CINEMA: I film visti da Franco Pecori17 Novembre 2008 [Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera. È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini.] La fidanzata di papàLa fidanzata di papà Chewing gum. Rimasticare gli anni ’80 – e pure i ‘90 – non serve più. Non se ne può più. Nemmeno dei derivati. Misera soddisfazione sarebbe poi accontentarsi di sentirsi più intelligenti. Troppo per un film così. Il prodotto va preso per ciò che è, un pre-natalizio. Va bene. Inutile sottilizzare su una certa incompatibilità, qui lampante, tra taglio sbrigativo dei caratteri e costruzione sofisticata della commedia. Tuttavia, andarsene tutti a Miami come se fosse lo sfizio nuovo è un po’ esagerato, il mito è lontano – non solo nel tempo – almeno quanto l’altro mito, dell'”errore” dei critici che non capirono il valore di Totò. Dunque, il cognato di Bondi, Eros, ha un ristorante in America dove si cucinano solo patate. Bello spirito. Alla ragazza del figlio di Bondi nasce un bambino nero di pelle e lei non se lo aspettava, nemmeno noi. A Nino, padre della ragazza del figlio di Bondi, basta giocare con le parole crociate: il marito della figlia del salumiere? genero alimentare. Se non è la migliore poco ci manca. In primo piano, quasi alla pari col protagonista (dov’è l’errore?), c’è la mamma della ragazza incinta, una donna importante che alla fine accetta di scherzare, con tutte le scarpe nel mare di Miami, col padre del ragazzo di sua figlia. Ci sarebbero anche il travestito un po’ per finta e un po’ per non morir e la donna “irresistibile” che minaccia la virtù del figlio di Bondi finché una sua dichiarazione in carta bollata ci avverte che più di tanto non si può. Ci sarebbe anche Bondi nudo. E insomma il Natale è già arrivato. Fosse già passato! Awake – Anestesia coscienteAwake Leva il cuore, metti il cuore. Il trapianto per Clayton Beresford Jr. (Christensen) diventa un vero e proprio supplizio. Il giovane, ricco bello e felicemente fidanzato con Samantha (Alba), si è fidato di Jack (Howard), l’amico cardiologo e, contro il parere di sua madre Lilith (Olin), si è disteso sul lettino della sala operatoria. Un terribile inganno gli è stato preparato. Ma i malvagi non hanno calcolato che, in un certo numero di casi statisticamente rilevante, l’anestesia non funziona come dovrebbe. Il paziente, pur paralizzato, resta cosciente e sente ed ascolta tutto. Anche lo spettatore. Il regista, al suo primo film, carica il cinema di quell’onnipotenza ingenua che apparteneva ai primordi e di cui oggi non si sente più il bisogno. Lo spettatore può benissimo fare da solo, può immaginare, è sufficiente un “suggerimento”. Invece Harold mette in scena un “doppio” di Clay e lo fa muovere e vivere come un fantasma o come un sonnambulo che vive in parallelo le sensazioni che il paziente anestetizzato prova senza tuttavia poterle realizzare. La suspence cade, l’attenzione è deviata sul versante della banalità di una fiction televisiva: «Lo stiamo perdendo, lo abbiamo perso », ecc. E in sostanza, non potendo dire di più giacché si tratta pur sempre di genere thriller, diremo che il tema centrale diventa lo scambio di ruoli buoni-cattivi. Banale scoperta e banale “denuncia” perché non supportata dal piano espressivo, che è risolto con un’invenzione macchinosa e debole. Però, se vi piace stare in sala operatoria, come a tanti teleappassionati di finzioni medicinali, potete anche godervela. The orphanageEl Orfanato L’orfanotrofio non si augura ad alcuno. Forse per questo il titolo spagnolo arriva da noi in inglese anziché in italiano. Carico di premi Goya (7), il primo lungometraggio del barcellonese Bayona è sponsorizzato (e prodotto) da Guillermo Del Toro. Si presenta come horror e si distingue, nel genere, per la qualità dell’attrice protagonista (Rueda). Tuttavia, pur mostrando in più di un tratto l’ambizione di collocarsi ad un livello di “serietà” superiore alla media dei simili, il film non sfugge più di altri alla tentazione di confondere i due piani dell’espressione: ciò che il regista ci racconta e ciò che di misterioso (e “orribile”) emergerebbe dal racconto – emergerebbe, per una sorta di strapotere del cinema stesso, capace di rivelarci attraverso le immagini dimensioni e verità altrimenti nascoste. La scena è una vecchia casa dove Laura torna col marito medico, Carlos (Cayo), e con Simon (Príncep), il loro bambino adottato. L’intenzione è di riattivare le funzionalità della casa, trasformandola in luogo di accoglienza e cura per bambini disabili. In quella casa, quando era un orfanotrofio, Laura fu bambina insieme ad altri bambini. Ora Simon sembra fantasticare di giochi con alcuni coetanei “invisibili”. Può essere uno dei comuni “disturbi” di un’infanzia magari vissuta in eccessiva solitudine. Tempo al tempo, pensa Carlos, Simon crescerà e tutto andrà a posto. Invece il bambino scompare e Laura entra in un imbuto psicologico pericoloso. Qui ci dobbiamo fermare col racconto per non compromettere il fattore sorpresa. Una sorpresa che arriverà gradualmente, senza grossolani stacchi (merito della sceneggiatura ben misurata), e che manterrà la situazione in un “limbo” narrativo costante, tra esterno e interno, quasi promettendoci “garanzie” (non richieste nell’horror) di obbiettività. In questo senso, il limite è raggiunto nella sequenza paradossale dell’intervento della medium (Chaplin), alla ricerca disperata di Simon. ChangelingChangeling Con il solito, alto, standard professionale, Eastwood pesca nei profondi anni Venti la vicenda torbida, una delle tante del periodo “formativo” di Los Angeles, dell’occultamento di un ignobile crimine da parte della polizia. Siamo nel marzo 1928. Intimidazione e paura legano a doppio filo l’ordine costituito e i cittadini. Come ogni mattina, Christine Collins (Jolie), madre nubile impiegata in una società telefonica, esce per andare al lavoro e accompagna a scuola il figliolo, Walter. Non lo vedrà rientrare. La polizia non ha buoni rapporti con la stampa e con la città. Passa il tempo e il ragazzino non si trova. I capi non intendono fare brutta figura, così Christine si vede consegnare un bambino che non è suo figlio. Da questo momento ha inizio un calvario che la donna potrà sopportare soltanto grazie al suo carattere forte e alla irriducibile volontà di ritrovare il proprio bambino. Ma dovrà affrontare situazioni durissime, fino al carcere per infermità mentale. L’aiuterà soltanto il prete presbiteriano Gustav Briegleb (Malkovich). Eastwood usa la sua maestria nell’asciugare all’essenziale e al tipico i tratti della sceneggiatura (J. Michael Straczynski) con un montaggio glaciale, che esalta il paradosso della storia portando in primo piano la diabolica malvagità di quanti avrebbero il compito di proteggere i cittadini. I riferimenti ai fatti sono autentici, Straczynski attinge alla propria esperienza di ex giornalista e rovista proficuamente negli archivi del Comune di Los Angeles. La mano del regista si sente soprattutto nella seconda parte del film, dove emergono elementi emozionali più forti e sorprendenti, giacché la scomparsa di Walter è legata ad un background di corruzione e di perversione, terreno fertile anche per orripilanti eccessi. Eastwood ha il merito di non spingere troppo nella direzione del thrilling e di mantenere, invece, fermo l’occhio sulla vicenda, obbiettivamente interessante. La dimensione del dolore della madre si armonizza, drammaticamente, con la capacità della donna di fronteggiare l’autorità ostile. È pur vero che sulla corruzione della polizia americana non mancano esempi cinematografici. Ma è relativamente nuovo il tentativo di introdurre l’elemento del coraggio femminile nel contrasto al Male. Letto 2495 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||