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ARTE: Il Cubismo: I MAESTRI: Guillaume Apollinaire: Gli inizi del Cubismo #1/8

6 Febbraio 2009

[da Edward F. Fry: “Cubismo”, Mazzotta, 1967]

1912

Nel 1902, in un giorno d’inizio autunno, un giovane pittore, de Vlaminck, che viveva allora all’Ile de la Grenouillère, stava dipingendo il ponte a Chatou. Dipingeva in fretta, usando colori puri, e il suo quadro era quasi finito quando udì dietro di sé un colpo di tosse. Era un altro pittore, André Derain, che stava esaminando con interesse la sua opera. Il nuovo arrivato giustificò la sua curiosità col fatto di essere anch’egli un pittore, e disse il proprio nome. Il ghiaccio fu rotto. Chiacchierarono di pittura. Maurice de Vlaminck conosceva le opere degli impressionisti – Manet, Monet, Sisley, Degas, Renoir, Cézanne – che Derain ancora non cono ­sceva. Parlarono anche di Van Gogh e di Gauguin. Scesa la sera, e nella nebbia crescente i due giovani artisti continuarono a discorrere fino a mezzanotte. Quel primo incontro fu l’inizio di una sincera amicizia.
Nei suoi vagabondaggi attraverso i villaggi lungo la Senna, Vlaminck, sempre alla ricerca di opere d’arte inconsuete, aveva acquistato in ne ­gozi di seconda mano un certo numero di sculture – maschere e fe ­ticci – intagliate nel legno da artisti negri dell’Africa francese e impor ­tate in Francia da marinai o esploratori. In queste opere grottesche e crudelmente mistiche egli trovò probabilmente delle analogie con i di ­pinti, le incisioni e le sculture di Gauguin per le quali l’artista aveva tratto ispirazione dalle croci bretoni, oppure dalle selvagge sculture delle isole dei Mari del Sud, dove si era relegato per sfuggire alla civiltà europea.
Comunque sia, queste singolari immagini africane fecero una profonda impressione su Derain, che le studiò con trasporto, meravigliandosi del ­l’arte con cui gli intagliatori della Guinea o del Congo sapevano ripro ­durre la figura umana, senza usare alcun elemento tratto dalla visione diretta. In un momento in cui gli impressionisti avevano finalmente libe ­rato la pittura dai vincoli dell’accademismo, la passione di Maurice de Vlaminck per le sculture primitive e le meditazioni di André Derain su questi stessi strani oggetti, dovevano avere una grande influenza sui festini dell’arte francese.
Circa alla stessa epoca viveva a Montmartre un giovane dagli occhi irre ­quieti, il cui volto ricordava quelli di Raffaello e di Forain. Fabio Picasso, che dall’età di sedici anni aveva acquistato una certa fama con tele che la gente scopriva affini ai crudeli dipinti di Forain, aveva bruscamente abbandonato quella maniera e cominciava a dipingere misteriose opere in un blu intenso. Abitava in quella bizzarra casa di legno in Rue Ravignan dove vissero tanti artisti oggi famosi, o che sono sul punto di di ­ventarlo. Lì lo incontrai nel 1905. La sua fama non si era ancora estesa oltre i limiti della Butte. La sua tuta blu da elettricista, la sua intelligenza talvolta crudele e la singolarità della sua arte erano ben note in tutta Montmartre. Il suo studio, ingombro di tele rappresentanti mistici arlec ­chini e di disegni che si era costretti a calpestare camminando, e che chiunque aveva il permesso di portarsi via, era il rendezvous di tutti i giovani artisti e poeti.
Quell’anno André Derain incontrò Henri Matisse e da questo incontro nacque la famosa scuola dei fauves, che comprese un gran numero di giovani artisti destinati a diventare cubisti.
Annoto questo incontro perché vale la pena di chiarire la parte che ebbe André Derain, un artista originario della Piccardia, nell’evoluzione del ­l’arte francese.
L’anno seguente divenne amico di Picasso, e questa amicizia ebbe come effetto quasi immediato la nascita del cubismo, che era l’arte di dipin ­gere nuove entità con elementi tratti non dalla realtà della visione, ma dalla realtà della concezione. Tutti percepiscono questa realtà intima. Non c’è bisogno, in effetti, di essere cí³lti per rendersi conto, ad esem ­pio, che una sedia, dovunque la si collochi, continua ad avere quattro gambe, un posto per sedere e uno schienale.
Le tele cubiste di Picasso, Braque, Metzinger, Gleizes, Léger, Juan Gris, ecc. provocarono l’intuito di Henri Matisse che, colpito dall’aspetto geo ­metrico di questi quadri in cui gli artisti avevano tentato di rendere la realtà essenziale con estrema purezza, coniò il nomignolo burlesco di « cubismo ». che doveva così rapidamente diffondersi nel mondo. I gio ­vani pittori lo adottarono subito, perché nel rappresentare la realtà con ­cepita, l’artista può rendere l’apparenza delle tre dimensioni. Questo non si potrebbe fare rendendo semplicemente la realtà vista, a meno di non praticare l’illusionismo del trompe-l’oeil, attraverso lo scorcio o la prospettiva, che deformerebbero la qualità della forma concepita. Presto si manifestarono nuove tendenze all’interno del cubismo. Picabia e Marcel Duchamp, rifiutando la forma concettualista, si volsero a un’ar ­te completamente libera da regole. Delaunay da parte sua cominciò ad inventare in silenzio un’arte di colore puro. E così ci stiamo muovendo verso un’arte completamente nuova che sarà per la pittura, come è stata sinora considerata, ciò che la musica è per la poesia. Sarà pittura pura. Qualunque cosa si possa pensare di un tentativo così rischioso, non si può negare che questi artisti siano sinceri nelle loro convinzioni e degni del nostro rispetto.

« Les Commencements du cubisme », Le Temps, Parigi, 14 ottobre 1912  
Durante la mostra della Section d’Or, Apollinaire pubblicò questa storia del cubismo, basata in larga parte sulla propria personale esperienza. È perciò attendibile, se si tengono in debito conto gli occasionali errori di memoria di Apollinaire e i suoi limiti come esperto di pittura. Vlaminck, per esempio, conosceva Derain dal 1900 e non dal 1902.
Apollinaire sopravvaluta anche l’arte di Derain e la sua influenza su Picasso. I due furono amici intimi per molti anni e furono spesso insieme fino alla pri ­ma guerra mondiale; ma è difficile stabilire quale influenza l’arte di Derain possa aver avuto su Picasso, se non per il fatto che dal 1906 Derain richia ­mava nei suoi quadri sia Cézanne, sia la scultura africana. Picasso ben pre ­sto superò di molto Derain nell’uso di queste due fonti, e nel 1910 l’arte di Derain era già conservatrice in confronto a quella dei suoi contemporanei.

GUILLAUME APOLLINAIRE
                                                                                                                                           
Pittura Moderna
1913

… Esistono inoltre nuove tendenze nella pittura moderna: le più signifi ­cative mi sembrano, da una parte, il cubismo di Picasso, dall’altra l’or-fismo di Delaunay. L’orfismo scaturì da Matisse e dal movimento dei « fauves », cioè dalla loro tendenza anti-accademica e luminista. Il cubismo di Picasso sorse da un movimento che deriva da Derain. André Derain, personalità irrequieta, innamorata della forma e del colo ­re, si rivelò più di una promessa al suo esordio, poiché quando venne a contatto di altri pittori, si mostrò capace di risvegliare la loro perso ­nalità. In Matisse fece sorgere la sensibilità per i colori simbolici, in Picasso l’emozione per nuove e sublimi forme. Dopo di ciò, Derain visse ritirato e trascurò per un certo periodo di partecipare all’arte del suo tempo. Le sue opere più importanti sono i sereni e intensi quadri dipinti sino al 1910, che ebbero una grande influenza, e alcune xilografie che egli eseguì per il mio volume L’Enchanteur pourrissant. Queste ultime diedero il segnale per una rinascita della xilografia, con una tecnica più agile e più essenziale di quella, ad esempio, di Gauguin; questa rinascita della xilografia si diffuse in tutta Europa.
Veniamo ora alle principali tendenze della pittura moderna. Il cubismo autentico – se ci si vuole esprimere in modo assoluto – sarebbe l’arte di dipingere nuove entità complesse con elementi formali tratti non dalla realtà della visione, ma dalla realtà della concezione. Questa tendenza conduce a un genere poetico di pittura, che esclu ­de il mondo dell’osservazione; infatti, persine in un semplice cubo, le superfici geometriche di un oggetto devono essere aperte per darne una completa rappresentazione; e ciò obbliga l’artista – specialmente quando l’oggetto è complesso – a produrre un’immagine che, anche sforzandosi per comprenderla, sembra molto diversa dall’oggetto di cui dovrebbe rappresentare la realtà oggettiva.
Non è in discussione la legittimità di una simile pittura. Ognuno deve convenire che una sedia, da qualsiasi lato la si guardi, non cessa di avere quattro gambe, un posto per sedere e uno schienale, e che, se è privata di uno di questi elementi, le si toglie una parte importante. E i primitivi dipingevano una città non come la gente in primo piano l’avrebbe vista, ma come era in realtà: cioè completa, con i suoi ponti, le sue strade e le sue torri. Moltissime novità che sono state introdotte nei dipinti di questo genere testimoniano quotidianamente questa uma ­na e poetica qualità.
Picasso e Braque inserirono in alcune opere lettere tratte da etichet ­te e da altro materiale stampato, in quanto etichette, avvisi e cartel ­loni pubblicitari giocano un ruolo estetico molto importante nella città moderna e sono adatte ad essere incorporate in opere d’arte. Picasso ha talvolta lasciato la via della sua pittura per creare dei ri ­lievi usando del cartone e dipingere con pezzi di carta incollati insie ­me: quando agisce in questo modo egli obbedisce a un’ispirazione pla ­stica, e questi materiali singolari, rozzi e disarmonici diventano nobili in quanto l’artista traspone su di essi la sua forte e sensibile perso ­nalità…

« Die Moderne Malerei », Der Sturm, N ° 148-9, Berlino, febbraio 1913, p. 272.
Il saggio da cui è tratto questo testo fu scritto in origine per una conferenza tenuta da Apollinaire a Berlino nel gennaio del 1913. L’occasione fu una mo ­stra di Delaunay alla galleria della rivista Der Sturm.
Due aspetti notevoli di questo saggio meritano di essere rilevati. Apollinaire descrive la nuova libertà trovata da Picasso e da Braque con l’invenzione del collage, che essi avevano cominciato a eseguire nel 1912, usando un grande assortimento di materiali; il saggio di Apollinaire è una delle prime testimo ­nianze pubblicate su questa radicale innnovazione. Gris, come abbiamo già visto (testo 21) fu pronto ad adottare la nuova soluzione. La seconda caratteristica di questo saggio è l’immagine, usata da Apollinai ­re, di una sedia e degli elementi essenziali che deve avere per essere rico ­noscibile come tale (vedi anche testo 22). Egli descrive così quella caratteri ­stica del cubismo « sintetico » che ricollega ciò al metodo della riduzione eidetica della fenomenologia di Husserl.

 

GUILLAUME APOLLINAIRE

I pittori cubisti
1913

Capitolo 2 (febbraio 1912)

Molti pittori nuovi non dipingono che quadri in cui non c’è un vero soggetto. I titoli che si trovano nei cataloghi hanno la funzione dei no ­mi che designano gli uomini senza caratterizzarli. Esistono dei Grossi che sono in realtà magrissimi, e dei Biondi che sono molto bruni; bene, ho visto quadri intitolati Solitudine con pa ­recchie figure umane.
Nei casi di cui si tratta, gli artisti acconsentono ancora a servirsi tal ­volta di parole vagamente significative, quali Ritratto, Paesaggio, Na ­tura morta; tuttavia, molti giovani pittori non adoperano che il voca ­bolo generico di Pittura.
Questi pittori, se osservano ancora la natura, non la imitano più e si dedicano con cura alla rappresentazione delle scene naturali osser ­vate e ricostruite dagli studi preliminari.
La verosimiglianza non ha più alcun valore, perché tutto è sacrificato dall’artista alla verità, alla necessità di una natura superiore, ch’egli immagina senza scoprirla. Il soggetto non conta più o conta appena. In generale l’arte moderna ripudia la maggior parte delle tecniche usa ­te dai grandi artisti del passato per piacere.
Se lo scopo della pittura è sempre, come fu un tempo, il piacere del ­l’occhio, da questo momento si domanda all’amatore d’arte di trovarvi un piacere diverso da quello che può facilmente procurarsi con lo spet ­tacolo delle cose naturali.
Ci s’incammina cosi verso un’arte completamente nuova che sarà per la pittura, quale fu considerata sinora, ciò che la musica è per la letteratura.
Sarà pittura, come la musica è letteratura pura. L’amatore di musica prova, ascoltando un concerto, una gioia diversa che ascoltando i rumori naturali, quali il mormorìo di un ruscello, lo scrosciare di un torrente, il sibilo del vento nella foresta o le armonie del linguaggio umano fondate sulla ragione e non sull’estetica. In tal modo i pittori nuovi procureranno ai loro ammiratori sensazioni artistiche concentrandosi esclusivamente sul problema di creare una armonia con luci contrastanti…
Lo scopo segreto dei giovani pittori delle scuole d’avanguardia è di fa ­re della pittura pura. È un’arte plastica completamente nuova. È appe ­na agli inizi, e non è ancora astratta come vorrebbe essere. La maggior parte dei nuovi pittori si basa parecchio sulla matematica, senza co ­noscerla; ma non hanno ancora abbandonato la natura che interroga ­no pazientemente perché insegni loro il cammino della vita. Un Picasso studia un oggetto come un chirurgo disseziona un cadavere. Questa pittura pura, anche se arriva a liberarsi dall’arte del passato, non ne provocherà necessariamente la scomparsa; lo sviluppo della musica non ha provocato l’abbandono dei diversi generi letterari, né il gusto aspro del tabacco ha sostituito il sapore del cibo.

Capitolo 3 (novembre 1911-aprile 1912)

Si sono vivamente rimproverate ai nuovi artisti le preoccupazioni geometriche. Tuttavia le figure geometriche sono la base del disegno. La geometria, scienza che si occupa dello spazio, delle sue misure e dei suoi rapporti, ha sempre determinato le norme e le regole della pittura. Sinora le tre dimensioni della geometria euclidea hanno soddisfatto l’inquietudine che il sentimento dell’infinito suscita nei grandi artisti. I nuovi pittori non si sono certo proposti, più degli antichi, di essere geometri. Ma si può dire che la geometria è per le arti plastiche ciò che la grammatica è per l’arte dello scrittore. Oggi gli scienziati non si attengono più alle tre dimensioni euclidee.
I   pittori sono stati portati naturalmente, e per così dire intuitivamente, a preoccuparsi delle nuove possibilità di misurare lo spazio che, nel linguaggio figurativo dei moderni, sono indicate con il termine di « quarta dimensione ».
Considerata dal punto di vista plastico, la quarta dimensione sarebbe generata dalle tre dimensioni conosciute: essa rappresenta l’immensi ­tà dello spazio, che si eterna in tutte le direzioni in un momento de ­terminato. È lo spazio stesso, la dimensione dell’infinito; la quarta di ­mensione da plasticità agli oggetti. Conferisce all’oggetto le sue giuste proporzioni nel complesso dell’opera, mentre nell’arte greca, per esem ­pio, un ritmo in certo senso meccanico distrugge senza posa le pro ­porzioni…

Capitolo 4 (aprile 1912)

Volendo raggiungere proporzioni ideali, per non essere più limitati a quelle umane, i giovani pittori ci offrono opere più cerebrali che sen ­suali. Si allontanano sempre più dall’antica arte di illusioni ottiche e di proporzioni locali per esprimere la grandezza delle forme metafisi ­che. È per questo che l’arte attuale, pur non essendo l’emanazione di ­retta di credenze religiose specifiche, presenta molti caratteri della grande arte, vale a dire dell’arte religiosa.

Capitolo 7 (ottobre 1912)

II     cubismo si differenzia dalle antiche scuole pittoriche in quanto non è arte d’imitazione, ma di pensiero che tende verso la creazione.
Rappresentando la realtà concettualizzata o la realtà creata, il pittore può dare l’apparenza delle tre dimensioni. Può in certo qual modo cubicizzare. Ma non potrebbe farlo rendendo semplicemente la realtà vista, a meno di fare del trompe-l’oeil, in scorcio o in prospettiva, defor ­mando così la qualità delle forme concepite e create. Posso distinguere quattro tendenze nel cubismo. Due di esse sono pa ­rallele e pure.
Il cubismo scientifico è una di queste tendenze pure. È l’arte di dipin ­gere nuove strutture con elementi tratti non dalla realtà di visione, ma dalla realtà di intuito. Ogni uomo ha il senso di questa realtà interiore. Non occorre essere cí³lti per concepire, ad esempio, una forma rotonda. L’aspetto geometrico, che tanto ha impressionato chi vide le prime tele dei cubisti scientifici, derivava dal fatto che la realtà essenziale vi era resa con grande purezza, ed era totalmente eliminato l’elemento visivo ed aneddotico. I pittori che appartengono a questa tendenza sono: Picasso, la cui arte luminosa si ricollega anche all’altra corrente pura del cubismo, Georges Braque, Albert Gleizes, Marie Laurencin e Juan Gris.
Il cubismo fisico è l’arte di dipingere nuove strutture con elementi trat ­ti in massima parte dalla realtà visiva. Quest’arte tuttavia, dipende dal movimento cubista per la sua disciplina costruttiva. Ha un grande avvenire come pittura di storia. La sua funzione sociale è ben delinea ­ta, ma non è arte pura. Confonde ciò che è propriamente il soggetto con le immagini. Il pittore-fisico che ha creato questa corrente è Le Fauconnier.
Il cubismo orfico è l’altra importante corrente della nuova scuola. È l’arte di dipingere nuove strutture con elementi attinti non alla sfera visiva, ma interamente creati dall’artista stesso, e da lui dotati di una possente realtà. Le opere degli artisti orfici devono offrire simultanea ­mente un piacere estetico puro, una costruzione che colpisce i sensi, e un significato sublime, ossia il soggetto. È arte pura. La luce nei di ­pinti di Picasso si basa su questa concezione, che Robert Delaunay è, da parte sua, sul punto di scoprire e verso la quale stanno già in ­dirizzando le proprie energie Fernand Léger, Francis Picabia e Mar ­cel Duchamp.
Il cubismo istintivo è l’arte di dipingere nuove strutture con elementi non attinti alla realtà visiva, ma suggeriti all’artista dall’istinto e dal ­l’intuizione; tende già da tempo verso l’orfismo. L’artista istintivo man ­ca di lucidità e di un credo estetico; il cubismo istintivo comprende un gran numero di artisti. Nato dall’impressionismo francese, questo movimento si è diffuso oggi in tutta Europa.
Gli ultimi dipinti di Cézanne e i suoi acquarelli si collegano al cubismo, ma Courbet è il padre dei nuovi pittori e André Derain, del quale mi propongo di riparlare un giorno, fu il maggiore dei suoi figli prediletti, poiché lo troviamo all’origine del movimento fauve, che fu una specie di preludio al cubismo, e anche all’origine di questo grande movimen ­to soggettivo; ma sarebbe troppo difficile ora scrivere con discernimen ­to di un uomo che così volontariamente si tiene in disparte da tutto e da tutti.
La moderna scuola di pittura mi sembra la più audace che sia mai esi ­stita. Essa ha posto la questione della bellezza in sé. Vuole immaginarsi il bello liberato dal piacere che l’uomo procura al ­l’uomo, e sinora nessun artista europeo ha osato tentare ciò. I nuovi artisti esigono un bello ideale che sarà non più semplicemente espres ­sione orgogliosa della specie, ma espressione dell’universo, nella mi ­sura in cui esso s’è umanizzato nella luce.
L’arte contemporanea riveste le sue creazioni con una apparenza gran ­diosa, monumentale, che sorpassa qualsiasi altra cosa concepita dagli artisti del nostro tempo.
Ardente nella ricerca della bellezza, è nobile, energica e la realtà che ci rivela è meravigliosamente chiara. Amo l’arte di oggi perché amo soprattutto la luce; l’uomo infatti ama la luce più di ogni altra cosa; per questo ha inventato il fuoco.

Picasso (metà del 1912)

Allora Picasso interrogò acutamente l’universo. Si abituò all’immensa luce della profondità. E talvolta non disdegnò dal fare uso di oggetti reali, una canzone da due soldi, un francobollo vero, un pezzo di tela cerata con impressa la paglia intrecciata di una sedia. L’arte del pit ­tore non tenterebbe di aggiungere un solo elemento pittorico alla ve ­rità di questi oggetti.
La sorpresa ride selvaggiamente nella purezza della luce, ed è perfet ­tamente legittimo usare numeri e lettere stampate come elementi pit ­torici, nuovi nell’arte e già pregni di umanità.
È impossibile prevedere tutte le conseguenze e le possibilità di un’ar ­te tanto profonda e minuziosa.
L’oggetto, reale o presentato con il trompe-l’oeil, è indubbiamente chia ­mato a sostenere un ruolo sempre più importante. L’oggetto è la cor ­nice interna del quadro e ne segna i limiti di profondità come la cor ­nice esterna ne segna i limiti esterni.
Raffigurando piani per indicare i volumi, Picasso da una così comple ­ta e decisa enumerazione dei diversi elementi che compongono l’og ­getto, che questi non assumono la conformazione dell’oggetto. Ciò è in gran parte dovuto al lavoro dello spettatore, costretto a vedere tutti gli elementi simultaneamente proprio in ragione del modo in cui sono stati disposti.
Quest’arte è profonda più che elevata? Essa non può fare a meno di osservare la natura, e agisce su di noi con la stessa intimità… Per quanto mi riguarda, non ho timore dell’arte, e non ho alcun pre ­giudizio riguardo ai materiali usati dal pittore.
I mosaicisti dipingono con marmi o con legni colorati. Si ha notizia di un pittore italiano che dipingeva con escrementi fecali; al tempo della rivoluzione francese qualcuno dipinse col sangue. Si può dipingere con qualsiasi materiale si voglia: pipe, francobolli, cartoline postali o carte da giuoco, candelabri, pezzi di tela cerata, colletti, carta da parato o giornali…

da Les Peintres Cubistes, Parigi, 1913, pp. 11/18, 24/27, 35/36, 38
Les Peintres Cubistes, pubblicato il 17 marzo 1913, è fra i più fraintesi docu ­menti dell’arte moderna. In origine non era destinato ad essere specifica ­mente uno studio del cubismo; Méditations Esthétiques, il titolo scelto dal ­l’autore, fu praticamente soppresso, con risultati assai equivoci. Il libro era una raccolta di molti articoli pubblicati in precedenza’, messi insieme da Apollinaire e presentati in un ordine non strettamente cronologico. Le parti ini ­ziali risalgono al 1905, e appena metà del testo fu scritta dopo la primavera del 1912. Uno studio recente su Les Peintres Cubistes, basato sui manoscritti originali, ha contribuito in buona parte ad eliminare la confusione che circonda questo libro.
Si possono dividere Les Peintres Cubistes in due parti principali. La prima, comprendente sette capitoli, riguarda la pittura contemporanea in generale; la seconda comprende una serie di saggi su dieci artisti. Il capitolo I fu pubblicato per la prima volta nel 1908; i capitoli II-VI furono pubblicati nella loro versione originale in numeri separati di Soirées de Paris, all’inizio del 1912; il capitolo VII risale all’autunno del 1912. La parte dedicata a Picasso contiene estratti da un articolo del 1905, seguiti da una parte scritta nel 1912; per il capitolo su Braque, Apollinaire adattò la sua introdu ­zione alla mostra tenutasi nel 1908 alla galleria Kahnweiler (vedi testo 3). Solo per le parti dedicate a Metzinger, Gleizes, Gris, Léger, Picabia, Duchamp e Duchamp-Villon, Apollinaire scrisse dei testi nuovi nel 1912. Il capitolo II, dapprima pubblicato come articolo, « Du sujet dans la peinture moderne » fu nella sua forma originale la fonte dell’idea della pittura « pura » che si diffuse nel 1912 (vedi testo 21) e in seguito.
Ma il parallelo che Apollinaire traccia con la musica non è assolutamente nuovo; si trattava di un tema ricorrente nelle estetiche di fine Ottocento. Il capitolo III, nato come conferenza tenuta nel novembre 1911, quando fu pubblicato nella primavera del 1912 fu il primo esempio di riflessione sulla « quarta dimensione » e sulla geometria non-euclidea, idee che divennero po ­polari con i successivi apologeti del cubismo.
Si possono solo fare delle congetture sulla fonte da cui Apollinaire stesso trasse questa nozione; è possibile forse dalle contemporanee volgarizzazio ­ni della teoria della relatività di Einstein del 1905.
Si dovrebbe notare che c’erano già stati diversi tentativi in quei giorni di tracciare un parallelo tra cubismo e scienza: il più interessante era stato quello di Paul Laporte, che aveva cercato di mostrare l’equivalenza tra il rapporto spazio-tempo nella pittura cubista e le idee di relatività nell’opera di Einstein e di altri scienziati del XX secolo.
Se indubbiamente un approssimativo metaforico parallelo può essere legitti ­mamente tentato, ci sembrerebbe pericoloso insistervi troppo, o cercare esat ­te corrispondenze in questo periodo tra i due campi di attività umana, che all’inizio del XX secolo non erano in stretta relazione quanto lo furono nel Rinascimento o persine al tempo del neo-impressionismo. Ci si può anche domandare se l’idea di spazio-tempo nel cubismo non si basi di per se stessa su un equivoco; si può appena parlare della notazione di un concetto di realtà derivato dalle memorie accumulate dall’esperienza sen ­soriale.
È il capitolo VII di Les Peintres Cubistes che ha causato il maggior danno alla comprensione del cubismo. Apollinaire classifica gli artisti secondo del ­le tendenze – cubismo « scientifico, « fisico », « orfico », « istintivo » – che avevano un rapporto solo molto superficiale con le reali differenze esistenti tra gli artisti. Questa parte fu in origine una conferenza tenuta da Apollinaire nell’ottobre del 1912 alla mostra della Section d’Or, ed è in realtà una difesa in termini vaghi di tutti i pittori d’avanguardia approvati da Apollinaire. La parte su Picasso qui riportata risale alla metà del 1912, con correzioni dell’autunno di quell’anno. Apollinaire vi commenta il nuovo sviluppo del col ­lage che doveva discutere in breve altrove , e descrive il pri ­mo collage di Picasso, eseguito nel maggio 1912 . Apollinaire è inoltre conscio dei grandi vantaggi offerti da questa innovazio ­ne: egli riconosce che con il papier collé e il collage, lo spazio pittorico tradizionale è finalmente lasciato da parte – che non c’è alcuna profondità illusionistica dietro le carte incollate e dietro altri materiali e che anche questi materiali non sono illusori, ma devono essere concepiti come oggetti reali, significando solo se stessi. Così Apollinaire, malgrado la poetica inde ­terminatezza di molti dei suoi scritti sull’arte, ha qui afferrato ed espresso l’importanza decisiva del collage cubista, forse l’invenzione di maggior por ­tata dell’intero movimento.

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3 Comments

  1. Commento by ivan — 21 Maggio 2009 @ 17:19

    grazie della preziosa informazione

  2. Commento by gliss88 — 12 Giugno 2011 @ 11:36

    bellissimo e utilissimo articolo
    :wink:

  3. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Giugno 2011 @ 12:41

    Grazie, gliss.

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