ARTE: PITTURA: I MAESTRI: Burri. Il nero assoluto31 Agosto 2013 di Cesare Brandi Roma, dicembre Questa volta la tartaruga ha dato ragione al sofisma-apologo di Zenone, addirittura surclassandolo, perché, es sendosi mossa per ultima, è arrivata prima. Né altrimenti si può dire, quando una Galleria, appunto la ro mana Tartaruga, inaugura la stagio ne, già ampiamente inaugurata dalle consorelle, con una Mostra-Museo di Alberto Burri. Sono otto quadri, a cominciare dal primo, fatidico veramente, del ’49, con la scritta Europea e le stelle, chiaro barlume dei sacchi futuri, fino al lan cinante, stupendo Rosso del 1956. Non ci sono quadri recenti, che saranno in vece esposti a Milano alla Galleria Blu fra non molto. Questa di Roma è, dun que, proprio una Mostra-Museo â— tut ti di proprietà dell’autore e niente in vendita. Vorrei vedere quale sarebbe la Galleria di arte moderna che non ambirebbe a trasferire in blocco una raccolta del genere nelle sue sale. Effetto dirompente Poiché i quadri appartengono tutti al genere più ammirato e canonico di Burri, non sarebbe certo il caso di de scriverli. Ma non si può invece tacere l’effetto dirompente che producono an cora oggi, quando sembrerebbe, con la obsolescenza abituale (come si diceva ieri, e oggi è parola già passata di moda), che dovessero apparire relega ti nel loro tempo, ma fuori del nostro tempo. E’ invece il colpo che assesta no fra capo e collo, appena si entra e si guardano, è la prova migliore che la loro vitalità è restata intatta, e che, allora, non era dovuta alla sorpresa, spesso incresciosa od oltraggiosa, del primo avvicinamento. Saputi e risapu ti, questi dipinti, mantengono un fuo co, un acido, un’aggressività di primo acchito, che li colloca nel frangente immediato della vita dello spettatore. Ed è bello poterne dare atto all’arti sta, che è felicemente rinato da se stesso, dopo aver subito un grave atto operatorio, e ricompare sulla scena delle due capitali, Roma e Milano, con questa bella sicurezza di sé, con que sta serena autorevolezza. Ora, che la Pop-Art è tramontata, e colmò il vuoto che lasciava l’informa le, l’informale, nella prospettiva stori ca, assurge al posto che gli è dovuto, come un grande momento nella storia della pittura moderna: la posizione di Burri è destinata a rafforzarsi sempre più nella coscienza critica contempo ranea. I piani si assestano: l’importan za chiave dell’opera di Burri, per la nascita stessa del neo-dada di Rauschenberg, cosa che gli americani fingevano di ignorare, ora non può più essere negata. Non che per questo l’opera di Burri, in sé e per sé, au menti di una spanna, ma, dal punto di vista storico, riesce a configurarsi, come è stata in effetto, un traguardo essenziale. Morandi fu un altissimo pittore: ma la sua oliera fu un enclave nella pittu ra contemporanea, e forse, a parte l’a rea italiana, solo su De Stael ebbe a incidere. Burri non è stato un encla ve: la sua opera travolgente e coscien tissima, calibrata come le carabine che tanto ama e con le quali spara più ai piattelli che agli uccelli, resta una pietra miliare, nella storia della pittu ra d’oggi. Ma resta, non perché ha presentato l’inedito della materia, o perché ha sconvolto il concetto della pittura fatta a cavalletto, col pennello. Resta per la sua cocentissima carica formale. A quasi più di quindici anni di distanza (e sono tanti) codesti qua dri, quando dovrebbero già apparire svuotati, incidono con un’astanza vio lenta, e nello stesso tempo rigidamen te controllata. Ma proprio questa ap parente antitesi di violenza e di con trollo, sta alla base della struttura del la pittura di Burri. La sua novità, al lora, non fu tanto la novità della ma teria, ma di essersi saputo foggiare un codice nuovo, aderente alla struttura in cui si proiettava. Dai primi Colla ges cubisti in poi, quanti non avevano già adoperato i materiali più eteroge nei, senza che si producesse quella specie di crepuscolo degli Dei della pittura che ha provocato Burri? Ma proprio perché non è la materia in quanto materia, ma come invenzione di un nuovo codice: per questo ha su scitato al suo apparire tante proteste. Era un nuovo codice della pittura, questo e non altro dava fastidio e non si voleva riconoscere, revolvendo il codice a materia bruta. Per uno come me, che è onorato dall’amicizia di Burri e ha consuetudine costante con le sue opere, è stata un’emozione rivederle ora, alla Galleria della Tar taruga, con questa imminenza che an cora posseggono nella cultura attuale, con questa presenza intatta che solo all’arte vera compete, passino gli anni e i secoli. Il rapporto fa il colore Nei prossimi giorni, quando si aprirà la Mostra alla nuova Galleria Blu di Milano, le opere recenti di Bur ri offriranno il panorama più conse guente e integro: conseguente, perché, come già per il passato, neanche ora Burri facit saltus. Lo spaesamento che prendeva il pubblico di fronte alle nuove materie (sacchi, plastiche, le gni, lamiere) offuscava allora il ricono scimento di una fondamentale consequenzialità dell’artista. Quale ora pro segue. I meravigliosi neri assoluti su un bianco assoluto mediato da tenui pelli cole che portano come i segni dolenti di una vita vissuta, i segni che impri me il fatto di passare attraverso le fiamme, furono già uno dei successi incontrastati dell’ultima Biennale. Tanto incontrastato â— a parte gli ebe ti â— che c’era quasi da preoccuparse ne: l’improvviso coro di osanna non nascondesse un regresso, o quanto meno una stasi. Né stasi né regresso. La monumentalità, con cui Burri im piantava anche le sue carte bruciate, era dovuta al rapporto interno del quadro, non alle proporzioni. Nelle grandi misure dei quadri, Burri, non si « ingrandisce », afferma il suo me tro, ma per il fatto detto prima, anche un quadro di modeste proporzioni è monumentale. Si vedranno, alla Mo stra di Milano, fra i tanti, due quadri indimenticabili che vale descrivere brevemente. In uno, c’è solo come una fascia di nebbia, una fumata di smog, attraver so il quadro tutto bianco di fondo, quasi di neve gelata. Questa fascia di nebbia è come se lentamente oscillas se, ora alzandosi, ora abbassandosi, nella sua ineguaglianza di spessore, nelle fumate, nei leggeri grumi, con serva una qualità aerea, ma soprattut to s’imprime come colore. Colore ri dotto al segno negativo, ma per que sto anche più colore, proprio perché quel che fa colore non è la « tinta » ma il rapporto. Ora il rapporto del bianco al grigio, e il bianco sottende ancora il grigio, è un’opposizione non così rigida come tra il bianco al nero, non c’è scatto al passaggio dal bianco al grigio, ma questo continuo materiarsi e sciogliersi del bianco nel gri gio. Da un’interazione continua dell’u no nell’altro, nasce la dinamica di un quadro così apparentemente statico. L’altro invece è come uno scoppio, una collisione. I due corpi neri e vel lutati si oppongono violentemente e lasciano framezzo come una zona do lente e pesta, che suda colori giallo gnoli e perversi come l’alone di una li vidura, come il liquido vischioso che geme un albero ferito. E’ quasi una grande sigla, un geroglifico asemanti co; ma in questa opposizione di colori come masse, nella pressione in atto che suggerisce, aggressivo, cocciuto, vitale. Quando li ho visti nel suo studio, che è un grande stanzone più simile a una officina che allo studio di un pit tore nella scabra nudità di una pre sentazione ridotta a un cavalletto e a un riflettore, proprio da questa capa cità di organizzarsi uno spazio indif ferente, di agglutinarlo, riconobbi il segno indelebile dell’opera che è nata come se fosse sbocciata per forza pro pria, e nessuno, neanche l’autore, pote va farci nulla, se non lasciarla nascere a quel modo. Burri faceva vedere con orgoglio ar tigiano i nuovi apparecchi per affet tare il legno, fare gli angoli esatti: quel gusto per la precisione che condi vide con se stesso, antico medico sen za esercizio, e appassionatamente cu rioso di utensili pratici, amante di una pulizia e di un ordine meticoloso. Come il suo studio che non è mai in disordine, ma ampio e nudo e sondato dai fasci dei riflettori come la notte da un faro, così la sua casa ha la preci sione di un ordigno, e non assomiglia a nessun’altra. Una casa senza fasto, che è bella come una reggia, in cui la rastrelliera dei magnifici fucili, tanti come in un corpo di guardia, bilancia un Ferro enorme, un Legno enorme, con una scienza così esatta di equili bri senza simmetria, che bisogna farci attenzione locale per accorgersi che non c’è Una parete eguale all’altra, né la più piccola soluzione di comodo. Con tutto ciò la grande sala per vi verci è funzionalissima, e i vari usi che contempla, di soggiorno, di biblio teca, di tinello, sono come strati che si intersecano ma non si fondono mai. Ed è questo il segreto di Burri come arredatore, anche se arrossisco a scri vere la parola. Ma lo ripeto: nessuna casa è più bella della sua. Letto 4067 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||