Giacometti, artisti che in qualche modo si possono anco ­ra far rientrare nella bizzarra famiglia.
Del surrealismo la gente in genere ha una idea alquanto confusa; del resto lo stesso Bre ­ton, quando stendeva il rivo ­luzionario manifesto, non è che avesse, né poteva avere, idee esageratamente chiare. In sin ­tesi, questo movimento, che si proponeva non soltanto un nuo ­vo modo di fare l’arte ma addi ­rittura un nuovo modo di vi ­ta, si basava sull’irrazionale, in contrapposto con la ragione; credeva « nella realtà superiore di certe forme di associazione finora trascurate, nell’onnipo ­tenza del sogno e nel gioco di ­sinteressato del pensiero ». La fantasia, la follia, l’inconscio avevano il sopravvento. E si cercava di tornare a quello sta ­to di grazia che di solito concede solo l’infanzia. Si arrivava perfino a proclamare il diritto dell’uomo alla irresponsabilità, rifiutando il controllo della ra ­gione e i comandamenti mo ­rali.
La validità dei propositi, per quanto riguarda strettamente l’arte figurativa, e come questa esposizione conferma, consiste soprattutto nell’apertura verso il mondo dei sogni. Come mai, quando cerchiamo di racconta ­re qualche nostra esperienza onirica che ci ha profondamen ­te turbati, le parole riescono inerti e vuote? Perché la stan ­za, la casa, la strada, il paesag ­gio che abbiamo sognato era sì uguale alle stanze, alle case, al ­le strade e ai paesaggi della nostra vita normale, ma in più conteneva una idea latente, un quid enigmatico e affascinante che, una volta svegliati, fatal ­mente ci sfugge. Bene: gli arti ­sti surrealisti, quelli più genia ­li s’intende, hanno tentato di riprodurre artificialmente ciò che avviene nel nostro incon ­scio quando dormiamo, di ag ­giungere cioè, alla parvenza consueta delle cose e dei perso ­naggi, una recondita carica magica. cosicché, nei casi in cui l’operazione è riuscita, dal qua ­dro emana un arcano incante ­simo.
Alcuni, come De Chirico – e in questo senso gli va data la palma – ci riuscivano senza deformare in alcun modo l’aspet ­to consueto della realtà. La maggioranza ricorreva alle dro ­ghe tipiche delle visioni oniriche, cioè le incongruenze assurde, una provocante arbitrarie ­tà, i richiami e le associazio ­ni in apparenza insensati, le deformazioni mostruose di og ­getti (ricordate i famosi orolo ­gi in liquefazione di Dalì?) e una quantità di altre eteroclite trovate, più o meno producenti.
In pratica poi, con l’assenso dello stesso Breton, supremo custode del santuario, sono sta ­ti via via considerati surrea ­listi anche pittori che in realtà navigavano in ben diverse ac ­que; a poco a poco il termine surrealista è diventato sinoni ­mo generico di fantasticheria, stranezza, illogicità, atmosfera misteriosa, sinistra o anche macabra e sadica. Il regno quindi si è immensamente allargato. Non capisco per esempio che cosa abbiano di surrealista pit ­tori come Mirò, Chagall, Scipione, Licini, Gorky.
D’altra parte non è vero che tutta la grande arte possa esse ­re considerata surrealista – co ­me alcuni sostengono – perché nella grande arte la realtà vie ­ne sublimata in un piano più alto e diverso. Esiste della gran ­de arte dove non si ritrovano i sortilegi e gli enigmi dei sogni: Michelangelo, ad esempio, Tintoretto, Rubens e tanti altri sommi, caratterizzati da una estrema semplicità di racconto.
All’ammirazione del pubblico, nella mostra torinese, io sup ­pongo si imporranno specialmente i pittori che hanno sa ­puto tradurre le inquietitudini e le ossessioni dell’inconscio con maggiore nitidezza e precisione d’immagini, perché infatti i so ­gni sono nitidissimi, senza con ­tare che quanto più la fantasia si libera, tanto più è necessario un linguaggio esatto e realisti ­co. Mi riferisco al primo De Chi ­rico (il quale più tardi, come infame disertore, venne scomunicato da Breton), a Max Ernst, Magritte, Delvaux, Savinio, Da ­lì e Tanguy. Ma in tutte le sale il visitatore troverà diffusa una aria sconcertante ambigua e preoccupante.
Oltre alla citata « strada » di De Chirico, i pezzi più belli mi sembrano « La camera strega ­ta », incisione di Odilon Redon, l’«Antipapa » di Max Ernst, le «Violette imperiali » di Dali con quella funerea cornetta del te ­lefono dimenticata sulla spiag ­gia deserta, e « II dominio del ­la luce » di Magritte a cui giu ­stamente è stato dato un posto d’onore. C’è una bassa casa notturna illuminata da un lam ­pione e con due finestre accese. Notte profonda. Ma, dietro la casa addormentata, il cielo non è buio; è anzi un cielo di pie ­no giorno, seminato di candide nuvole. Controluce, perciò, spic ­ca incredibilmente la nera tra ­ma dei giganteschi alberi, gron ­danti di tenebrosa poesia. Sia ­mo alla fine del mondo?

 


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1 commento

  1. Pingback by ARTE I MAESTRI Surrealismo I grandi maestri del mistero 47 | arte — 15 Agosto 2008 @ 07:39

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