Caro papà , Caro figlio/Dear Dad, Dear Son (Trad. Helen Askham) #2/2217 Ottobre 2008 di Bartolomeo Di Monaco In calce il testo inglese Caro papà , Caro figlio  #2 Caro figlio, quand’eri ragazzo, lo sai bene, avevo altri progetti su di te. Ma presto ho dovuto riconoscere che mi sbagliavo. Un padre non può decidere il destino dei figli. Il tuo destino era segnato in te, dal momento della tua nascita. Sì, io credo in questo, che ciascuno di noi nasce per svolgere un compito preciso in questo mondo, e il tuo era quello che hai scelto. Scelto, perché urlava in te più degli altri destini che stanno racchiusi dentro un uomo. Non ci sono arrivato subito, e forse è per questo che c’è stato un periodo della nostra vita in cui ci siamo irrigiditi l’uno con l’altro e covava in te un certo risentimento. Un padre si accorge di ogni cosa che accade al figlio, soprattutto quando è tutti i giorni sotto i suoi occhi. Te ne potevo parlare, apertamente, come ci siamo promessi molte volte di fare, quando muovevi verso di me le tue prime confidenze. Ma ci sono delle promesse che a volte imbarazzano, e questa è una di quelle. Quando avvertivo il livore che provavi allorché mi insinuavo nei tuoi disegni sull’avvenire, sentivo anche che parlarne avrebbe generato un’umiliazione per entrambi. Ci avrebbe fatto sentire sminuiti nel nostro coraggio e nella nostra capacità di lottare. Così ho taciuto. Così siamo andati avanti. Così gli anni sono trascorsi; e tu crescevi forte nel carattere, come desideravo, e desiderava tua madre, con la quale non poche volte mi sono confidato. Tua madre vedeva più lontano di me; mi rimproverava quando si accorgeva che cercavo di usarti prepotenza, sebbene una prepotenza dettata dall’amore. “Devi lasciarlo crescere da solo. Deve sapere lui quali scelte fare e il momento in cui compierle. Non sarà grande abbastanza, mai, se non farà così.” Quando il giorno dopo mi sorprendevi più malleabile, più arrendevole, non era per una mia scelta, ma per il suo consiglio. Tua madre è stata sempre più brava di me a capire questo mondo, e il carattere degli uomini. Perciò, venne il momento che dissi di sì a tutte le tue scelte, anche quelle che mi ripugnavano. Qualche volta ho sbagliato a lasciarti fare, ma tra gli errori saresti maturato, come voleva tua madre. Poi mi confidasti che volevi partire, lasciarci. Io dico lasciarci soli, anche se tu scongiuravi che non era affatto questo il significato della tua partenza. Era una mattina fredda d’inverno quando ci lasciasti. La rammento sempre, non la dimenticherò. La sera prima aveva nevicato. Di notte aveva fatto qualche grado sotto zero. Ero venuto davanti alla porta della tua camera per ascoltare se dormivi. Dormivi, così mi parve. E dormiva anche tuo fratello Donato. Lui russa un po’, e lo riconoscevo. Tu hai sempre avuto un sonno silenzioso, anche quando avevi pochi mesi, e pochi anni. Tornato a letto, un’ora dopo eri tu che bussavi alla porta della mia camera. Avevo ripreso sonno, e fu tua madre a sentirti e a invitarti ad entrare. Dicesti poche parole. Ti pregai di consentirmi di accompagnarti, di lasciare che venisse anche tua madre, ma fosti risoluto. Dicesti un no asciutto, senza sentimento. O sapesti nasconderlo bene. Ti guardai dalla finestra, mentre ti allontanavi con la tua piccola valigia, a piedi. Andavi alla fermata della circolare. Di lì saresti arrivato alla stazione, avresti preso il treno che ti avrebbe condotto in giro per il mondo. Dove? Non volesti dirmelo. Quando sparisti dentro quella circolare color arancione, con il tetto imbiancato di neve e le grosse catene alle ruote, pensai che non ti avrei rivisto mai più. E così è stato. Ma oggi, le circostanze della vita hanno condotto a me tuo figlio Anthony. Non ho conosciuto sua madre, e non so quanto le assomigli, ma ci sei anche tu dentro di lui. Sono tuo padre, e so riconoscerti. Ci sei anche tu. Quando parla, quando domanda, quando esige le risposte, quando lo sorprendo che mi osserva, che misura il mio valore, riconosco nei suoi pensieri i tuoi pensieri. Sarò felice con lui, per tutto il tempo che vorrai lasciarlo qui. Ma tu devi dirmi dove sei. Sono la tua radice, non dimenticarlo. È da me che proviene la tua linfa, e da tua madre. Non mi basta intuire, voglio sapere, voglio avere un punto di questo mappamondo immenso, un puntolino dove io sappia che c’è, laggiù, una parte di me, una parte della mia vita. Ne ho diritto, e ne ha diritto tua madre, dalla quale è partito il tuo viaggio. Dovunque sei, dovunque andrai, le tue origini stanno in me e in tua madre. A noi dovrai sempre fare riferimento; anche se tu non lo volessi, siamo noi l’origine della tua vita. Il tuo amico ti porterà questa lettera, non so quando la riceverai. Fosse passato un mese o un anno, sappi che attendo una tua risposta nella quale dovrai dirmi dove sei. Se lo saprò, ci sarà un contatto tra noi, invisibile, ma un contatto che riuscirà a riscaldare i nostri cuori. Se non vuoi farlo per me, fallo per tua madre. Lei sa di questa lettera, anche se non gliel’ho letta. Non ha voluto leggerla, ha detto che siamo una cosa sola, e sa quel che c’è scritto. Tua madre è stata sempre una donna straordinaria, a volte non riesco a capirla, ha una sensibilità che forse le deriva dalla sua natura di donna. Ma ha detto proprio così: che sapeva ciò che ti ho scritto. Dear Dad, Dear Son #2  Dear son,    When you were a boy I had other ideas for you, as you know. But I soon had to acknowledge that I was wrong. A father cannot decide his children’s destiny but yours was already decided for you, from the moment you were born. Yes, I believe this, that each of us is born to carry out a specific task in this world, and yours was to do what you have chosen. Chosen, because it was crying out within you more loudly than the other destinies that men have within them. Efisio After a very long time, Uilio got the letter, read it, folded it and then went and put it in the little wickerwork box beside the picture of Jenny. Letto 4120 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||