Giallo: I coniugi Materazzo #5/13
4 Gennaio 2009
di Bartolomeo Di Monaco
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I coniugi Materazzo  #5
Nel suo ufficio, verso le sei del pomeriggio, si affacciò Jacopetti.
 «Venga a vedere, commissario. Venga, presto. »
 «Cos’altro c’è Jacopetti. »
 «Vedesse che retata, quelli della buoncostume. Ce ne sono delle nuove. E che schianti. Venga, venga. Non se lo perda lo spettacolo. »
 Quando succedevano queste cose, Jacopetti andava in solluchero. Gli piaceva guardare quelle donnine tutte dipinte in modo eccentrico e vestite con niente, che protestavano la loro innocenza, mentre la colpa ce l’avevano scritta addosso.
 Il commissario s’affacciò nel corridoio, e le vide, là in fondo, già sedute nella piccola saletta che faceva d’anticamera all’ufficio del suo collega della buoncostume.
 «Ci sono delle ragazzine » notò Jacopetti. «Chissà se sono minorenni. » Uscì anche il commissario capo.
 «Che succede Renzi? » Si era sentito il fracasso del loro taccheggiare e delle proteste.
 «C’è stata una retata. »
 Il Capo si spinse fino alla saletta. Si pavoneggiava di fronte a quelle disgraziate.
 «Su su, non fate chiasso. » Rimase in corridoio Renzi, per la curiosità di spiare il suo Capo. Lo udiva parlare con le donne.
 «Siamo innocenti. »
 «E tu quanti anni hai? »
 «Sono maggiorenne, che crede? »
 «Sei troppo giovane per questo mestiere. »
 «Non la pensano così quelli che vengono con me. »
 «Non facciamo nulla di male, commissario. »
 «E tu quanti anni hai? » Ce n’era un’altra che pareva una bambina.
 «Sono già maggiorenne. »
 «Siete tutte maggiorenni voi ragazzine. Ma lo vedremo. Da dove vieni? »
 «Sono della città . » Lo sapeva anche il commissario capo che era diventato un modo diffuso di guadagnarsi la vita, quello, e spesso erano i genitori che le incoraggiavano, chiudendo un occhio o tutti e due. Per riuscire a mangiare, bisognava lasciarla perdere la dignità . Dopo aver dato loro un’altra occhiata, lasciò la saletta e rientrò nel corridoio, dove sostavano ancora Renzi e Jacopetti.
 «Invece di diminuire, mi pare che le puttane crescano ogni giorno di più. »
 «Credo che durerà per un pezzo. »
 «Ci vediamo più tardi, Renzi. » Più tardi era convocata una riunione presso il commissario capo dei responsabili delle due sezioni, con alcuni tra i più importanti collaboratori. Il commissario capo, che aveva nome Materazzo, era stato trasferito da Palermo a Lucca da pochi mesi, e teneva frequenti riunioni per apportare modifiche all’organizzazione degli uffici a lui sottoposti. Il Questore gli aveva dato carta bianca. Il suo trasferimento a Lucca era stato preceduto da molte chiacchiere. Si diceva che gli fosse toccata una punizione, ma nessuno conosceva le vere ragioni. Alto, distinto, un bell’uomo, aveva dato subito l’impressione di uno che sa fare il suo mestiere. Energico, determinato, di poche parole quando impartiva delle istruzioni. Non gli piaceva essere contraddetto. Uno dei primi giorni aveva portato anche la moglie in ufficio. L’aveva presentata ai suoi collaboratori, primo fra tutti Renzi, che per l’importanza della sezione assegnatagli veniva gerarchicamente subito dopo di lui. Una bella donna, la signora Materazzo, una emiliana di alta statura, mora, occhi e capelli nerissimi. Gran fisico, sensuale. Jacopetti si esibì anche nel baciamano, si chinò, abbassò il capo, e la signora lasciò fare, compiaciuta di quel gesto che non si usava più.
 «Accidenti, che femmina! » disse Jacopetti al commissario Renzi, affacciandosi alla porta del suo ufficio.
 «Come si fa a venire qui, al lavoro, quando si lascia a casa una femmina come quella. Sarà geloso il Capo? »
 «E che ne so, Jacopetti. Se l’ha portata qui, forse non è geloso, non ti pare? »
 «Per me è geloso. » Era entrato in ufficio, e aveva chiuso la porta.
 «Ma tu, Jacopetti, non c’hai niente da fare? »
 «Mi lasci dire, commissario, che avere una femmina così è già un bel colpo di fortuna. Meglio di un tredici al totocalcio. »
 «Guarda che le donne troppo belle, a volte sono un castigo di Dio. »
 «Ma che dice mai. »
 «A volte, non portano che guai. »
 «Sì, ma la notte di guai non ne portano mica, commissario. »
 «Tu pensi sempre a quello. »
 «E lei, no? Guardi che io ormai la conosco. Lei fa sempre finta di nulla, ma l’occhio ce l’ha sempre sulle belle donne. Che crede, che non me ne accorga quando siamo in giro? »
 «A un buon poliziotto non deve sfuggire niente. »
 «E perché non si accorge mai delle brutte donne che le passano accanto? »
 «Questo lo dici tu. Io vedo tutto. »
 «Non la racconti a me, questa balla. »
 «Jacopetti, vai a finire il tuo lavoro. Ricordati che fra poco siamo in riunione col Capo. »
 «Di che ci parlerà ? Questo, convoca sempre riunioni, e mi paiono delle citrullaggini le cose che dice. » Ci aveva confidenza col commissario.
 «Che non ti scappi detto fuori di qui. Ricordati che le pareti hanno orecchie e occhi dappertutto. »
 «Ma lei ci capisce nulla in questa mania che gli è presa al Capo di fare un giorno sì e un giorno no la riunione dei collaboratori? »
 «Forse è abituato a fare così. È il suo metodo di lavoro. »
 «Ma perché l’avranno mandato via da Palermo? »
 «Ha chiesto lui il trasferimento, almeno così si dice. »
 «Ma lei ci crede? Io no. »
 «Che pensi, allora? »
 «Che ne abbia combinata qualcuna. O che stesse sullo stomaco a qualche capoccione. »
 «Pensi alla politica? »
 «Sì e no. »
 «Alla mafia? »
 «Forse a tutt’e due insieme. Politica e mafia, e forse anche donne. »
 «Perché le donne? »
 «Mi sembra uno a cui piacciono le donne. È anche un bell’uomo. Ha visto come si è buttato su quelle quattro puttanelle? »
 «Anche tu, ti ci sei buttato. »
 «Ma lui come se le guardava! »
 «E tu, non te le guardavi? »
 «Io le puttane, le lascerei libere. Che fanno di male, in fondo? Anzi, di male proprio non ne fanno punto. Meglio puttane che ladre. Che ne dice lei, commissario? In galera ci dovrebbero andare quelli che so io, invece, altro che le puttane. » Pensava ai politici.
 «Hai fatto colpo sulla signora. Hai visto come ti guardava? Ti sei distinto tra tutti con quel baciamano. »
 «Davvero? »
 «Parola di commissario. »
 «Certo che una notte con lei ce la passerei volentieri. Gliele metterà le corna al marito? »
 «Perché pensi alle corna? »
 «Una donna così, ne deve avere di occhi addosso. Chissà quanti superiori si saranno fatti avanti. Possibile che abbia detto di no a tutti? »
 «Perché non dovrebbe essere, invece, una donna onesta? »
 «Le donne fatte a quel modo, non possono restare fedeli a un solo uomo. » Aveva l’aria di chi è convinto di ciò che dice.
 «Bella opinione che hai delle donne, Jacopetti. Se ti sentisse tua moglie! »
 «Non glielo dica, per carità . Son discorsi che nemmeno s’immagina mia moglie. »
 «Ah! Santo di fuori e diavolo di dentro, allora. Bravo Jacopetti. »
 «Ma anche lei non è così? Tutti gli uomini sono uguali, e anche lei ha i suoi peccati che non fa conoscere a nessuno. Nemmeno al prete. » Questa, che nessuno confessa mai per intero i propri peccati, neanche al prete, è una bella verità . L’aveva azzeccata, Jacopetti.
 «Potrebbe essere la signora Materazzo la ragione del trasferimento del marito » disse all’improvviso Renzi, come per sviare il discorso. Jacopetti si mise a sedere davanti alla scrivania del commissario.
 «Che dice mai? » Aveva gli occhi sgranati, fuori dalle occhiaie. «Parli più chiaro. » Si era fatto sotto e stava col busto piegato verso Renzi.
 «Qualche avventura della signora, che lui ha scoperto. Avventura con qualche pezzo grosso, naturalmente. E così ha chiesto il trasferimento. »
 «Ma la signora avrebbe potuto impedirlo il trasferimento, con le sue conoscenze. » Era vero anche questo. Ma il commissario preferì lasciare in sospeso la questione.
 «Chi può dirlo. »
 «Però, mica è inverosimile la sua ipotesi. » Ci ripensava, Jacopetti. «Di sicuro una donna così ce l’ha sempre un amante. Ma forse è convenuto anche a lei venirsene via, questa volta. »
 «Allora anche qui a Lucca ce l’ha un amante, secondo te? »
 «Vedrà , commissario, che prima o poi qualche pettegolezzo sortirà fuori. »
 «Jacopetti, finiamola con questi discorsi. Tornatene in ufficio e lasciami lavorare. »
 «Ho quasi pronta la relazione su quell’incidente dell’altro giorno. »
 «Vuoi dire quell’incidente mortale in fabbrica? »
 «Sì, proprio quello. »
 «E allora? »
 «Pare che non fossero rispettate tutte le norme di sicurezza. »
 «Ne ero certo. Sbrigati a finirla, e domattina voglio qui la relazione. Lo metto in galera quel disgraziato di imprenditore. Ce ne sono tanti come lui che si mettono a risparmiare sulla pelle della gente. Ci vuole un esempio, e questa volta non mi ferma nessuno. »
 «Domattina l’avrà sulla scrivania, commissario. Ai suoi comandi. » Si alzò e uscì dalla stanza. Nella saletta c’erano ancora le prostitute. Lui volle affacciarsi, come aveva fatto il commissario capo. Ce n’erano di veramente carine. Avesse potuto farlo, le avrebbe messe in libertà tutte quante. Però, se le sarebbe portate prima a casa sua. Una per una. Sua moglie permettendo, si capisce.
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