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ARTE: Il Surrealismo: I MAESTRI: Lautréamont per e contro tutto #7/7

4 Gennaio 2009

[da:   Patrick Waldberg: “Surrealismo”, Mazzotta, 1967]

Protesta di Aragon, Breton, Eluard contro una riedizione dei « Chants de Maldoror » a cura di Philippe Soupault, recentemente escluso dal movimento
 

A proposito di una riedizione

Tutte le ricerche su Lautréamont sono state vane. Il 2 aprile 1921, Félix Valloton, autore del ritratto di Lautréamont apparso nel Livre des Masques ci scriveva: « Questo ritratto è un’invenzione pura, fatta senza alcun documento poiché nessuno, compreso de Gourmont, ha su questo per ­sonaggio la più piccola notizia. Tuttavia so che si sono fatte delle ricer ­che. E’ dunque un’immagine di pura fantasia, ma le circostanze hanno finito per darle corpo ed essa passa generalmente per verosimile ». L’ombra non ha fatto che estendersi via via che si riesumavano nuove « opere » di Lautréamont, anche solo le « poésies » e alcune lettere, che permettono soltanto con molta cattiva fede di considerare risolto l’argomento. L’immagine di pura fantasia ha finito per avere ragione dell’immagine vera, quella che si sarebbe sottratta alle contingenze di tempo, d’umore, di lettura. Tutti i ritratti di Lautréamont, di cui nessuno è fatto dal vero, si susseguono e si assomigliano. L’autore dell’ultimo, in ordine di tempo, Philippe Soupault, ha fatto i suoi tentativi. Noi lo conosciamo da troppo tempo. Metterà il suo nome, sem ­pre più ignobile, sulla copertina di tutti i libri che noi crediamo defini ­tivamente chiusi per noi. L’umanità è nel sacco e le opere complete di tutti continuano ad apparire. Quelle del conte di Lautréamont (ma io mi vedo vivere, tu ti vedi vivere, essi muoiono, noi siamo trasparenti come se Lautréamont avesse mille anni), queste opere appaiono per la sesta e ultima volta (1). Tutti gli studi, tutti i commenti, tutti gli appunti fatti e da fare sono di Philippe Soupault. « Avanti con la musica ». Ma che musica! La fine del XIX secolo, i cancellieri, l’esotismo, il bizzarro, le case borghesi, Edgar Zuinet, le citazioni lacrimose, il Politecnico, la nostalgia imbecille delle donne e del resto, Ducaise, Ducaire, Dutiers o Duquart, queste « grandi farfalle che ancora oggi sono chiamate prostitute », quello che si fa in meno o in più di un anno, la disperazione degli inquilini, le piccole tazze di caffè e la grande tazza, sapere dove si va, la critica letteraria, il fatale brodo di genio, un Plutarco per scrivere Le Vite degli Editori Illustri, le offerte più seducenti delle domande, i tra ­slochi, la grossa signora Lacroix, la morale che può far pensare a quel ­la di Robespierre o di Saint-Just ma non a una delle due, i funerali senza seguito che vanno al gran trotto e che arrivano troppo tardi, la mancanza di dossier alla prefettura di polizia, tutto questo, tutto questo, tutto questo, per essere dei vigliacchi, dei vigliacchi come chi fa le pre ­fazioni, per usare il nostro cuore sui marciapiedi, perché la porta sia chiusa, per raschiare le nostre lingue in cima ai muri, e che il furto violento si fermi qui, tutto ciò che avviluppa questo libro, lo nasconde, lo insozza, lo banalizza, lo spegne sotto le piccole passioni di quelli che lo leggono, sotto il tradimento di quelli che fingono di capirlo, sotto il distacco gratuito di quelli per cui non è stato fatto.
Certi rivoluzionar! per diletto desiderano soltanto servirsi oggi di tutto quello che ci aiuta a vivere per farci un tiro mancino. Si abuserà della nostra passione per Lautréamont e delle nostre spe ­ranze nel comunismo per ricondurre tutto ad un’unica identica espres ­sione in modo da screditarli ai nostri stessi occhi, abbandonandoci quin ­di, ad una sorta di punto morto nel quale non saremo più in grado di distinguere l’assoluto dal relativo.
Per i nostri nemici, tutto sarebbe evidentemente più facile se dallo spirito alla vita ci fosse solo un ponte da superare. Invece non c’è. Che Lautréamont sia stato o no un rivoluzionario militante, che abbia o non abbia parlato alle folle, a noi poco importa. Ma, anche dopo la più ac ­curata indagine, tutto ci fa credere che egli disperatamente sia bastato a se stesso, e che inutilmente si è tentato, mentre era vivo di sbandierar ­lo in pubblico. Noi ci teniamo a fare sapere che quel tale Ducasse che, nelle riunioni pubbliche del 1869 prese la parola per citare le lettere di San Paolo, e trarre effetti oratori dal tic Gnouf-gnouf, non era affatto Isidore Ducasse, al quale noi facciamo appello contro tutto e tutti. Il nostro amico Robert Desnos, quando pensò che l’autore dei « Chants de Maldoror » e l’oratore citato da Vallès in l’lnsurgé potessero essere la stessa persona, ignorava che quest’ultimo venne identificato da Charles da Costa, che era suo intimo amico, così come lo erano anche Alphonse Humbert, Breuillé, Charles Loguet e Ménard (2).
Questo Ducasse di cui parliamo si chiamava Félix Ducasse (cf. Les Blanquistes, di Charles Da Costa, Libreria Marcel Rivière). Il conte di Lautréamont che non pare sia stato in altro modo toccato dalle questioni di politica, non aveva altro in comune con Félix Ducasse che una volgarissima omonimia che imbarazza Soupault per la « di ­sgustosa somiglianza ».
Noi diciamo che Soupault imbroglia nella maniera più scoperta, più miserabile, probabilmente sul solo punto dove non doveva imbrogliare. Imbroglia, non per imbrogliare ma per guadagnarsi quello che, in cam ­bio del suo peggior compromesso, gli offrono gli editori del « Sans Pareil ». Quanto?
Tuttavia a un certo momento si trattò di rifiutare la parte del povero e di gonfiare al massimo il mistero, sola dignità, questa, che il conte di Lautréamont meritava. Come dire che egli rappresentava un atteggia ­mento, nei confronti del mondo, che sfidava apertamente ogni tentativo di volgarizzazione, di classificazione interessata, di volontà di opportu ­nismo, e che non prendeva in considerazione niente che non fosse eter ­no. Noi ci opponiamo, continuiamo ad opporci a che Lautréamont entri nella storia, che gli venga assegnato un posto tra Questo e Quello (3), Sulla terra, signor Soupault, anche se il posto di Lautréamont è tra la terra, il fuoco, l’aria e l’acqua, quale sarà il suo se non tra il vino e l’acqua che lo allunga?
Ma poiché il posto di Lautréamont è altrove, lei, signor Soupault non esiste più.

(1927) Louis Aragon, André Breton, Paul Eluard

 

Note
(1) Non parliamo dell’edizione (illustrata!) che sta preparando il rilegatore d’arte Blanchetière. Ogni esemplare: 1200 franchi! A questo prezzo noi siamo: distruttori.
(2) Tutti e cinque erano stati condannati a cinque giorni di carcere per aver parteci ­pato ad una manifestazione contro l’Imperatore d’Austria quando questi venne a Parigi nel 1867.
(3) Per esempio tra Baudelaire e Rimbaud   (Bandella del volume   Oeuvres complètes).

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Bart