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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

Assaggi della mia VIA: Anni Settanta (8a puntata)

31 Gennaio 2008

di Enzo Ferrari
[Ha pubblicato la raccolta di poesie: “Nuvole d’estate in Liguria”, De Ferrari, 2007]

(il romanzo è in cerca di un editore)

Nella mia via per telefonare molti vanno ancora al bar o in latteria. Il telefono pubblico è a gettoni. Il gettone è un dischetto in bronzo con una scanalatura sul davanti e due sul didietro.

Bisogna infilarlo nella maniera giusta nella fessura posta sopra l’apparecchio. Se si fanno telefonate lunghe, bisogna averne una bella scorta.
Gli operai che hanno ancora i loro parenti in meridione, il sabato sera o la domenica vanno al bar e usano il telefono pubblico. Con questa scusa approfittano per farsi un Campari.

La società che gestisce i telefoni ha raddoppiato il prezzo dei gettoni. Chi aveva dei gettoni ha visto duplicare il suo capitale. Io n’avevo tre. Ora è come se ne avessi sei.

Massimo è un mio compagno di scuola. Qualche volta studiamo assieme matematica o letteratura a casa sua. I suoi genitori, che gestiscono un panificio – pasticceria, mi offrono sempre dei buoni dolci. Massimo si è ammalato. Hanno provato ad operarlo allo stomaco per un tumore. Dopo poche settimane ci ha lasciato. Quando capisci che una vita si estingue, quel momento ti toglie la pelle di dosso.

In latteria c’è la piramide dei boeri, cioccolatini ripieni di liquore e una ciliegia sotto spirito. Nella pesca si stacca un boero e si spera di vincere il premio, consistente in un altro boero. Ludovico ne ha vinti ben 7. Il mio record è di tre. Quelli che vinci li prendono da un sacchetto a parte dietro il banco, senza la possibilità di vincerne altri.

Il telefono pubblico serve anche per ricevere chiamate. In latteria è stato piazzato in fondo al negozio. L’altro pomeriggio ero a comprare il latte per casa, quando Lucio ha ricevuto una telefonata dalla sua fidanzata rimasta al paese. Forse per colpa della distanza urlava il suo amore. Tutti ci siamo messi a sentire quello che diceva. Lucio, imbarazzato, è diventato rosso come un peperone. Le volte successive è andato al bar dove c’è una cabina chiusa per il telefono.

A scuola abbiamo studiato la teoria del calcolo delle probabilità. Non ho il coraggio di ricordare a mia nonna che al gioco del lotto la probabilità di indovinare il terno giocando i suoi tre numeri preferiti sulla ruota di Genova è 1 su 11748. Dirglielo non mi perdonerebbe lo stesso quella volta che non l’ho giocati.

Nella mia via ci vorrebbe un eroe come Ulisse. La prof. d’italiano ci ha parlato d’Ulisse e del cavallo di Troia. Ulisse gran guerriero con l’elmo, la spada, la corazza, il giavellotto. E’ scaltro, furbo, astuto, riesce a cavarsela anche quando sembra perduto, quando ha tutti contro. Trova il modo con l’astuzia e qualche bugia di inventarsi una soluzione. L’idea del cavallo mi è parsa fantastica. Ulisse è il mio eroe, meglio di Ettore e Achille, quelli muoiono.
Per mio padre l’eroe più adatto per la via è Giuseppe Garibaldi, con la sciabola e la camicia rossa.

Nella mia via c’è un negozio di mobili. I miei genitori ci hanno comprato solo il tavolo e le sedie di cucina. Ogni tanto cambia le vetrine. L’altro giorno ha montato un’intera camera da letto con tanto di lenzuola e coperte. Mobili di legno scuro. Letto con testiera lavorata con l’intarsio di un cavallo in corsa. C’è persino un quadro con dei fiori appeso alla parete. La sera lasciano le lampade sui comodini accese.

Giovanni è un simpatico ometto prossimo alla pensione che si è visto uccidere suo figlio durante una rapina. Trovato il bulletto che ha assassinato suo figlio, lo ha sequestrato e torturato lentamente fino a farlo morire. E’ la trama di un film, Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli.

Nella mia via hanno aperto una tipografia, nei fondi del palazzo accanto a quello dove abito.
Stampano manifesti, libri e biglietti da visita. Mio padre dice che gli ricorda una vecchia tipografia clandestina dove stampavano volantini durante la guerra.
L’altro giorno ci sono stato con dei miei amici a curiosare. Tutti gli operai vestivano con un grembiule blu scuro. Molti avevano le dita nere. Il rumore delle macchine in funzione era insopportabile, così come l’odore d’inchiostro. Il rumore mi ha ricordato quella volta che mio padre mi ha fatto salire sulla locomotiva tanti anni fa. Il lavoro degli operai è veramente duro. Lavorare stanca.

Nella mia via non c’è più il calzolaio. Ora per far risuolare le scarpe andiamo da un altro negoziante in una via parallela. Per la verità la bottega è stata chiusa perché è morto il titolare, in negozio. L’hanno trovato un lunedì mattina. La porta era chiusa a chiave e i pompieri hanno dovuto forzarla per entrare. Negli scaffali c’erano pochissime scarpe già tutte risuolate, salvo un paio di stivali da donna ancora da riparare. Pare che nessuno sia venuto a reclamarli.
Un po’ mi dispiace non dover più portare i ravioli al vecchietto. Mi era simpatico.

Ho compiuto 18 anni. Posso andare a votare. C’è il referendum sul divorzio.

Quando ho raggiunto la maggiore età, 18 anni, ho mandato la cartolina per poter partecipare al quiz radiofonico Il Gambero. Qualche mese dopo hanno sospeso la trasmissione.

Con i 18 anni si aprono le porte dei film vietati. Non possiamo mancare all’appuntamento.
Il Decameron di Pasolini eravamo riusciti già a vederlo prima di questa fatidica soglia, imbrogliando la maschera sulla nostra età. Stessa cosa per l’Arancia meccanica di Kubrick con la fantastica musica di due novellini come Beethoven e Rossini.

Nella mia via hanno chiuso la trattoria. Dopo le gare delle uova e della mortadella non hanno organizzato più altre gare. Gli operai non ci andavano più a mangiare.

Alla TV è finito Giochi senza Frontiere, il programma televisivo europeo per antonomasia, con due arbitri internazionali Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi. I giochi, abbastanza semplici e senza grandi infrastrutture, mi divertivano e mi piacevano molto. Del tipo acqua e sapone, molto scivolosi.

Si è spenta per sempre la voce del soprano Maria Callas. L’aria Casta diva la sentiremo certamente cantata da altre valide cantanti, ma nessuna riuscirà forse a superare il suo amore per la musica.

Oggi hanno detto che Charlot è morto. Mi sono commosso, pensando a tutto quello che ha fatto per farci ridere. I suoi film hanno reso meno pesante e disagevole l’esistenza di molte persone. Non è questione solo di scherzi e macchiette. Il monello, Tempi moderni, Luci della città, Il circo ci hanno insegnato cos’è la vita e come viverla veramente. Confesso che ho pianto.

Nella mia via hanno chiuso il cinematografo. All’inizio dell’estate hanno messo un cartello chiuso per ferie. A settembre è comparso un prossima riapertura. Poi hanno messo il cartello chiuso per restauri. Poi hanno tolto anche quest’ultimo.

Novembre 1976. Terremoto in Friuli, quasi mille i morti.

Nella mia via non ho più trovato Ulisse, il mio eroe preferito. La Prof. di lettere ci ha spiegato Dante e il canto di Ulisse. Un po’ mi è dispiaciuto sapere che il poeta nella sua Divina Commedia l’ha piazzato all’Inferno.

Nella mia via, all’angolo del palazzo di fronte, una lapide ricorda la fucilazione di tre giovani avvenuta nel novembre del 1944. Oggi hanno fatto la commemorazione, con la posa di una corona di alloro. C’erano tanti partigiani con le bandiere rosse alla cerimonia.
Dalla finestra quella sera di novembre mia nonna assistette, dietro le tende, alla fucilazione. Poche le parole di orrore e di tristezza da lei usate per ricordare quel tragico evento. La ferma e circostanziata condanna del fatto mi accompagnano sempre.

Al bar ho visto le immagini televisive della strage di Via Fani a Roma. Hanno ucciso i poliziotti della scorta e hanno rapito Aldo Moro.

La TV è uno strumento che sfrutta il suo potere d’invasione del quotidiano per ridurre l’immagine a semplice merce di scambio, che offre la sua gratificazione per ottenere il consenso. La felicità è sempre più legata all’accumulazione e al consumo di cose. Purtroppo rimaniamo indifferenti ai messaggi di fumo che ci provengono da chi vive in difficoltà e in miseria. Dobbiamo forse sterzare il nostro modo di vivere, preoccuparci di più della conoscenza, del dialogo, della coscienza.

Mi sono commosso alle parole del Papa che implorava, come atto di buona volontà, la liberazione di Moro alle Brigate Rosse. Purtroppo non è servito neppure questo appello. Lo hanno ucciso, dopo un processo farsa.

Oggi sono andato a salutare Guido Rossa. Anche lui è stato assassinato dalle Brigate Rosse. Aveva denunciato e testimoniato contro un operaio scoperto a nascondere in fabbrica dei volantini delle Brigate Rosse.

Se dei fatti d’Ungheria ne abbiamo sentito solo parlare, della Primavera di Praga siamo stati anche noi partecipi. La speranza del cambiamento, la riconquista della libertà, l’idea che la fantasia possa governare il mondo ci è piaciuta. Ci piace l’idea che ci mettano tanta passione nel descrivere l’età in cui si comincia a divenire adulti, che è la nostra età, rendendo tangibili le emozioni, le difficoltà e i sentimenti che si provano. A Praga i carri armati hanno distrutto tutto. Se in Vietnam si muore per il napalm e le bombe d’aereo, laggiù si muore per i cannoni.

La lettura di Hrabal ci conforta nelle nostre idee. I suoi eroi sono uomini semplici, goffi, pazzi che raccontano bugie, si inventano storie a dispetto della realtà soffocante e disgustosa. I personaggi del romanzo di Hrabal, Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare, non sono mai transitati nella nostra via, ma li avremmo lo stesso ben accolti.

E’ uscito l’album doppio dei Pink Floyd The Wall. Il muro costruito passo a passo è il muro delle incomprensioni e dell’isolamento. E’ da abbattere. Le persone sensibili e gli artisti cercano di farlo.
E’ il periodo delle parole chiave, quali partecipazione, autonomia nei comportamenti, comunicazione pluralista e libera. Ascoltiamo le radio libere locali non solo per la musica.

Nella mia via per Natale è sempre una grande festa, come in tutta la città. Mettono persino le luminarie e i festoni colorati. Le vetrine dei negozi sono illuminate fino a sera tardi. Il droghiere ha fatto un albero di Natale con le caramelle. Ha usato quelle verdi alla menta per le foglie dell’albero, quelle bianche per la neve, quelle colorate per le palline, quelle alla liquirizia come tronco, incollandole tutte ad un cartoncino.
Natale è il 24, tutto zucchero e miele, il momento della festa e della carità. Talvolta senza amici e senza amore, ci ricorda il cantante livornese Piero Ciampi.

Per Natale mi sono fatto comperare dei dischi e dei libri. Tra i dischi ho scelto L’anno che verrà di Lucio Dalla. “La televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione, sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno.”

E’ morta mia nonna. Si chiamava Maria Pia.

Si concludono gli anni sessanta con la mia laurea. Sono stati gli anni, che Flaubert o Goethe avrebbe definito, dell’educazione sentimentale, gli anni della formazione culturale, sessuale e sociale. Per mia fortuna non vissuti alla stregua di Gavino Ledda in Padre padrone, ivi compreso il fatto che non sono divenuto glottologo.
La mia via ha visto scorrere e finire il miracolo economico, presentandosi agli anni a venire avvezza al consumismo e sempre più pronta a chiudersi in casa propria.

Felice è un bravo fotografo e giornalista. La sua ultima foto Polaroid scattata sul mare l’ha deluso. Girando per la città fotografa case, fabbriche e cartelloni pubblicitari tutti insignificanti. La realtà non gli appartiene, ha un vuoto dentro di sé, ha sfiducia nelle parole. Dietro una porta girevole incontra Alice, che finalmente gli rivela una nuova dimensione


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart